«Ammazzavo i pazienti, non so perché»

«Ammazzavo i pazienti, non so perché» IL MEMORIALE DELL'INFERMIERA ASSASSINA «Ammazzavo i pazienti, non so perché» Lecco, 5 i delitti ma s'indaga su altri 13 decessi in ospedale retroscena Fabio Potetti inviato a LECCO LA calligrafia è tondeggiante. Il linguaggio è burocratico. Quando deve scrivere la parola «pazienti», anche se non fa mai il nome di quelli che ha ucciso, preferisce usare la forma abbreviata «p.ti» come se anche questo le facesse male. Sonya Caleffi, l'infermiera serial killer di Lecco, affida la sua confessione a un memoriale di tre pagine scritte a mano davanti al maresciallo dei carabinieri Roberto Diamanti - «L'unico che ha saputo estrapolare ciò che avevo dentro» - la sera dell'arresto. In quei tre fogli questa infermiera accusata di almeno cinque omicidi ricostruisce con pignoleria burocratica i due mesi passati al reparto Medicina dell'ospedale Manzoni: «In concomitanza con l'espletamento di manovre infermierìstiche a p.ti gravi e comunque sofferenti, senza nemmeno saperlo spiegare a me stessa, ho attuato manovre tali da peggiorare le condizioni degli stessi. Unico metodo usato è stato quello di iniettare aria attraverso l'ago permanente. Tali manovre sono state eseguite nel momento in cui mi trovavo sola con il p.te». Almeno cinque i pazienti assassinati senza un perchè. Quattro quelli confessati da Sonya Caleffi. Ma sono diciotto i decessi avvenuti in reparto, nei due mesi e una settimana di servizio dell'infermiera. Anche se adesso i carabinieri indagano pure in altri tre ospedali di Como - Sant'Anna, Valduce e Villa Aprica - dove la donna ha prestato servizio. Il procuratore della Repubblica di Lecco, Annamaria Dentala, spiega che non è detto che siano stati tutti uccisi dalla Caleffi: «Al di là di ogni ipotesi solo, un caso è stato accertato mediante autopsia, vanno fatti tutti gli approfondimenti». L'unico caso sicuro è quello di Maria Cristina, la quasi centenaria di Dervio ammazzata l'otto novembre, ultimo giorno di lavoro dell'infermiera sospesa proprio dopo questo decesso. Nell'ordine di custodia per omicidio volontario ci sono però altri nomi, uomini e donne che l'infermiera ha confessato di aver soppresso: Teresa Lietti, 76 anni, di Oggiono, ammazzata il 30 settembre; Elisa Riva Colomba, 89 anni, di Barzanò, uccisa il 2 ottobre. Le contestano anche l'omicidio di Enrico Bonaluce, un giovane di 24 anni di Robbiate, morto il 23 ottobre. L'infermiera nega, il giudice per le indagini preliminari Davide Giorgio sembra crederle: «Le ultime quattro ore del paziente sono un caso poco documentato». Così come si tratta di chiarire se sia stata lei a uccidere Luisa S., Angela V., Carla C. e pure una donna di orìgine russa, tutte anziane, tutte morte nei reparto di Medicina dell'ospedale Manzoni di Lecco dal primo settembre all'otto novembre. Non ci sono dubbi che sia stata lei ad ammazzare il generale in pensione Biagio La Rosa, 84 anni, di Lecco, con una bolla d'aria nella flebo, il 26 settembre. Il cognato Francesco Giordano fu il primo a sollevare qualche sospetto: «Il generale venne ricoverato il 23 settembre per problemi di embolia polmonare, le sue condizioni sembravano stàbili. La sera del 26, lo ricordo bene, andai a fargli visita. Era in buone condizioni ma nella notte ci avvisarono che era morto. C'era una donna che lo assisteva e mi disse che non aveva trovato nulla di strano. Solo un'infermiera, qualche ora prima l'aveva fatta uscire dalla camera quasi con la forza, per pochi minuti». Quell'infermiera era Sonya Caleffi. Nemmeno lei, nel me- mori ale scrìtto prima di entrare nel carcere del Bassone di Como, sa spiegare il perchè di tanta ferocia: «Intendo ribadire che non so capacitarmi nè tantomeno spiegare ciò che mi ha spinto ad agire in tale maniera. Questi casi sono stati gli unici in cui ho agito in questo modo da quando svolgo la mia attività di infermiera professionale». L'infermiera di 34 anni racconta i suoi disturbi psichici, l'anoressia di cui giura di aver sofferto da quando aveva dodici anni. Poi nega di aver desiderato veramente là morte dei pazienti che doveva assistere: «Non è mai stata mia intenzione provocare la morte, mai ho premeditato nemmeno lontanamente le mie azioni. In seguito a tali episodi ho ricominciato a stare male psicologicamente, chiedo di essere aiutata». Ora sarà uno psichiatra a stabilire se Sonya Caleffi fosse capace di intendere e di volere. Intanto il giudice per le indagini preliminari di Lecco, Davide De Giorgio, ha stabilito che non è il carcere il luogo più adatto per lei: «Ordino 1 applicazione della custodia cautelare in luogo di cura, in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero». L'ipotesi più probabile è che venga trasferita nell'ospedale psichiatri co giudiziario di Castiglione dello Stiviere, in provincia di Mantova. Il suo avvocato Claudio Rea assicura che è la cosa giusta: «La mia assistita è malata, viene guardata a vista. Le hanno tolto i lacci delle scarpe e ogni altro oggetto con cui potrebbe compiere atti di autolesionismo. È stata lei ad avvisare le strutture del carcere della terapia a base di psicofarmaci, come il Prozac che assume da anni». Resta da capire come sia stato possibile che una donna tanto malata sia stata impiegata, senza che nessuno sospettasse nulla, in almeno tre strutture sanitarie, quattro contando l'istituto per bambini disabili Villa Santa Maria di Tavernerio, vicino a Como, da dove venne allontanata dopo solo due giorni. «Aveva uno sguardo sfuggente, maneggiava le medicine con troppa disinvoltura, non poteva stare con i piccoli», spiegano. Sonya Caleffi chiude il memoriale-confessione con quello che sembra l'inizio di un pentimento: «Chiedo umihnente perdono ai familiari delle persone decedute, ai colleghi e ai superiori tutti dell'ospedale Manzoni di Lecco». «L'unico metodo da me usato è stato quello di iniettare aria attraverso lfago permanente» «Non è mai stata mia intenzione provocare la morte, mai ho premeditato le azioni Ora ho ricominciato a stare male chiedo di essere aiutata» Il giudice ordina il ricovero in manicomio L'infermiera Sonya Caleffi Finora ha confessato 5 omicidi ma sono 18 i casi su cui si sta indagando Il memoriale-confessione dell'infermiera e l'ospedale di Lecco