La grazia crudele dei bambini

La grazia crudele dei bambini La grazia crudele dei bambini Due film di Andrea e Antonio Frazzi raccontano l'infanzia senza salvezza ■ Frazzi (Andrea e Antonio: sono toscani, anzi fiorentini, sono gemelli, firmano assieme i loro film, nel bene e nel male non sono i Taviani) appartengono a una generazione (sono nati nel '44) fregata daUa più grave crisi quella tra U 75 e r85 in cui gli esordi erano impossibUi - di un cinema, quello itaUano, di crisi come condizione permanente, e allora - per dirla con Godard hanno preso la televisione come «destino comune». E vi hanno cercato/trovato lo spazio per un lavoro minoritario suUe immagini, non sul visuel. Forse con la coscienza che la televisione non è il seguito del cinema al cinema. Forse con la voglia di un racconto e di un'arte del racconto come diversità e non diversione. E infine hanno trovato U cinema. E con U cinema hanno ritrovato la letteratura. «U cielo cade», per un caso quasi simbolico, è ispirato a un libro, di autobiografia trasposta, di una cineasta Lorenza Mazzetti, una delle fondatrici del free cinema inglese. Il 1944 visto attraverso due bambine rimaste orfane e ospitate in una viUa toscana di buona borghesia intellettuale. I Frazzi ne hanno fatto un racconto di grazia crudele. Prima gioco civUe (e impressionismo perfetto, ma sottilmente nervoso), poi sogno, infine realtà di morte e strage, la caduta del cielo. I bambini sono incredibUmente veri, veri i costumi e le scenografie. Cioè danno il senso deU'attuaUtà, non deUa ricostruzione, tanto meno del revival. Luoghi e persone non sono truccati d'epoca, sono di queU'epoca. La violenza che nel «Cielo cade» è in fondo recuperata allo «sguardo pietoso deUa Storia», è totalmente restituita al presente in «Certi bambini». Un altro orfano (vive da solo con la nonna), un bambino di una Napoli di degrado, di uno dei tanti sud del mondo. Il film è U suo viaggio verso uno status di baby-kUler. C'è come un'oscura continuità ideale tra i due film, come condizione fatta ai bambini. Che non salvano più il mondo, ma neppure se stessi. Tutto è già neUa sequenza-choc d'inizio in cui i ragazzini giocano con la propria vita, uno ad uno attraversando di corsa un'autostrada trafficata. «Certi bambini» sembra in presa diretta suUa realtà più dura, ma lo è in forma mediata da un libro di Diego Da SUva. Qui le strutture sono queUe scisse, nevrotiche di un racconto a lampi più che flusso di coscienza (la memoria è ancora altra cosa), non più Bacalov ma gU Almamegretta, ma alla fine non è diverso U rapporto che «fl cielo cade» e «Certi bambini» intrattengono con U testo letterario. NeU'uno e neU'altro un'apparente nostalgia deUa fedeltà nasconde appena un approccio libero, non normativo, in una dialettica cinema/letteratura come imitazione e conflitto aU'intemo di un sistema narrativo totale. E del cinema più vivo hanno la coscienza che la qualità di uno sguardo conta, ma ancor più conta la sua coUocazione. L'omaggio ai frateUi Frazzi che incontreranno U pubbico sabato 4 al cinema Massimo 3 - è organizzato in coUaborazione con la Fiera Intemazionale del Libro e l'Unicef. Gianni Volpi

Persone citate: Antonio Frazzi, Bacalov, Frazzi, Gianni Volpi, Godard, Lorenza Mazzetti, Taviani

Luoghi citati: Suva