Germania anno zero un tabù sotto le bombe

Germania anno zero un tabù sotto le bombe Germania anno zero un tabù sotto le bombe A partire dal 1975 i romanzi di F 6r L cominciarono a essere tradotti e pubblicati in Germania presso l'editore Pìper di Monaco di Baviera, una casa di media grandezza e nobili tradizioni. Klaus Piper incarnava esattamente quello che uno s'immagina debba essere un vecchio gentiluomo tedesco: molto alto, molto elegante, cortesìssìmo, ironico, c'invitava talvolta a casa sua, si metteva al piano e suonava con slancio soave gli «improvvisi» di Schubert. Aveva pubblicato con enorme successo II gattopardo e da allora si era per così dire specializzato negh autori itahani, per i quali organizzava quei giri di presentazione città per città che procuravano una rosea ricaduta sulle vendite. Regista di tali macchinose avventure era la direttrice dell' ufficio stampa frau Bubbolz, una berlinese (emigrata) sulla cinquantina, con l'allegra faccia di una mela rossa, un tagliente umorismo e un carattere di ferro. La prima volta si presentò con il braccio sinistro ingessato e levato in una specie di saluto nazista, e tutto divenne subito molto divertente. Non conoscevamo la Germania se non attraverso il film di Rossellini «Germania anno zero» e con un certo sciocco stupore constatammo che quella agghiacciante distesa di rovine, mozziconi, cumuli di macerie non esisteva più da nessuna parte. In trent'anni tutto era stato ricostruito, le città grandi e piccole avevano riacquistato ordine, identità, ricchezza, vita. Frau Bubbolz, affettuosamente imperiosa, ci guidava e sospingeva col suo braccio di gesso da un aeroporto all'altro, da un treno a un tassì, da un grande albergo a una civettuola locanda «tipica». Le presentazioni si svolgevano in librerie, teatri, istituti culturali, università, ed erano sempre seguite o precedute da interviste con tv locali, stazioni radio, giornali, riviste, secondo una programmazione ineludìbile, sfibrante, ma anche lusinghiera. Questo sì che era un trattamento adeguato ai nostri capolavori! I nostri cuori si sciolsero definitivamente quando scoprimmo che il pubblico di quelle sale sempre gremite e plaudenti pagava il biglietto per venirci a sentire, come se sì fosse trattato di una coppia dì cantanti. E alla fine decine e decine di Petra e di Ute, di Bemd e di Wolfgang si mettevano religiosamente in fila col volume in mano per farselo autografare. Più la conoscevamo, più la Germania ci incantava. Norimberga e Berlino, Osnabriick e Colonia, Braunschweig e Lubecca, ogni città aveva il suo immacolato centro pedonale, i negozi di lusso, le luminose pasticcerie, le calde birrerie, i suoi ampi viali, i suoi giardini perfetti, e grattacieli, canali, antiche chiese. Antiche? Bè, certo sapevamo che Amburgo e Dresda erano state distrutte dalla «tempesta di fuoco», un fenomeno termico causato da vari fattori oltre che ben inteso dalle bombe incendiarie. Ma perfino Amburgo, perfino Dresda non sembravano così malconce sfilando sotto i nostri occhi. Certi spicchi di palazzi sopravvivevano, certi muri di cattedrali o campanili o bastioni esibivano pietre forse un po' troppo chiare, un ponte, una gentile piazzettta, un colonnato avevano senza dubbio un'aria «rifatta». Ma l'insieme era bello, era prospero, era moderno, lievitava. Del nazismo non parlavamo mai e quanto aUe piaghe lasciate dai bombardamenti non si vedevano, i nostri ospiti vi accennavano appena, scrollando le spalle. Qui una volta c'era una biblioteca, là una torre, laggiù un castello. E