Tra CRISI e POVERTÀ

Tra CRISI e POVERTÀIL GOVERNO DELL'ECONOMIA MONDIALE SECONDO IL DIRETTORE DEL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: OCCORRE INTERVENIRE IN FRETTA, SENZA MEZZE MISURE Tra CRISI e POVERTÀ analisi Rodrigo Rato LA rapida espansione del commercio e dei flussi di capitale transfrontalieri negli anni Novanta ha creato opportunità senza precedenti per la crescita e il finanziamento. Ma i flussi di capitali verso i mercati emergenti hanno finito per creare vulnerabilità che hanno poi prodotto crisi e contagi, in alcuni casi prendendo il mondo intero di sorpresa. Questa fase ci ha comunque impartito alcune importanti lezioni. La ripresa globale dal 2001 è un vero e proprio tributo alla robustezza dell'economia mondiale e una dimostrazione pratica del fatto che le politiche e le riforme implementate a partire dagli anni Novanta sono riuscite a fare la differenza. Questi successi dovrebbero però contribuire a rafforzare la nostra volontà di fare di più. Una delle lezioni più importanti dello scorso decennio è che l'unico vero modo di affrontare una crisi con successo è ricoirere a difese forti. Questo è vero per i paesi industriali che si trovano a fronteggiare variazioni demografiche senza precedenti, per i mercati emergenti che cercano un approdo sicuro nel mare in tempesta dell'economia globale e per i paesi in via di sviluppo che lottano per ridurre il proprio livello di povertà. La prevenzione delle crisi deve essere costruita sulla base degli impegni a sostegno di discipline politiche e interventi in grado di rispondere a un mondo in costante e rapidissimo mutamento. Il Fondo Monetario Intemazionale (Fmi) ri¬ veste un ruolo cruciale in questo piano. Deve infatti fare in modo che ogni paese sia in grado di capire fino in fondo le implicazioni politiche delle decisioni da prendere e deve fungere da catalizzatore per la vigilanza e la riforma, attività da gestire sulla base di una vera cooperazione intemazionale. Molti dei 184 membri deU'Fmi hanno risposto alle loro immediate vulnerabilità rafforzando i settori finanziari, aumentando la trasparenza della propria politica economica, incrementando le riserve in valuta e dilatando la flessibilità del tasso di cambio. L'Fmi ha offerto un proprio e importante contributo a questo sforzo grazie all'attività di consulenza e al lavoro su codici e standard. Ma, sul ungo, termine, rimangono comunque numerosi punti di vulnerabilità. L'America deve risolvere iproblemi legati al proprio deficit di bilancio, attualmente davvero eccessivo, mentre alcuni paesi europei devono ancora rilanciare efficacemente le proprie economie, specialmente per quanto riguarda la liberalizzazione (lei mercati del lavoro. Il Giappone deve riuscire a capitalizzare i progressi effettuati per mezzo di nforme nei settori finanziari e aziendali. Un certo numero di paesi, inclusi molti di quelli nell'area dell'America Latina, devono rafforzare le proprie posizioni fiscali nel medio termine e riportare i propri rapporti debito-Pil entro termini tollerabili. La recente fiammata dei prezzi petroliferi ha portato alla ribalta i problemi energetici. Ancora una volta ci troviamo ad affrontare l'esigenza di espandere la capacità produttiva, di diversificare le fonti enei-getiche e massimizzare la conservazione. I paesi non possono sottovalutare l'esigenza di strategie energetiche complesse e articolate. Per di più, molti paesi produttori di petrolio devono utilizzare con maggiore saggezza i profitti realizzati in quest'ambito dando priorità alla ri- duzione del debito pubblico. Inoltre devono acquisire una maggiore trasparenza nell'utilizzo dei profitti, tra le altre cose partecipando alla Extractive Industries Transparency Initiative, lanciata da Tony Blair al summit di Johannesburg sullo sviluppo sostenibile del 2002. Un'altra questione fondamentale è l'invecchiamento delle popolazioni. La maggior parte dei paesi più industrializzati si trova ad affrontare il peso del rapido invecchiamento della propria forza lavoro e della caduta dei proventi fiscali. Sebbene alcuni paesi stiano tentando di rispondere agli incombenti problemi fiscali, molti altri stanno posponendo i costosi e difficili temi della riforma della sanità e delle pensioni. Questo problema è particolarmente acuto in alcune nazioni, ma molti paesi in via di sviluppo si troveranno anch'essi ad affrontarlo molto presto e in moltissimi casi non avranno neppure il paracadute costituito dalla ricchezza del paese. Nel corso dei suoi dialoghi con i paesi