Scenari da incubo per gli Usa

Scenari da incubo per gli Usa VITALE PER LA CREDIBILITÀ DI CHI GESTIRÀ IL POTERE IL COINVOLGIMENTO DEI SUNNITI Scenari da incubo per gli Usa Un'astensione di massa o un trionfo degli sciiti analisi Lucìa Annunziata BAGHDAD IL voto hacheno é carico di significati ideologici: il presidente Bush lo presenta come la nuova frontiera della democrazia, uno scontro fra il Bène e il Male, in cui se si perde é la vittoria di al Zarqawi e di Bin Laden. Paradossalmente, un'ampia parte della sinistra americana ed europea é d'accordo su questa visione simbolica; la differenza da Bush è nella soluzione offerta: non elezioni, bensì ritiro delle truppe. Vista da vicino tuttavia, la trama deUe elezioni irachene é anche altra. Nella realtà del Paese, Usa e Bin Laden appaiono piuttosto come la cornice, o la delimitazione dello spazio di gioco; in mezzo, in competizione fra loro, ci sono i protagonisti di sempre della storia irachena, gh sditi, i curdi, i sunniti, che con le urne come con le armi negh anni scorsi e oggi, ancora una volta si affrontano per definire i rapporti di forza fra loro. Un gioco fatale in cui sanno di correre rischi in prospettiva oltre che nell'oggi. Chi non capisce la dimeusione drammatica e decisiva di questo scontro fra forze locali, rischia oggi di non capire nulla nemmeno delle relazioni intemazionali. Sunniti e al Zarqawi. Il centro del contendere, tanto per restare nella metafora sportiva, é la inclusione o esclusione dei sunniti, cioè degh uomini di Saddam. H crollo del leader è stato infatti anche il crollo di un ampio apparato di potere, rafforzato per altro in Iraq dalla natura di clan familiare del dominio del Raiss. I sunniti sono il 30 per cento della popolazione irachena, ma ne sono stati per mezzo secolo la classe dirigente. Stiamo così parlando di qualche milione di persone cui la guerra ha tolto tutto; in particolare la parte alta della piramide dirigente: funzionari, militari, burocrazia, pohzia, intelligence. Questi uomini hanno lasciato in buona parte la città, hanno raggiunto i paesi di provenienza familiare, il famoso triangolo sunnita, e molti di loro, guidati dai quadri politici del Baath, da militari cresciuti alla scuola di anni di guerra hanno preso le armi. Questo gruppo di persone che ha perso tutto è il motore della lotta di guerriglia in corso contro gli americani. E' gente non ha molto a che fare con al Zarqawi o Bin Laden, anche se la loro battaglia si intreccia col terrorismo intemazionale. Gh scopi e le azioni militari di questi due settori sono molto diversi: al Zaqawi decapita, e manda kamikaze, in ima strategia fortemente mediatica, dai connotati ideologizzati ed extraterritoriali della Lotta agh infedeli; i sunniti annati usano classiche tattiche da esercito: auto bombe, attacchi ai convogli e agli elicotteri, e assalti armi alla mano a postazioni Usa. I loro interessi sono fortemente territoriali: la loro resistenza armata agh americani é mirata a una ri-negoziazione del loro potere. L'opposizione armata alle elezioni è dunque di diversa natura; quella religiosofondamentalista di Zarqawi e quella pohtica. dei sunniti. Gh stessi americani riconoscono questa differenza; nei loro discorsi e nei loro documenti la indicano usando due diverse definizioni: «teirorism» per il primo «insmgency» per la seconda. Quello che accade in Iraq in fondo non è nulla di nuovo: come dopo il nazismo, il fascismo, o la stesso crollo sovietico, si pone il problema di cosa fare delle vecchie strutture del potere caduto. Sull'Iraq, gli Usa hanno da farsi molte autocritiche: i primi mesi dopo la rerra hanno prima sottovalutato problema, poi hanno deciso di schiacciare ogni reazione annata dei sunniti sul terrorismo, pensando così di riuscire ad isolare il fenomeno. Ma non è servito. Il fatto è che la esclusione dei sunniti dal potere locale è disfunzionale agh stessi interessi americani. Nessun governo nazionale iracheno può infatti lavorare con qualche milione di pèrsone all'attacco; un Iraq senza rappresentanza pohtica dei sunniti significa un Iraq in mano agh sciiti, che sono comunque già la maggioranza del Paese. Uno