si cambiava discorso. La Gennanìa per noi, commessi viaggiatori di noi stessi, era un febee paese, con molti lettori (di rara intelligenza), molte città e borghi accoghenti, che aveva saputo tirarsi fuori dalla guerra con ammirevole solerzia, genialità, fantasia, e che non aveva più nulla a che fare col suo tragico passato. GERMANIA SVANITA Un libro terribile e affascinante mi costrìnge infine a capire che della Germania io non so niente, non ho capito niente, non ho visto niente. L'autore è uno storico militare tedesco noto per le sue ricerche, non-revisioniste, sul nazismo, che ha dedicato uno studio molto approfondito e molto ben documentato a quella che si può tutto sommato definire una rimozione coUettìva, anche nostra, anche mia. Jorg Friedrich: La Germania bombardata. La popolazione tedesca sotto gli attacchi alleati 1940-1945 (Mondadori). Me ne rendo conto, sono titoh da cui istintivamente si preferisce stare lontani, come molti preferivano stare lontani da Arcipelago Gulag. Per viltà intellettuale, disinteresse o semplice pigrizia e tuttavia quei pochi o molti lettori dì rara intelligenza che dopo tutto esisteranno anche in Italia, troveranno qui un capitolo fondamentale della storia europea del secolo scorso. Non si può saltare, punto e basta. L'autore illustra la teoria strategica che ispirava la distruzione sistematica del territorio ne¬ mico mediante ì bombardamenti. Ne era promotore un generale italiano, Douhet, e se ne discuteva tra esperti e progettisti cui però ancora mancavano gh strumenti adatti. Hitler stesso considerava l'incendio totale di Londra come un'attraente possibilità, ma non gh riuscì dì metterla in pratica. Ci riuscì invece per gradi e successive elaborazioni la formidabile macchina industriale alleata e la grande impresa potè infine realizzarsi sotto il nome di moralbombing. L'idea era semphee: fiaccare il morale dei civili, casalinghe e operai, impiegati e liottegaì, spingendoli a ribellarsi al nazismo. Ma il nazismo aveva le sue saldissime e ramificatissìme organizzazioni, aveva spìe dappertutto (anche in famiglia) e ì civili tedeschi si trovarono stretti in una morsa senza scampo: il terrore assoluto delle bombe da un lato e dall'altro il terrore assoluto della Gestapo. Non ci fu nessuna sollevazione. I superstiti strisciavano fuori dal buio fitto deUe cantine e dei bunker surriscaldati e si trovavano in un mare dì fiamme, laceri, intontiti, completamente smarriti. «Abbia¬ mo cominciato noi, ce lo siamo voluto»^Bastava una frase come questa (e c'era un decalogo apposito ad uso dei delatori) per essere arrestati in quanto «disfattisti» e fucilati. Lo sciacallaggio tra le rovine veniva represso ferocemente, un soccorritore che s'era intascato un salammo dì 250 grammi venne processato e messo al muro. Il partito, che aveva causato quella catastrofe e non era in grado di contrastare con ì caccia e la contraerea gh stormì dì 1000 o 2000 bombardieri in volo giorno e notte sulla Germania, sì impegnava però a fondo nell'assistenza, apprestava rifugi in calcestruzzo e fosse comuni, smistava milioni dì senza tetto, distribuiva coperte, panini, acqua potabile, morfina. I senzatetto cercavano riparo nelle campagne, nei boschi, erravano da una regione all'altra, molte mamme obnubilate si portavano nella valigia il cadavere carbonizzato del loro bambino. Che mai potevano fare contro l'onnipresente regime queste mandrie apatiche e stralunate? Il moralbombing fu un fallimento, ma seguiva ormai il suo corso inarrestabile e infantìloì- de. Bombe sempre