L'italiana che in Kurdistan morì nel gioco delle spie di Giorgio Boatti

L'italiana che in Kurdistan morì nel gioco delle spie LUOGHI COMUNI di Giorgio Boatti L'italiana che in Kurdistan morì nel gioco delle spie ■""f ancora ^1 piuttosto diffusa la convinzione mmm che gb italiani, quanto ad attività spionistiche, abbiano molte velleità ma scarse attitudini. Su questo luogo comune pesa sicuramente una tradizione culturale più incline a maneggiare confessioni e pentimenti che a praticare con determinazione b «grande gioco». Attività, questa, che consiste neb'acchiappare segreti altrui, difendendo con professionale spietatezza i propri, come Rudyard Kipling ha raccontato in Kim, romanzo che per chi ne sia del tutto a digiuno - continua ad essere b miglior testo propedeutico ai complessi orizzonti deb'attività dì intelbgence. E come Peter Hopkirk ha spiegato nel suo bel libro IZ grande pioco, ambientato fra Turkmenistan, Tagikistan e Afghanistan, dove sì scontrarono il colosso zarista e l'impero inglese. In realtà la differenza tra le spie e gb agenti segreti è piuttosto labile e sembra dipendere, più che da considerazioni etiche, da come gira la sorte. Di sobto le spie, date in pasto al grande pubbbeo e abe patrie galere, sono gb stracci che volano, vittime più o meno malaccorte dì trame più grandi dì loro. Altra cosa, invece, gb agenti segreti. In primo luogo appartengono a questa categoria coloro a cui arride b successo perché non si fanno prendere. Oppure, se vengono smascherati, cadono in piedi, supportati da solidarietà professionab mai trascurate, da protezioni pobtìche e personali pazientemente coltivate. Agenti segreti sono anche coloro, che pur finendo male - spesso «molto» male, visto che la loro carriera può aver termine davanti a un plotone di fuebazione - riescono almeno a lasciare dietro dì sé un'immagine decente. Non condizionata da assoldamenti più o meno generosi, né da ricatti sessuali. Dì queste diverse categorie di protagonisti e comprimari del «grande gioco» - nebo specifico quebo condotto a rimpiattino, neba prima fase deba seconda guerra mondiale, tra ì servizi segreti fascisti, nazisti e abeati e spìe e agenti segreti dì ogni risma e colore - è affollato Guerra di spie, b nuovo libro cb Mimmo Franzìnebi, autore dì saggi memorabib suba pobzia pobtìca fascista e suba delazione come pratica quotidiana durante b Ventennio. Emergono, neba vastissima ricerca condotta dabo storico bresciano, figure che meriterebbero un denso racconto biografico e non le poche, seppur accurate pagine di un saggio. Né lo striminzito cenno che sì può fame in un artìcolo. Lia Schiavi, ad esempio, è la coraggiosa e sfortunata protagonista dì una vicenda che finisce tragicamente: la giornabsta piemontese, nata nel 1907 a Borgosesia (Vercebi) viene assassinata da una bandai rda su commissione dei servizi segreti fascisti, mentre sta attraversando in automobbe, con una sua cobaboratrice, b Kurdistan. Il contesto - un crocevìa dì mire geopobtiche dove sì misurano ì servizi segreti debe princìpab potenze - è lo stesso che Jean-Jacques Langendorf aveva evocato in Una sfida nel Kurdistan, un romanzo secco, fulminante, dove un giovane tedesco - mosso da un freddo delirio di potenza che tutto mescola e tutto giustifica - vuole conquistare aba causa nazista le tribù curde. Specularmente opposta è la vicenda, questa volta non romanzata, di Lia Schiavi che - racconta Franzìnebi - «giunta nel 1939 nei Balcani quale corrispondente deìgìomabL'Amfcrasiano e II Tempo - intraprende attività