Per i bambini rubati adozione o schiavitù di Giuseppe Zaccaria

Per i bambini rubati adozione o schiavitù SI DIFFONDE IL PANICO, MA FINORA LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI NON SONO STATE INVESTITE DEL PROBLEMA Per i bambini rubati adozione o schiavitù U n inviato dell'Oms: è però plausibile che molti abbiano trovato rifugio da persone che se ne stanno occupando volontariamente retroscena Giuseppe Zaccaria FILMATI più o meno drammatici e denunce più o meno confuse continuano a rincorrersi nell'area dello tsunami. Le riprese del misterioso occidentale che porta via Kristian Walker fanno tremare la Svezia anche se l'intera vicenda continua ad apparire ancora poco chiara. Kristian ha dodici anni, non è un bambino che si lasci portar via dal primo che lo prenda per mano eppure la sindrome si sta allargando e l'allarme si diffonde nonostante dichiarazioni di tutt'altro tenore che giungono dalle massime autorità mondiali. «Fino a questo momento l'Organizzazione Mondiale della Sanità non ha ricevuto alcuna seria segnalazione circa rapimenti di bambini nelle aree devastate dal maremoto del 26 dicembre», ci dice al telefono dalle Maldive il dottor Manuel Carballo, inviato speciale dell' Oms nell'area. Responsabile dell'Intemational Center for Migrations, Carballo è partito l'altro ieri da Ginevra e risponde cortese alla nostra chiamata che per il gioco dei fusi lo raggiunge a tarda notte. «Il problema dei bambini rimasti orfani, nelle Maldive come in Indonesia o nello Sri Lanka, è certamente molto grave - spiega - e ce ne stiamo occupando con il massimo impegno. In accordo con i governi locali stiamo raccogliendo i bambini rimasti soli e contiamo di raggrupparli presto in nuove strutture. Occorre però tener presente che in un quadro come questo è perfettamente plausibile che molti minori manchino all'appello, nel senso che hanno trovato rifugio presso parenti, amici o presso altre persone che se ne stanno occupando volontariamente».. «Naturalmente non si può nemmeno escludere - continua Carballo - che in qualche caso i piccoli si trovino sotto il potere di famighe che non hanno alcun titolo per tenerli con sé. In ogni caso né l'Oms né altre organizzazioni intemazionali sono state investite del problema, e glielo posso garantire perché qui, in questo momento, sono io che coordino il lavoro di tutte». La vicenda dei bambini «rubati», dunque, si direbbe ancora una storia gonfiata, anche se continua a seminare panico attraverso il mondo, soprattutto fra i parenti di bambini dispersi. «Asia News», l'agenzia che per prima aveva rilanciato la segnalazione, oggi cita una fondazione indonesiana secondo la quale almeno venti piccoli sarebbero stati fatti uscire illegalmente da Sumatra per essere portati in Malaysia o a West Giava. L'«Aceh Sepakat Foundation» sostiene che molti piccoli al di sotto dei quindici anni sono stati «prelevati da persone irresponsabili nella regione di Aceh». E dalla capitale il «Jakarta Post» aggiunge che «almeno una fondazione sta offrendo gli orfani per potenziali adozioni» attraverso messaggi telefonici Sms. Questo genere di denunce, come si era già detto, è destinato a infiammare particolarmente gli animi della popolazione islamica di Aceh, già sollecitata dalla presenza di bande integraliste. Anche per queste ragioni il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha scelto di intervenire in modo drastico: a partire da oggi l'Indonesia proibisce l'uscita dal suo territorio di ragazzi di età inferiore ai 16 anni. Hamid Awaluddin, ministro per i Diritti Umani, appoggia il giro di vite del governo e annuncia che al più presto nella regione di Aceh saranno costruiti nuovi orfanotrofi. «I casi di adozioni illegali sono stati numerosi nel Sud Est asiatico - spiega da Roma il professor Aldo Morrone, direttore del servizio di medicina delle migrazioni presso l'ospedale San Gallicano - però dopo la tragedia dello tsunami non sono state ancora diramate segnalazioni attendibili. Mi è stato chiesto se certi bambini potrebbero essere stati rapiti da organizzazioni dedite a traffico di organi: rispondo che il Sud Est asiatico è tristemente noto come uno dei mercati più fertili per "donazioni" o trapianti fra adulti, ma che riguardo ai bambini non si possiede alcun genere di informazione». Ma perché rapire un orfano di Aceh o di Sumatra? In altri termini, quanto vale nel terzo mondo la vita di un bambino? La risppsta è pressoché impossibile, visto che qualsiasi stima è legata al destino che toccherà a ciascuno. Fino a oggi le indagini dell'Unicef hanno dimostrato soltanto che nel Sud Est asiatico il traffico di minori non è mai stato legato alla vendita di organi ma continua a rivolgersi essenzialmente in tre direzioni: adozioni, prostituzione, lavoro forzato. Rapporti fondati più su attendibili stime che su dati certi affermano che ogni anno decine di migliaia di ragazzi vengono avviati dalle regioni più povere dell'area verso le piantagioni indonesiane in condizioni di semischiavitù, mentre alle ragazze accade di essere rinchiuse nei bordelli di Singapore, Bangkok o Khuala Lumpur. Il mercato delle braccia sembra comunque assorbire la maggior parte di queste vittime senza nome, che quasi sempre sono destinate a terminare la loro esistenza nelle giungle dopo anni di lavoro forzato. Questa enorme massa di persone, private di documenti e dopo breve tempo perfino del nome, è irrintracciabUe da qualsiasi indagine, invisibile a ogni ricerca. L'Indonesia ha scelto di intervenire in modo drastico e da oggi ha proibito l'uscita dal suo territorio di ragazzi di età inferiore ai 16 anni Un bambino tra le macerie di un negozio distrutto nella città di Meulaboh, nella provincia di Aceh

Persone citate: Aldo Morrone, Bambang, Carballo, Hamid Awaluddin, Manuel Carballo