LA BELLA NAPOLI di Federico Geremicca

LA BELLA NAPOLI LA BELLA NAPOLI Federico Geremicca ADESSO, naturalmente, mentre sugli schermi tv scivolano le immagini di una periferia che pare Baghdad, con donne urlanti contro la polizia, adesso - dicevamo - può apparire vana retorica dire che Napoli non è quella roba lì, le sirene, le manette, i kalashnikov e le vendette. E invece è così. Nonostante i suoi centoventi morti e passa dall'inizio dell'anno e nonostante la rassegnazione e la paura che si tagliano ormai a fette anche nei quartieri bene della città, Napoli non è Scampia: come Milano non è mai stata tutta da bere e Roma non è più - e da una vita - la città dei ministeriali e dei maritozzi. Ancora qualche settimana fa, Carlo Azeglio Ciampi - che appena può invita i suoi ospiti illustri a Villa Rosbery - passeggiava per le vie del centro con Jorge Sampajo, presidente portoghese: quattro passi sul lungomare, un caffè da Gambrinus, uno sguardo a Capri e una cravatta da Marinella. Due giorni fa Gerardo Maretta, napoletano e presidente dell'Istituto italiano per gli studi filosofici, è stato insignito della Legion d'onore. E lassù, nel Museo di Capodimonte, folle di cittadini e di turisti fanno per ore la fila per visitare la più bella mostra del Caravaggio forse mai allestita in Europa. Annotare che fuori e intorno al far west di Scampia c'è tutto questo, non vuol dire parlar d'altro. E non è nemmeno così ovvio, come forse può apparire: le etichette e i cliché - che riguardino uomini, città o storie - una volta diventati senso comune son difficili da cancellare. E allora, se si è ancora in tempo, quel che va osteggiato oggi è l'affermarsi dell'idea di una Napoli diventata ormai Chicago Anni 30, città invivibile e uìfrequentabile, metropoli di morte, di paura e di camorra. Naturalmente, l'antica capitale del Regno delle due Sicilie non è più nemmeno quella vetrina scintillante di inizio Anni 90, il G7 e Bill Clinton che fa jogging a via Caracciolo, il rinascunento napoletano e la nuova piazza Plebiscito, poi la regina Elisabetta e l'eruzione culturale di quegli anni, il cinema di Troisi e di Martone, la musica di Pino Daniele e della Nuova Compagnia e perfino - perché no? - il fresco ricordo di Maradona, delle sue coppe e dei suoi scudetti. Napoli non è più quella perché il tempo non passa mai invano. Il tempo cambia uomini e luoghi, in meglio o in peggio: e certo all'ombra del Vesuvio la ruota è un po' di tempo che gira all'incontrario. Ora - e non è per buttarla in politica - ma alcune cose sono accadute e altre no. E' accaduto che negli ultimi 15 anni Napoli abbia perso quasi 100 mila occupati nei soli settori della cantieristica, della siderurgia e della metalmeccanica. Non è accaduto, invece, quel che era stato promesso dopo la fine dell'Italsider: il risanamento di Bagnoli, uno degli angoli più belli del Mediterraneo, è rimasto carta straccia, svanito il miraggio della Coppa America nessuno ne parla più e la nuova occupazione promessa si è trasformata in benzina purissima per la rabbia e perfino per le violenze di centinaia di migliaia di disoccupati. Ma Napoli non è Scampia. Non è tutta camorra, come Palermo non è tutta mafia. Napoli è ferita e sofferente, certo. Ma Napoli è anche forte e bella. Ed è importante, forse, dirlo proprio in un giorno così: nel giorno della paura, della retata e della polizia.

Persone citate: Bill Clinton, Carlo Azeglio Ciampi, Elisabetta, Gerardo Maretta, Jorge Sampajo, Maradona, Pino Daniele, Troisi