membri, IFmi sta prestando sempre maggiore attenzione alle implicazioni pohtiche delle variazioni demografiche. LTmi effettua anche un attento monitoraggio degli sviluppi del mercato dei capitali, analizza i settori finanziari e valuta la sostenibilità dei debiti. Queste iniziative possono perfezionare la strategia di prevenzione delle crisi ma risulteranno efficaci soltanto se saranno in grado di spingere i paesi «avvisati» ad agire tempestivamente. Disavanzi e vulnerabilità devono essere corretti prima che diventino problemi: per Ù paese stesso, per i suoi vicini e per il sistema globale. La cooperazione intemazionale tramite l'Fmi mira a risolvere i problemi prima che si trasformino in crisi vere e proprie. Questo stesso tipo di cooperazione intemazionale - tramite l'Fmi e la Banca Mondiale - gioca un ruolo determinante anche nella lotta alla povertà nei paesi a basso reddito. Centinaia di milioni di persone nel mondo vivono con meno di 1 dollaro al giorno. In questi paesi la mortalità infantile rimane inaccettabilmente elevata, mentre Aids e altre malattie risultano endemiche. Certo, Cina e India grazie alla loro crescita economica rapidissima hanno fatto passi da gigante, ma l'Africa sub-sahariana continua a perdere terreno. La conferenza di Monterrey del 2002 ha individuato ed approvato un mètodo per spingere verso il futuro questo continente: i paesi ricchi devono offrire aiuti e opportunità commerciali, le istituzioni multilaterali devono offrire consulenza in materia di politica economica, ma anche assistenza tecnica e finanziamenti, mentre gli stessi paesi in difficoltà devono impegnarsi a migliorare le proprie capacità di governo e imparare a concentrarsi su programmi realmente efficaci di riduzione della povertà. Questo è il momento giusto perché i paesi ricchi inizino a tenere fede ai propri impegni. Ma entrambe le questioni sono irrisolte a causa di una preoccupante vacuità della leadership politica. Le recenti proposte presentate alle Nazioni Unite e nelle nostre riunioni annuali di ottobre sono state incoraggianti, ma onnai è il momento di prendere decisioni e non solo di presentare proposte. Ridurre la povertà concretamente è possibile. Ora la sfida consiste nell'ottenere un vero successo mondiale. Cinque anni fa l'Fmi ha decretato che la riduzione della povertà era l'obiettivo centrale del proprio impegno nei confronti dei paesi a basso reddito. Come per la prevenzione delle crisi, si tratta di uno sforzo che non consente mezze misure. direttore generale del Fondo Monetario Internazionale ^T^ Le nazioni più ™™ industrializzate si devono dotare di sistemi di difesa . forti per tutelarsi dalle tempeste della globalizzazione Inoltre devono tener fede ai loro impegni offrendo aiuti e nuove opportunità commerciali A A ai Paesi africani yy « L'esperienza degli Anni 90 insegna che occorre una maggiore concertazione degli interventi per prevenire situazioni critiche sui mercati finanziari e favorire nuove azioni a beneficio delle popolazioni più deboli 99 MULTADA168MIUONI DI DOLLARI Ai MANAGER Ammonta a 168 milioni di dollari il risarcimento che dkiotto ex dirigenti di Enron dovranno pagare agli investitori per la bancarotta del colosso energetico statunitense. Dell'intera somma, 13 milioni di dollari saranno sborsati di tasca propria da 10 dei 18 ex manager dell'azienda, riconosciuti colpevoli di insider trading, mentre la parte restante sarà a carico delle rispettive compagnie assicurative. Nel complesso, Enron ha accumulato accordi di risarcimento per 500 milioni di dollari tra cui figurano quelli con le banche d'affari Lehman Brothers per 222,5 milioni, Bank of America per 69, e Andersen World wide, divisione di Arthur Andersen per 40 milioni. L'accordo sui 158 milioni dovrà ora passare al vaglio del giudice che presiede le class-action, Melinda Harmon, e il legale che difende gli investitori, William Lerach, ha fatto già sapere che ne chiederà l'approvazione la prossima settimana. Nella lista degli ex dirigenti che hanno siglato l'accordo, non figurano comunque i nomi di spiccò, a partire da quello dell'allora presidente di Enron, Kenneth Lay, a quelli dell'ex amministratore delegato, Jeffrey Skilling, dell'ex direttore finanziario Andrew Fastowe dell'ex responsabile della contabilità, Richard Causey.

Persone citate: Andersen, Andrew Fastowe, Arthur Andersen, Jeffrey Skilling, Kenneth Lay, Melinda Harmon, Richard Causey, Rodrigo Rato, Tony Blair, William Lerach

Luoghi citati: Africa, America, America Latina, Cina, Giappone, India