La mia ISOLA in NERO

La mia ISOLA in NERO La mia ISOLA in NERO Andrea Camilleri NON so se esista un modo per definire il giallo siciliano. C'è un giallo scritto da autori nati in territorio siciliano, che ambientano le loro storie nella regione in cui sono nati e in cui vìvono. Facendo un esempio, è curioso dire «gli scrittori siciliani Verga e Capuana». Credo che sìa più giusto dire «scrittori che ambientano le loro storie in Sicilia». D'altra parte altri autori italiani ambientano le loro storie gialle nebe città in cui vivono. Allora anche in questo caso definizioni quali «giallo bolognese» o «scuola milanese», sarebbero un errore. La questione è un'altra: in Sicilia, come nel resto d'Italia, c'è un proliferare dì scrittori convinti che esordire con un romanzo poliziesco non dia «meno punti in classifica», ma che oggi il giallo abbia la stessa dignità letteraria del romanzo classico. Per un esordiente è più facile muovere i primi passi, come si fa da bambini in un girello, ab'intemo del genere poliziesco. Anche nel passato ci sono esempi illustri dì questa convinzione: basti pensare ab' esordio di Leonardo Sciascia che, nel 1961, scriveva un giallo. Il giorno della civetta, che è tra l'altro il primo giabo suba mafia. Ma era abbastanza isolato in questa convinzione, come ci ricorda anche l'aneddoto dello scambio dì lettere (perché non fu una vera polemica) tra Calvino e Sciascìa. Italo Calvino sosteneva l'impossibilità del giallo, del genere poliziesco, in Siciba. Il romanzo dì Sciascia ne fu una palese smentita, perché semmai c'era un problema di imbarazzo tematico. L'affermazione dì Calvino continua ad essere smentita anche oggi dal moltiplicarsi dì nuovi giovani scrittori che iniziano proprio con un giabo. Il discorso che allora fece Leonardo Sciascia fu quebo importantissimo dì parlare della mafia e dì portarla a bvebo dì romanzo, dando ampiezza e risonanza alla questione mafiosa. Così facendo corse un rischio, che superò brillantemente: un romanziere e raccontatore del calibro dì Sciascia, nel momento in cui metteva mano a personaggi dì mafia, rischiava inevitabbmente di nobìbtarb. Erano però personaggi che già per il solo fatto dì essere tali, avevano ima valenza molto differente dai loro modebi reali. E non è un A. Camilleri caso che in fondo un detto di Don Mariano Arena, il capomafia de II giorno della civetta, quello sulla divisione dell'umanità in «omini e ominicchi» sia entrata nell'uso comune. Ma è un modo di pensare mafioso. Oggi invece in molti romanzi polizieschi siciliani la mafia rimane «un rumore di fondo», perché mentre ai tempi di Sciascia nella mafia c'era il rispetto di regole - ben inteso le loro una sorta di disciplina, oggi è molto difficile muoversi all'interno dell'anarchia, o invisibili¬ tà, della mafia. Penso che, mentre prima era possibile decifrare un codice specifico della realtà mafiosa (ben inteso che io non faccio distinzione tra mafia buona e mafia cattiva, quelli erano e sono degli assassini...), oggi sia impossibile farlo, anebe perché se prima c'erano veri e propri rituali mafiosi, come quello del riconoscersi in una Famiglia, ora per riconoscersi è sufficiente una password su Internet. Un altro elemento da notare nei gialli siciliani odierni è l'assenza di investigatori privati. O ci sono degli investigatori casuali, occasionali, o ci sono degli investigatori «istituzionali». Prendiamo il caso del primo dei due libri di Santo Piazzese. C'è un professore che, per muoversi e indagare, si appoggia ad un commissario di polizia. Oppure c'è il caso di Piergiorgio Di Cara che ha introdotto nei suoi romanzi la figura autoreferenziale di un commissario di pubblica sicurezza. Credo che il problema, in Italia, ma anche in Europa, sia quello dei limiti d'azione che hanno i veri investigatori privati. Solo da pochi anni un investigatore privato ha la possibilità di muoversi, u ordine di un avvocato, per indagare su un fatto di sangue. Prima non gli era consentito. Poteva agire solo in casi di spionaggio industriale, al massimo livello, oppure doveva lavorare su questioni di corna. Insomma, era un raggio d'azione molto limitato, a differenza del poliziotto istituzionale, del commissario o del tenente dei carabinieri. C'è un altro presunto limite e storie: lambito geon autore come Mauez Montalbàn spoente i suoi personaggi ona a Madrid, addiritgkok, mentre i nostri i muovono solo all'in'isola o addirittura in o quartiere della loro esto succede perché, lmente, puoi trovare direttamente in Sicia, mentre è difficile per esempio trovarla a Barcellona. Si tratta inoltre di un dna molto diverso dei personaggi. Pepe Carvalho è un poliziotto privato che coincide esattamente con il senso di viaggio continuo che Montalbàn aveva. Non a caso il suo ultimo libro Millennio (Feltrinelli, 2004), che ha come protagonisti Biscuter e Carvalho, è tutto un lungo giro del mondo, in cui Montalbàn ha tentato la fusione di libri leggendari della nostra epoca, come II giro del mondo in 80 giorni di Verne, con l'indagine gialla. Ma si può permettere questo tipo di operazione perché Carvalho è un ex agente della Cia, perché ha girato il mondo, mentre gli investigatori che popolano le nostre storie sono un po' come Totò, al massimo hanno fatto il militare a Cuneo... Ma non credo che questo renda asfittico, autoreferenziale, il giallo scritto in Siciba. Certo, la Sicilia non è Los Angeles, ma quello che conta è la varietà di ciò che racconti. Nella mia Vigata le storie, i delitti sono tanti e tali da far impallidire la Chicago degli Anni 20. E per ciò che riguarda i personaggi, gli uomini, le ambientazioni, credo che la Sicilia sia così prismatica da essere una fonte inesauribile di spunti. Anche la tradizione letteraria funge da collante con il passato. E' una cosa strana. Sarà che siamo gente isolana, ma è come se la nostra cultura quebo che hanno significato Verga, Capuana, e quello che continuano a significare - non fosse evaporata. CONTINUA A PAGINA 12 Dal 7 ali 3 dicembre si svolgerà a Courmayeur «Noir in festival», la manifestazione che assegna il Premio Scerbanenco al miglior giallo italiano dell'anno. In finale: Garlaschelli, Colaprico, Carofiglio, Gori e Pederiali. Molti gli scrittori stranieri presenti: da lain Rankin (mercoledì), premiato col Raymond Chandler Award alla carriera, al giovane lan Caldwell (sabato) autore del best seller Usa «Il Codice dei quattro». E poi: Michael Collins, Joseph Finder, Frederick Busch, Jenny Siler e il grande Stuart Kaminsky (mercoledì). Tra gli italiani, il «fenomeno» Paletti (tutta la settimana), Lucarelli, Evangelisti e Macchiavelli. Una giornata, il giovedì, sarà dedicata al «Nero di Sicilia» a partire naturalmente da Andrea Camilleri (di cui pubblichiamo l'intervento e che comparirà in una video-intervista) Savatteri, Cacòpardo, Di Cara, Palazzotto, Gebbia e Cacciatore. Tra gli ospiti d'onore anche Anne Perry (sabato) che ci ha concesso l'intervista a lato. La mia ISOLA in NERO A. Camilleri