scenario da incubo per gh Usa, perché si consegnerebbe un altro Paese «ai turbanti», come si dice in gergo, cioè ai religiosi. Certo, gli sciiti iracheni sono moderati e grati agh Usa, e sono tradizionalmente in lotta con i cugini iracheni: ma le condizioni possono sempre cambiare. La paura degh sditi d'altra parte é stata la ragione per cui Washington aveva sem- pre appoggiato Saddam, nonché la ragione per cui Bush padre, dopo la prima guerra del Golfo decise di fermare le sue truppe che marciavano su Baghdad sacrificando gh aUeati scuti e curdi. La funzione centrale di queste elezioni è dunque quella di provare a trovare un sentiero che riporti i sunniti (almeno una buona parte di loro) dentro il processo istituzionale. È la ragione per cui Allawi corre con una lista in cui è prominente la riabihtazione di tutti i quadri dell'esercito e della burocrazia deh'ex regime. Ed è la ragione per cui il voto è stato concepito a tappe, con un processo che fra scrittura di Costituzione e altre votazioni dovrebbe permettere con successive aperture di portare dentro i sunniti, inclusi quelli che domani non voteranno. Lasciata a sé stessa la etnia sunnita può solo allargare la rerra e, in questo senso, divenire migliore alleato di al Zarqawi. Ma alla proposta elettorale i sunniti si sono per ora sottratti. Scuti e curdi. L'appuntamento con le urne è divenuto invece vitale per le altre due etnie del Paese. Curdi e scuti, perseguitati da Saddam e dai suoi uomini, identificano queste elezioni con la loro possibilità di cancellarli dalla faccia del nuovo potere. Andranno così a votare in massa i curdi del Nord, che sono grosso modo il venti per cento della popolazione irachena. Non hanno affatto problemi con gli americani che negli ultimi dieci anni hanno protetto la zona dove brutalmente li aveva cacciati Saddam dopo la prima guerra del Golfo. Certo, nel loro cuore rimane il desiderio di uno stato indipendente curdo, ma la real politik e una grande sete di vendetta li convince a mettere da parte i sogni e a tentare di ritomare a Baghdad come cittadini di pari grado nel Paese che li ha sempre schiacciati. Sperano di diventare l'ago della bilancia. Gh scuti, perseguitati da Saddam, liberati dagli americani, sono determinati a votare. Al loro interno posizioni antiamericane contestano le elezioni, ma su tutti si impone la voce dell'AyatoUah Al Sistani, il leader religioso più amato, che ha dato ferma indicazione di voto. Le ragioni secolari per andare alle urne sono chiare: nel 1921 gli scuti per ragioni religiose rifiutarono di votare e da allora hanno vissuto ai margini del Paese. Demograficamente sono già la maggioranza: sei sunniti non votano potrebbero persino eleggere un govemo tutto loro. Affluenza. Cosa aspettarsi allora oggi? Bisogna intanto vedere che potere di fuoco i sunniti e al Zarqawi saranno in grado di mettere in campo. Lo sbarramento di fuoco di per sé sarà una indicazione di forza della guerrigha. L'altro indicatore é l'affluenza elettorale. E, in queste condizioni, più alta sarà, più sarà rilevante. Non solo significa che curdi e scuti non si sono fatti intimidire. Ma anche che parte dei sunniti ha votato. C'è una speranza che questo avvenga? I sunniti conoscono il valore del potere, e temono di restame fuori. Quanti di loro penseranno alla fine, oggi e nei prossimi mesi, che un fucile vale più di una scheda? Certo per loro non sarà facile: vivono in quartieri e in aree dove il controllo guerrigliero è forte. Su tutti infine gioca la questione del ritiro delle truppe. In merito nessuno più nutre dubbi, nemmeno gli americani: curdi, sciiti e sunniti condividono la richiesta della fine della presenza americana in Iraq. Ed è comune ormai l'idea che solo un govemo nazionale potrà chiedere questo ritiro. Ma un govemo sbilanciato, un governo senza sunniti non avrà l'autorità per farlo. Se non per amore, è per forza: le tre etnie irachene sono necessarie l'ima all' altra. Se vota il 25 per cento, queste elezioni sono un fallimento: il riconoscimento numerico che d sarà la guerra dvile. Dal 50-60 per cento in su, avremmo invece unindicazione che qualcosa si muove nel Paese.