Fini: sulle tasse accordo con Berlusconi

Fini: sulle tasse accordo con Berlusconi COLLOQUIO CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI: «ORA BISOGNA METTERE TUTTO NERO SU BIANCO» gstri cubi :ai saHtn.J OTln n? m e ri^r Fini: sulle tasse accordo con Berlusconi «Giusto correggere le norme Uè, voleva farlo anche Prodi» Emanuele Novazio Inviato a ORANO Al novemilacinquecentesimo chilometro e quando per il rientro a Roma ne mancano appena 1400, Gianfranco Fini si concede una sigaretta e un caffè, o forse un karkadé, su una poltrona d'angolo al primo piano della palazzina bianca dalla foggia di moschea. Aeroporto di Orano, Algeria occidentale, le 12,15 di ieri: il vicepresidente del Consiglio, arrivato la sera precedente da Sharm el Sbeik per il vertice fra ministri degli Esteri dei «5+5» dedicato a rapporti fra sponda Nord e sponda Sud del Mediterraneo, immigrazione e lotta al terrorismo, si confronta per la prima volta con l'affascinante sinuosità del doppio ruolo di governo. «Sono convinto che nel giro di qualche giorno l'accordo sulle tasse sarà trovato», risponde sollecitato da un piccolo gruppo di cronisti che l'hanno accompagnato alla riunione europea di Bruxelles e al vertice intemazionale sull'Iraq, in Egitto. «Le posizioni sono chiare: certo bisognerà fare un emenda¬ mento alla Finanziaria, mettere tutto nero su bianco, trovare la copertura», aggiunge: un po' provato dal fiume di chilometri e di vertici, ma a bell'agio nel discutere i temi politici di casa dei quali per tre giorni ha seguito l'evoluzione soltanto via fax. Senza nulla togliere all'entusiasmo per il nuovo incarico, beninteso: «Che fare il ministro degli Esteri fosse impegnativo lo sapevo, altrimenti non avrei accettato. La riunione di Bruxelles e questa di Orano avrei potuto delegarle ai sottosegretari, ma ho preferito esserci per presentarmi nel mio nuovo molo ai ministri degli Esteri europei e ai colleghi del '5+5'. Ho pensato che sarebbe stato opportuno esserci, anche se non starebbe a me dirlo». Poco prima, il Fini capo della diplomazia aveva rilanciato l'appello condiviso al vertice di Orano con il sociahsta spagnolo Zapatero: «Serve un'alleanza di civiltà per favorire il dialogo culturale e la reciproca conoscenza», «tutti hanno il dovere di lavorare perché non ci sia uno scontro di civiltà», «l'espressione "scontro di civiltà" non dovrebbe esistere, la civiltà non ammette scontri». Aveva ricordato il suo messaggio ai nove colleghi d'Europa e d'Africa: «Per partnership politica intendo tutto ciò che si deve fare insieme, Paesi della sponda Nord e della sponda Sud, per garantire la sicurezza e contrastare ogni forma di integralismo e terrorismo». Aveva espresso prudenza sulla situazione in Ucraina: «C'è il rischio di una degenerazione del confronto fra le due parti, occorrerà vedere l'esito della mediazione in corso». Ma adesso che la maratona diplomatica è finita e il karkadé è quasi un rituale di saluto prima di imbarcarsi sull'Airbus 319 dell'Aeronautica militare già pronto sulla pista, Fini depone la feluca. Bisognerà abituar¬ si ai suoi cambi di cappello dialettici e politici: naturali, probabilmente, per il capo più «politico» - per vocazione, formazione e professione - che la nostra diplomazia abbia da anni. Eccolo annunciare dunque di «non sapere se parteciperò al vertice di maggioranza»: «Se sarò fuori andrà La Russa», perché «il trasferimento di poteri in An c'è stato». E la lettera inviata da Berlusconi al presidente di turno Uè, l'olandese Balkenende, per chiedere la revisione del Patto di stabilità e meno vincoli in modo da liberare risorse? La risposta, questa volta, è a metà strada fra Roma e Bruxelles, come r«europeo» Fini aveva già fatto intendere al vertice dei ministri Uè, lunedì mattina: «La condivido, e sono convinto che questa lettera può andare bene anche a Prodi. Sembrerebbe un'osservazione provocatoria, la mia: ma quand'era presidente della Commissione disse che se il Patto fosse stato troppo rigido sarebbe stato stupido. Dall'opposizione, oggi, è logico che dica altre cose», risponde pensando all'intervista di Prodi a «La Stampa». Ben vengano modifiche nell'interesse nazionale italiano, dunque: senza però dimenticare che «la revisione del Patto di stabilità sarà messa all'ordine del giorno soltanto al Consiglio europeo di marzo». Troppo tardi «per avere ripercussioni sulla Finanziaria e la riforma fiscale in Italia», dunque. Il fatto è, ricorda Fini rinviando alle parole pronunciate due giorni prima al termine della ministeriale di Bruxelles, che l'interesse nazionale va salvaguardato in una logica europea: «Il Patto sarà discusso al di ià dei riferimenti alla situazione italiana», «non è in gioco l'interesse di un solo Paese, il dibattito non deve essere soltanto italiano». Non lo sarà, nonostante l'accelerazione impressa da Palazzo Chigi: la lettera di Berlusconi è stata recepita a Bruxelles ma bisognerà aspettare l'anno nuovo perché diventi materia di discussione comunitaria. In tempo per le prossime elezioni, almeno? Fini indossa due cappelli, adesso: la sua risposta è senza parole, una leggera alzata di sguardo. «Quando era presidente di Commissione il Professore aveva detto che sarebbe stata stupida una rigidità eccessiva Ora che è tornato in Italia ha cambiato opinione e dice altre cose» Il ministro Gianfranco Fini alia conferenza di Sharm el-Sheikh