Al Zarqawi partigiano, a sinistra nessuna condanna per Vattimo di Antonella RampinoGianni Vattimo

Al Zarqawi partigiano, a sinistra nessuna condanna per Vattimo LE CONTESTATE DICHIARAZIONI DEL FILOSOFO A SKYTG Al Zarqawi partigiano, a sinistra nessuna condanna per Vattimo Violante: «Gli americani non fanno differenza tra terrorismo e guerriglia perché non hanno conosciuto la Seconda guerra mondiale in casa loro» Antonella Rampino ROMA Gianni Vattimo, pungolato a Sky News da Corrado Formigli che gli chiedeva se il maresciallo Simone Cola, abbattuto a Nassirya da un colpo di fucile mentre era su un elicottero, fosse stato ucciso da un terrorista o da un guerrigliero ha risposto che si trattava certamente di un guerrigliero. «Il perché, è la logica che lo suggerisce - chiarisce Vattimo il giorno dopo -. Era in corso una battaglia, e si sparava dà entrambe le parti. Ma in trasmissione ero continuamente strattonato verbalmente da Gianni De Michelis, che mi dava sulla voce, incalzava. E così, a furia di sentirlo dire che chiunque si oppone all'occupazione americana in Iraq è un terrorista, sono scoppiato». Scoppiando, o sentendosi provocato, ha concluso: Al Zarqawi è paragonabile ai partigiani della Resistenza. Ma Bush, in questo caso, che ruolo avrebbe nella ricostruzione di Vattimo? Girata ad altri esponenti del centrosinistra, la domanda trova risposte, come suol dirsi, «articolate», ma a sorpresa, nessuna condanna. Premesso che in Iraq c'è tutto, terrorismo, guerriglia e resistenza. Marco Boato nota: «Ci sono azioni di terrorismo anche nella resistenza agli occupanti, anche in quella italiana, e l'esempio principe è quello di Via Rasella». Spiega Luciano Violante che alla radice del pensiero di Bush «c'è una cultura giuridica molto diversa da quella latina ed europea: gli americani non fanno alcuna differenza tra terrorismo e guerriglia, tra azioni in tempo di pace o di guerra. Nel loro codice, si tratta della stessa cosa. Il perché è semplicissimo: gli Stati Uniti non hanno conosciuto la seconda guerra mondiale e l'occupazione, né tantomeno il fenomeno della resistenza». In più, visto che il discorso di Vattimo partiva dal maresciallo Cola, «quel che pesa è l'ambiguità in cui si trovano gli italiani, inviati in guerra per adempiere a una missione di pace», con tutte le pericolose sperequazioni di mezzi e regole di ingaggio, e per giunta comunque sottoposti al codice militare. Nell'ossimoro che qualche vol'ta la politica italiana rappresenta, è proprio il pacifista pasdaran Paolo Cento, invece, a prendersela con Vattimo, che ha sbagliato perché se «di sicuro è legittimo che gli iracheni insorgano contro l'occupazione straniera, non si può però instaurare da questa premessa un paragone con la Resistenza italiana: per la semplice ed evidente ragione che gli americani non sono i nazifascisti, ma solo l'espressione di un moderno impero». Idem per il rifondarolo Ramon Mantovani, «in Iraq ci sono forme di resistenza assolutamente legittime, anche sotto il profilo del diritto intemazionale», ma «alcune, penso ad esempio ai kamikaze, a chi imposta le proprie azioni col fine di instaurare una teocrazia, non ci vedranno mai solidali». «Quando degenera il linguaggio, degenera la realtà»: Saverio Vertone mette le mani avanti e rievoca le parole di Broch per spiegare che «siamo prigionieri di un equivoco verbale mostruoso, abbiamo mandato in guerra soldati in missione di pace, e dunque armati di fucili col biberon in canna, e per oscurare questa bugia abbiamo commesso l'atto più altamente immorale: mettere a rischio la vita di altri italiani, i nostri soldati». L'indignazione poi non offusca il sarcasmo, in Vertone: «Dopo la guerra umanitaria, abbiamo inventato la guerra per beneficenza, poiché Dio - questo è quel che sostiene Bush - ha investito gli americani del compito di diffondere la democrazia... Il termine terrorista ormai viene usato solo per squalificare chiunque non accetti questa guerra». Una violenza, anche verbale, insolita nel Vecchio Continente. Marco Boato, che pure votò difformemente dal suo gruppo politico a favore dell'intervento multilaterale in Afghanistan, ricorda che fu San Tommaso ad affermare «la liceità del tirannicìdio». Ricorda che «c'è del terrorismo anche nelle azioni della Resistenza italiana». E' la memoria di una polemica davvero made in Italy. Correva l'anno 1980 e Marco Pannella diede la miccia al revisionismo. L'azione partigiana di Via Rasella era «un atto di terrorismo», paragonabile per giunta a quelli delle Brigate Rosse. La querelle che ne seguì fu feroce, con Giorgio Amendola e con Antonello Trombadori, che a cpiell'azione aveva partecipato, in prima linea. I protagonisti finirono in tribunale, la polemica dura ancora. Perché non semprele categorie del passato servono ad interpretare il presente. Boato: «Azioni di terrore anche nella Resistenza italiana, l'esempio èvia Rasella» Le critiche più secche arrivano proprio dai «radicai» Cento e Mantovani Abu Mussab al Zarqawi Gianni Vattimo Marco Boato Marco Pannella

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