Massacrò la fidanzata: sedici anni di Paolo Colonnello
Massacrò la fidanzata: sedici anni UN DELITTO CHE SCONVOLSE MILANO. CALDEROLI: DOVEVANO BUTTAR VIA LA CHIAVE Massacrò la fidanzata: sedici anni Pena dimezzata in appello per l'imprenditore Jucker Paolo Colonnello MILANO Alla fine è la matematica, scienza esatta ma che non consola, à prevalere e stabilire la certezza della pena: 16 anni di reclusione per aver massacrato nel modo più feroce la fidanzata. Tre anni fa nel centro di Milano, nella notte di un luglio caldissimo che sciogheva l'asfalto e le menti deboh. E finita così per Ruggero Jucker, 36 anni, oggi l'ombra di un uomo, all'epoca rampollo di successo nel campo della ristorazione "alternativa", che ieri si è visto cancellare quasi la metà di quei trent'anni che il giudice dell'udienza preliminare Guido Salvini gli aveva inflitto (in luogo dell ergastolo), considerandolo per nulla pentito e fin troppo distaccato, «un uomo egocentrico», rispetto a un defitto che aveva inorridito l'opinione pubbhca e spezzato la vita alla sua giovane e bella fidanzata, Alenja Bortolotto, 26 anni. Lo hanno stabilito i giudici, due togati e sei popolari, della prima sezione della corte d'Appello, in un'udienza a porte chiuse per effetto del rito abbreviato, durata lo spazio di una mattinata. Processo cu secondo grado all'uomo che, in un raptus di folha, mise in scena una delle più crudeli rappresentazioni della,morte, colpendo senza pietà fino a renderila'iiriCOOósfcibilé, ld"giovane donna con cui condivideva la vita, «dissezionandone poi l'addome con estrema precisione» e scendendo infine per strada, seminudo, urlando di essere «Bin Laden», «il Diavolo». Omicidio semplice e non più aggravato. Una pena stabilita dopo due ore di camera di consigho, giunta al termine di un delicato equilibrio di calcoli tra aggravanti e attenuanti, tra aumenti per la particolare efferatezza del delitto e diminuzioni per la parziale incapacità d'intendere e volere e l'assenza di precedenti dell'imputato. Nonché per il risarcimento del danno, un milione e 200 mila euro, considerato congruo dalla Corte die ha respinto anche un'ulteriore richiesta della parte civile. Con lo sconto finale di un terzo per la scelta del rito abbreviato: che risparmia tempo e denaro alla giustizia ma non il dolore ai famigliari di Alenja, ieri usciti a testa bassa dal palazzo di giustizia milanese, impietriti dal dolore, senza commenti ma con un senso di sconfitta che nessun'altra sentenza potrà più risarcire. È la matematica del codice: spesso brutale, fredda, priva di sentimenti. Ma ineluttabile. «Abbiamo tenuto conto solo della legge, la valutazione è stata una conseguenza automatica del giudizio di equivalenza - spiega il presidente della Corte, Camillo Passerini - di sentenze cosi se ne fanno tante e. molto spesso nell'indifferenza generale. Non capisco perchè di questo processo ci si occupi tanto. È un comune processo per omicidio, come quelli che abbiamo in calendario tutte le settimane. Basterebbe andare a vedere i capi d'imputazione e i dispositivi di tutte le sezioni della corte d'Appello di Milano. È l'effetto del rito abbreviato». Rito che, secondo il presidente Passerini è stato erroneamente introdot¬ to anche per i reati punibili con l'ereastolo. «Volete ima prova? Andate a vedere per esempio com'è finita la storia di Cosimo lannece, l'imprenditore del Varesotto che diede fuoco a uno dei suoi operai che chiedeva di essere pagato». Finìmale: sia per l'operaio, lon Cazacu, che morì dopo settimane di atroci sofferenze, sia per la giustizia, visto che l'imprenditore lannece, dopo essere stato condannato a 30 anni con rito abbreviato, fu condannato in appello con 16 anni confermati m terzo grado. Come Jucker, ma senza nemmeno l'attenuante della parziale incapacità mentale. O come Vito Cosco, il killer di Rozzano, 20 anni per aver ucciso quattro persone tra cui una bimba di 3 anni. Sentenza choc per alcuni, come per il ministro delle Riforme, Roberto Calderoli, che tuona: «Così la povera Alenya muore per la seconda volta. Con chi commette atti del genere, bisognerebbe buttare via la chiave». E se la prende con i giudici: «Che non si nascondano dietro il codice, dimenticando la loro discrezionalità». Inevitabile per altri. Tanto che la procura generale aveva messo le mani avanti accettando l'offerta della controparte per salvare il salvabile: il rischio era che il processo si sarebbe aperto e la seminfermità mentale di Jucker avrebbe potuto prevalere su ogni altra considerazione, fino a dichiararne la non punibilità. Ed è stato su questo patto che i giudici popolari e togati hanno dovuto decidere. Ruggero Jucker, 36 anni, rampollo di una nota famiglia milanese
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