Riforma della scuola in Francia Il ritorno dell'autorità di Cesare Martinetti

Riforma della scuola in Francia Il ritorno dell'autorità IL MINISTRO LA ESPONE IN TV, GIÀ' PROCLAMATO IL PRIMO SCIOPERO Riforma della scuola in Francia Il ritorno dell'autorità Si ripristinano la bocciatura, il dettato, l'apprendimento a memoria Rivalutazione di latino e greco, del voto in condotta, delle punizioni Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Se uno dei più felici slogan del '68 fu «vietato vietare», quello che meglio riassume la spirito del 2004 è al contrario «il est permis d'interdire», è permesso vietare. Se sarà felice o no lo vedremo. Ma certo ben riassume lo spirito della riforma della scuola francese presentata ieri sera in tv a «Cento minuti per convincere» (ognuno è condannato ai suoi «Porta a porta») dal ministro dell'Education Nationale Frangois Fillon. Una riforma i cui connotati sono noti da tempo e anch'essi riassumibili in una formula: il ritomo dell'autorità. Tradotto, ciò significa una serie di «ritomi»: la bocciatura decisa solo dagli insegnanti (oggi, salvo alla maturità, si decide di far ripetere una classe agli allievi quando i genitori sono d'accordo), la pratica sistematica del «dettato» (un classico della didattica perché in francese l'ortografia non è intuitiva come in italiano) e dell'apprendimento a memoria (le poesie), la rivalorizzazione del latino e del greco, il valore del voto di condotta, la punizioni individuali e collettive. Ma anche l'apprendimento di ima lingua straniera (non necessariamente l'inglese, come invece era stato proposto) fin dalla prima classe e la semplificazione delle prove di maturità (sei invece di dodici come oggi) per dare più valore alla valutazione del lavoro compiuto nell'anno. L'obbiettivo è che '80')4 superi la maturità (oggi ci riesce solo il 650A) e il cento per cento degli alunni raggiunga a 16 anni imo «zoccolo comune di conoscenze», che è fatto di nozioni, ma anche del senso «repubblicano» delle regole del vivere comune. Oggi in Francia, ogni anno, tra i 60 e i 150 mila giovani abbandonano la scuola senza aver raggiunto nessun obbiettivo. La sinistra (più quella culturale che quella polìtica, dal momento che anche il partito socialista ha da tempo aperto la sua «revisione» del '68) è all'attacco. Conservatorismo scolastico, commenta Liberation, che dietro «una pretesa didattica maschera brutali tagli al bilancio». Il ((riformismo» del governo, scrive il quotidiano di riferimento della sinistra, si traduce in un «salasso del servizio pubbhco che non si osa dichiarare». Fillon ha difeso l'impianto culturale della sua riforma che nasce, lusinga e si accompagna all'onda lunga di una nostalgia che è il segno più visibile dell'attuale stato dello spirito francese. Fin nel cinema dove il film «Les choristes» di Christophe Barratier (storia di un coro nel dopoguerra, in una classe dove regna una disciplina di ferro) è stato il più visto dell'anno e sarà il candidato nazionale all'Oscar. Fino ai reality show della tv, dove una specie di «Grande fratello» ambientato in ima scuola dove valevano le regole degli Anni Cin¬ quanta ha fatto il record di ascolti. Per il ministro si tratta di rendere la scuola «più. efficace, più giusta e più aperta». Ma anche più competitiva e più severa, con verifiche (((rendez-vous» di valutazione) continue, che significa il ritorno dell'autorità dell'istituzione che si vorrebbe accompagnata al rispetto dell'autorità degli insegnanti: ((All'interno degli stabilimenti scolastici tutti gli adulti devono incamare l'autorità agli occhi degli allievi e dei genitori - ha detto il ministro -. Là dove non c'è autorità, ci rimettono i più deboli, socialmente e psicologicamente». Il «dettato» è poi una vera ossessione francese e corrisponde alla difesa di una lingua sempre più in difficoltà, attaccata in casa e nel mondo dall'inglese, ma non soltanto. Su Le Monde s'è letta la testimonianza di un insegnante: «Ogni giorno si espande la lingua degli "Sms", siamo assediati da una specie di dialetto anglosassone, avanti di questo passo il latino e il greco saranno archeologia, il francese di Pascal e di Rousseau una lingua morta...» In banlieue già si parla un'altra lingua: abbreviata, rovesciata, fonetica, che del francese sembra una lontana parente. Si chiama «verlan». Risorgerà la lingua di Voltaire nella riforma di Frangois Fillon? Diffìcile dire. I sindacati, naturalmente, sono già all'attacco perché dietro i grandi principi la riforma del governo chiede due ore di lavoro in più alla settimana agli insegnanti per rimpiazzare gli assenti. In cambio offre il 250Zo in più di stipendio nelle ore supplementari e promette centocinquantamila posti in cinque anni. La risposta, in francese corrente, è stata la proclamazione del primo sciopero: è per il 7 dicembre. Poi si vedrà. Per la sinistra è solo conservatorismo che «dietro una pretesa didattica maschera brutali tagli al bilancio»

Persone citate: Christophe Barratier, Fillon, Rousseau

Luoghi citati: Francia, Parigi