Alla catastrofe si aggiungela burocrazia

Alla catastrofe si aggiungela burocrazia GLI AIUTI Le strade sono distrutte, servono molti elicotteri per trasferire il materiale Iniziato il ponte aereo dei due Canadair italiani adatti per ammarare e scendere su terra Alla catastrofe si aggiungela burocrazia Controlli meticolosi dei doganieri, richieste di documentazioni Così il frutto della generosità internazionale spesso non riesce ad arrivare con sollecitudine alle popolazioni prive di tutto Francesco Grignetti ROMA La tragedia è stata immensa. E ciclopiche sono le necessità. Si parla di uno-due milioni di sfollati lungo aree vastissime, dove le strade già povere sopo ormai distrutte, con infrastrutture entrate subito in crisi. E' il problema dei problemi: come far arrivare alle popolazioni colpite dal terremoto e poi dallo tsunami gli aiuti che stanno affluendo massicciamente agli aeroporti di Colombo (in Sri Lanka) e di Giakarta (in Indonesia). La vera sfida, infatti, è quella della logistica. Lo scalo di Colombo, riferiscono le cronache che vengono da laggiù, è ormai al collasso. Lo stesso accade a Giakarta. Aeroporti abituati a un traffico relativamente modesto che improvvisamente devono accogliere un viavai impressionante di velivoli cargo e passeggeri. Ma le infrastrutture, gli uomini, le procedure, sono quelle di sempre. Una volta arrivati a terra, come hanno scoperto fin dal primo giorno i volontari arrivati dall'Europa, inizia una sfibrante opera di dogana. Fino a dodici ore per svuotare una stiva. Perché gli aiuti sono sempre benedetti, ma poi le autorità di quei Paesi vogliono sapere bene chi entra, perché, quale materiale è stato scaricato, dove va. E tante volte non bastano i documenti di viaggio: i doganieri hanno voluto controllare di persona che cosa c'era dentro le casse. E' anche per questo motivo che l'associazione «Medici senza frontiere» ha chiuso la sottoscrizione. Erano stati raccolti d'impulso talmente tanti soldi che era inutile raccoglierne altri. Tanto, la strozzatura della logistica impedirà un afflusso superiore alle capacità di ricezione. Stessa preoccupazione l'ha dimostrata ieri la Croce Rossa Intemazionale. «Il nostro appello iniziale (circa 43 milioni di euro, ndr) è stato già soddisfatto, ma le necessità sono molto maggiori, sia sul breve sia sul lungo periodo». Al termine di una riunione a Ginevra, i rapprejpentanti della Croce Rossa/Mezzaluna Rossa hanno presentato questo quadro: «Nel complesso prevediamo di spendere oltre 650 milioni di franchi svizzeri in un periodo dì oltre cinque anni». Ed è quanto dicevano nei giorni scorsi anche i rappresentanti della nostra Protezione civile: «Inutile intasare gli hangar degli aeroporti. Anzi, controproducente. La nostra esperienza di queste catastrofi internazionali, le ultime volte in Iran e in Turchia, ci insegna che gli aiuti devono arrivare con metodo. Quando serve, parte un aereo carico del necessario. Se non serve, si attende». Una volta superato il nodo degli aeroporti, infatti, c'è un secondo immane problema: portare cibo, tende, acqua, medicinali e quant'altro a destinazione. Facendo i conti con strade che non esistono più e un numero minimo di camion utilizzabili. A questo proposito, l'unica soluzione, nel medio periodo, sono gli elicotteri. Dall'Italia ne sta partendo uno, della Protezione civile della Val d'Aosta, che ieri hanno smontato e portato a Malpensa, da dove andrà -in Sri Lanka. Sempre ieri è cominciato il ponte aereo dei due Canadair italiani che Bertolaso ha fatto mandare giù, dopo averli appositamente modificati: non serviranno per bombardare d'acqua gli incendi, ma per rifornire i due ospedali da campo che sono stati allestiti a Nord e Sud dello Sri Lanka. Nei giorni scorsi, con tante tappe lungo il percorso, i due aerei si sono trasferiti da Ciampino a Colombo. Le autorità locali non li avevano mai visti (e c'è voluto anche qualche giorno per sbloccarli). Ma li hanno subito apprezzati: i Canadair sono idrovolanti in grado di atterrare sulle piste come sull'acqua, e non devono nemmeno spegnere i motori. Possono arrivare sui posti, sbarcare gli aiuti, ripartire. Un po' tutti i Paesi donatori, comunque, si sono resi conto che non basta spedire un carico di medicinali o cibo, ma, che devono anche mandare" uomini e mezzi in grado di recapitarli a destinazione. Ecco dunque che l'Indonesia ha declinato l'offerta di accogliere un reggimento di gurkha dell'esercito britannico, ma non i due elicotteri militari che accompagnavano la proposta. E il quotidiano «Le Monde» nei giorni scorsi raccontava come fossero pronte alle operazioni di soccorso due armate occidentali: nel Golfo del Bengala si trova ora la portaerei americana «Abramo Lincoln», la portaelicotteri francesi «Jeanne D'Are», un'altra portaelicotteri australiana. E gli elicotteri dei marine americani sono già all'opera e subito sono diventati famosi per via della scena terribile della gente che si accalcava e si contendeva un pugno di riso a Banda Aceh, nel nord dell'Indonesia. Gli aeroporti sono inadatti a sostenere il traffico di cargo e le procedure sono le stesse dei periodi normali. Per quésto intasare gli hangar è controproducente I CONTRIBUTI (dati in milioni dollari) - ■v;.;:;;^:V:--- ;;: -y-::: 2.000,53 43S.00 3.33S.S3 Contributo governativo Donazioni private .■,,,-. r La gente si accalca attorno a un elicottero che scarica aiuti ad Aceh in Indonesia, la zona più colpita dal maremoto

Persone citate: Abramo Lincoln, Banda Aceh, Bertolaso, Francesco Grignetti, Mezzaluna