antifasciste e si tagba ì ponti abe spabe. Dì origini ebree, è profondamente turbata dalla visione debe persecuzioni razziab e decìde dì opporsi, per quanto le è possibile, aba guerra deb'Asse». Conosce a Bucarest b giomabsta americano deba Cbc Winston Burdett e si sposano: richiamata in patria Lia rifiuta dì lasciare lo scacchiere medioorientale dove, assieme al marito, ha deciso di vivere e lavorare. I due si spostano - quando scoppia la guerra - tra Libano, Turchìa, Siria e Iran: lavorano entrambi come agenti segreti deb'Intelbgence Service. Gb ultimi mesi deba giornalista - la cui vicenda è percorsa da connotazioni che la rendono drammaticamente contemporanea, vicina alle cronache dei nostri giorni - sono frenetici. Si sposta da Teheran (dove ha cercato di organizzare in senso antifascista la comunità italiana, e viene messa quindi sotto sorveglianza dal controspionaggio dì Roma) ab'Indìa: quindi toma in Medio Oriente, prima in Iran, poi in Egitto e in Kurdistan. E' sube piste dei trafficanti d'armi che riforniscono per conto dei nazisti le tribù ribebi agli inglesi. L'ordine di eliminarla - accuserà, dopo la sua morte, b marito - è partito da Roma. Viene fermata ad un posto di blocco da una pattugba dì amieb (guardiani stradab) curdi. La giovane iraniana che è con lei viene fatta scendere dalla vettura, Lia Schiavi ha altro destino: «1 banditi hanno prima domandato le sue generabtà, quindi sono andati a confabulare con qualcuno, poi sono ritornati presso la macchina e le hanno sparato cinque colpi. La morte è sopravvenuta dopo un'ora e mezzo. I banditi non hanno rubato nuba». Winston Burdett non risparmìerà sforzi per individuare e colpire ì mandanti dell'assassinio. Nel mirino delle accuse finisce il colonnebo Ugo Luca, formalmente «addetto commerciale» all'ambasciata di Ankara, in realtà regista debe trame del Sìm in Medio Oriente. L'ufficiale respìngerà ogni sospetto e finirà, rientrato in Itaba, dove ha cobaborato con la Resistenza, col diventare b responsabbe dei corpi speciali per la repressione del banditismo in Siciba. E' luì b regista dell'elìmmazione del bandito Giuliano attraverso b suo luogotenente, Gaspare Piscìotta, assoldato precedentemente. Il colonnebo Luca, smessa la divìsa, diventerà sindaco democristiano neba città di Feltra. Lia Schiavi dormirà per sempre in quel di Tabriz. E, deba sua vicenda nessuno, a quanto pare, prima d'ora si è più occupato. Neppure per rammentare b suo stretto legame con quel Movimento Libera Itaba che a Londra, supportato dai laburisti e coordinato da Umberto Calosso, da Ruggero Orlando e da Paolo e Pietro Treves, sì era battuto contro la dittatura. Queba di Lia Schiavi è forse una debe figure più nitide e cristallìne che s'affobano nel libro di Franzinelb. Altre ancora, altrettanto forti o tragiche, l'affiancano. E, attorno, altre storie di povere, miserabìb vite - decine che terminano la carriera spionistica davanti al plotone di esecuzione di Forte Bravetta. Emendo poi in fosse senza nome, per cancellare - di esse ogni possibbe ricordo. gboatti@venus.it La coraggiosa e sfortunata vicenda di Lia Schiavi, giornalista piemontese, ebrea, assassinata da una banda di curdi per ordine dei servizi segreti fascisti: è solo una delle numerose storie raccontate nell'ultimo, denso libro di Franzinelli Mimmo Franzinelli Guerra di spie. I servizi segreti fascisti, nazisti e alleati, 1939-1943 Mondadori, pp. 303, G18 J. Langendorf Una sfida nel Kurdistan/We/p/)/; pp. 129. G6.20 Peter Hopkirk II grande gioco Ac/e/p/i/, pp. 624, G32