più potenti, spezzoni incendiari sempre più sofisticati, sistemi di puntamento e lancio sempre più infallibili. La teoria stessa sì modificò atrocemente, gh obiettivi «sensibili» erano all'inizio soltanto militari - fabbriche, ferrovìe, ponti, caserme - ma sì giunse vìa vìa alla conclusione che tutto quanto stava nei pressi di tali bersagli era ugualmente importante per demoralizzare e paralizzare il nemico. E «nei pressi» c'erano appunto le città, meglio se antiche, meglio se costruite con molto legno e strette viuzze; l'effetto «tempesta dì fuoco» era garantito. Ci passò la Germania intera, le metropoh come le cittadine di sessantamila abitanti, i centri storici, le periferie, ì villaggi. Quel tanto o poco che sì era potuto mettere in salvo fu risparmiato ma le architetture dì secoh, romaniche, gotiche, barocche, rococò, neoclassiche furono rase al suolo. Incunaboli preziosissimi finirono in cenere, statue, affreschi, fregi, cori hgnei vennero spazzati per sempre dalla faccia della terra. Acquìsgrana e Mùnster, Bonn e Hannover, Erlangen e Kassel, tutti luoghi che credevo di aver visto seguendo il braccio levato di frau Bubbolz erano dì fatto una finzione, un prodigioso, eroico allestimento scenico. Dice l'autore: «Ecco quel che accadde tra il 1940 e il 1945: crollò il ponte che conduceva nel paesaggio del passato, ora per sempre perduto». Capisco soltanto ora che quel paesaggio è perduto anche per me, che il lutto, la mutilazione, ferisce inguaribilmente ogni decente europeo. TABU' Mi chiedo tuttavia come una così spaventosa tragedia sìa potuta rimanere fuori dalla mìa non proprio indifferente portata per tanti anni. Non è tutta colpa mia, mi spiega un altro scrittore tedesco, il romanziere (Austerlitz) W.G. Sebald. La distruzione della Germania fu in Germania a lungo un tabù. Le sue conferenze sull'argomento ora pubblicate da Adelphì (Storia naturale della distruzione) evidenziano una carenza banalissima. Mancavano le parole per raccontare un evento tanto inconcepibile. Non ci si poteva credere, non c'era modo dì elaborarlo e riproporlo in romanzi, racconti, poemi. Ci provarono in due o tre, con risultati modesti. Ci furono cronache locali, ricordi dì sopravvissuti scritti a colpì di frasi fatte. Ma nemmeno Goethe, nemméno i grandi romantici tedeschi e forse nemmeno Milton e Shakespeare sarebbero stati all'altezza. Omero, forse. O i tragici greci. Ma la letteratura tedesca del dopoguerra girò al largo, non ebbe la forza di affrontare quella perdita totale, definitiva. La distruzione della Germania divenne un tabù, fu rimossa, ogni scintilla dì energìa venne convogliata verso la miracolosa ricostruzione, da presentare poi a frivoli passanti della mìa specie. Ricordo con tenerezza ma non senza vergogna quei viaggi per Renania e Westfalia, Baviera e Brandeburgo e quasi vorrei scusarmi con tutte quelle Petre e Ute e Grete,, con frau Bubbolz che col suo braccio dì gesso ci indicava un doppio arcobaleno sopra la foresta di Teutoburgo, quella di «Varo, Varo, rendimi le mìe legioni» e Franco e io a inneggiare wunderbar! wunderschòn! come due scemi. Germania anno zero un tabù sotto le bombe SOnO GLI ATTACCHI ALLEATI, UN'IMPRESA DENOMINATA MORALBOMBING, IL TERRORE PIOVUTO DAL CIELO A CUI SI OPPONEVA IL TERRORE DELLA GESTAPO. UNA TRAGEDIA DA CUI LA LETTERATURA TEDESCA GIRO' ALLA LARGA: NEMMENO GOETHE, FORSE NEMMENO MILTON E SHAKESPEARE SAREBBERO STATI ALLALTEZZA, OMERO FORSE

Persone citate: Braunschweig, Douhet, Goethe, Hitler, Kassel, Klaus Piper, Rossellini, Schubert, Shakespeare