Bobbio 1955, ritorno al futuro

Bobbio 1955, ritorno al futuro A 50 ANNI DALL'USCITA, NUOVA EDIZIONE DI «POLITICA E CULTURA» Bobbio 1955, ritorno al futuro Maurizio Viroli POLITICA e cultura, che Einaudi ripropone cinquant'anni dopo la prima edizione, è un testo esemplare di filosofia civile. Come ha messo bene in rihevo Franco Sbarberi nell'introduzione, Bobbio interviene sul grande tema politico del suo tempo, il contrasto fra democrazia e comunismo, con il metodo del dialogo razionale sempre ispirato da una profonda esigenza dì rigore intellettuale e morale. Il metodo del dialogo aveva le sue radici nelle filosofie personalistiche degli anni Trenta e Quaranta, che Bobbio studiò con attenzione, e nella sua ferma persuasione che gli uomini non abbandonano facilmente le loro convinzioni sui valori ultimi. «Dalla osservazione della irriducibilità delle credenze ultime», scrive Bobbio nel 1963, «ho tratto la più grande lezione della mìa vita. Ho imparato a rispettare le idee altrui, ad arrestarmi davanti al segreto d'ogni coscienza, a capire prima dì discutere, a discutere prima di condannare». Capire e discutere esigono per Bobbio la più severa imparzialità e coerenza del giudizio. In un passo dì una lettera che Bobbio scrive nel 1951 a Ranuccio Bianchi Bandinelh, intellettuale comunista di primo piano, c'è tutto il senso della discussione di quegli anni: «Voi intellettuali comunisti pretendete dagli altri l'equanimità. Ma voi siete equanimi? Chiedete agli altri di non essere faziosi e vi indignate quando lo sono. Ma voi siete sicuri dì non essere faziosi? [...] Perché voi non protestate contro le violazioni della libertà commesse da quelli della vostra parte? Forse non credete alla libertà: e allora perché la pretendete dagli altri? Voi ci credete: e allora perché •non la rispettate voi stessi?». La risposta dì Bianchi Bandinelh, che Sbarberi opportunamente cita, riassume per contrasto tutta l'incoerenza degli intellettuali comunisti di quegli anni, incapaci dì riconoscere che la libertà è soltanto una e vale per tutti. Gran parte dei saggi dì Politica e cultura hanno lo scopo di fare uscire i comunisti italiani dalle loro incoerenze sulla libertà. Bobbio non chiede ai comunisti di rinunciare all'esigenza di giustizia sociale che era la ragione d'essere del loro movimento; lì esorta a dare a quell'esigenza maggior forza ideale e pohtica riconoscendo il valore della libertà. Era poi l'idea di fondo del Partito d'Azione: sconfitto polìticamente e scomparso addirittura dalla scena, vìnce sul terreno ideale. Politica e cultura è il primo passo del suo postumo (amaro) trionfo. Agiudizio dì Bobbio, i comunisti italiani avrebbero alfine compiuto il passo dì riconoscere il valore assoluto della libertà e delle istituzioni politiche liberaldemocratiche trascinati da due ragioni obiettive: la prima, che i regimi liberali e democratici non si sono trasformati in regimi fascisti ma hanno combattuto e vinto contro di quelli; la seconda, che gli abusi della Russia staliniana hanno messo davanti agli occhi di tutti come uno Stato che abbandona i principi liberaldemocratici diventi una dittatura. Il problema era che gli interlo- cutori dì Bobbio non guardavano alla storia, ma alla dottrina racchiusa nei testi canonici opportunamente commentati dagli interpreti autorizzati. Galvano della Volpe sentenziava ad esempio che una volta posta a fondamento dello Stato sociahsta la «proletaria massa organica dei lavoratori», le «consumate raffinatezze» della teoria giuridica borghese non avevano più senso. Le argomentazioni dì Palmiro Togliatti erano più sottili e cercavano di tenere in qualche misura conto della storia. Togliatti rimprovera infatti a Bobbio dì idealizzare le istituzioni liberaldemocratiche. Gli fa notare che quelle istituzioni sono storicamente connesse a un sistema economico e a rapporti sociali che negano a milioni di lavoratori deUe città e delle campagne, e ai popoli del Terzo Mondo, l'esercizio effettivo dei diritti di libertà. Divisione dei poteri, forme del regime rappresentativo, tolleranza - sottolineava Togliatti sono questioni subordinate rispetto ai rapporti sociali e alla natura dello scontro di classe. Voleva dire che sarebbero state affrontate non come esigenze irrinunciabili, ma se e quando lo avrebbe permesso il carattere dello scontro sociale nella fase dì transizione al socialismo. La replica dì Bobbio sì compendia in una sola considerazione: «È molto facile sbarazzarsi del liberalismo se lo si identifica con una teorìa e pratica della libertà come potere (in particolare del potere della borghesia), ma è assai più difficile sbarazzarsene quando lo si consideri come la teorìa e la pratica dei limiti del potere statale, soprattutto in un'epoca come la nostra in cui sono riapparsi tanti Stati onnipotenti». Argomento inoppugnabile, ma ci vollero altri vent'anni, forse più, prima che il mondo comunista accoghesse le tesi dì Bobbio sulla libertà. Ne è prova il dibattito del 1976 su IZ marxismo e lo Stato, poi raccolto nel volume omonimo. Il punto essenziale era ancora quello sollevato in Politica e cultura: senza una teorìa dello Stato che accetti quale principio assoluto il valore della libertà non può esserci alcuna forma d'emancipazione sociale, e fin quando ì comunisti non accetteranno questo principio non potranno essere candidati credibili al govemo di una società democratica. La storia ha dato ragione a Bobbio, smentendo, per una volta, il suo pessimismo. I comunisti italiani sono usciti dall'ambiguità ideale e pohtica sulla libertà rinunciando all'ideologia marxista e leninista e accettando il metodo liberale e democratico. La storia c'insegna che ci sono molti modi per uscire dall' ideologia comunista: abbracciando il nazionalismo, diventando ideologi fanatici del mercato, facendosi zelanti adoratori dì capi carismatici. Bobbio ha dato un contributo essenziale a far sì che i comunisti italiani uscissero dall'ideologìa comunista nella direzione della democrazia e senza rinunciare alle aspirazioni dì giustizia sociale. Quale enorme beneficio tutto questo abbia arrecato alla democrazia itahana è fin troppo ovvio per insistervi sopra. Eppure opinionisti autorevoli hanno accusato Bobbio dì strabismo intellettuale per non aver fustigato abbastanza il comunismo. Politica e cultura dà al lettore la possibilità di constatare che la crìtica dì strabismo è simile a quelle che i comunisti rivolgevano a Bobbio: nient'altro che ideologia. viroli@princeton.edu insegnò ai comunisti che senza libertà non può esserci alcuna emancipazione sociale Norberto Bobbio nel 1955 in Cina, davanti alla tomba dell'eroe We-Fe a Hangchow

Luoghi citati: Cina, Russia