«Cacciamo ì francesi dalla Costa d'Avorio» di Cesare Martinetti

«Cacciamo ì francesi dalla Costa d'Avorio» DA PARIGI ARRIVANO I RINFORZI, L'ONU TEME UN BAGNO DI SANGUE «Cacciamo ì francesi dalla Costa d'Avorio» biotte di saccheggi, il presidente lancia annunci di guerra Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Le immagini della notte di Abidjan sembravano quelle di Baghdad, con i traccianti che squarciavano il buio e sullo sfondo l'eco dei colpi secchi delle mitragliatrici. Ma questa volta a sparare erano i francesi, dagli elicotteri, dai quali combattevano contro le bande manovrate dal governo di Laurent Gbagbo. Intorno all'aeroporto e nei quartieri più ricchi deÙa capitale, dove le case dei francesi sono state assaltate, saccheggiate e distrutte. L'ordine non regna in Costa d'Avorio. Chirac ha mosso ieri altri 400 uomini della fanteria della Marina. Ieri sera sembrava che stessero per essere mobilitati i paracadutisti della Legione straniera di stanza in Corsica. Cinquantanni dopo l'inizio della guerra d'Algeria, Parigi si ritrova confrontata ai suoi fantasmi coloniah. Questa della Costa d'Avorio è una vera trappola per Jacques Chirac, nella sostanza e nel simbolo. Il presidente ivoriano Laurent Gbagbo è un interlocutore indigeribile per il capo dell'Eliseo: è riuscito a costruire uno scenario di guerra coloniale che a questo punto della storia forse i francesi non meritano più. Ma il copione ivoriano è questo: «A ciascuno il suo francese»; come ha detto l'altro ieri alla folla uno dei capi della piazza. Lo slogan s'è concretizzato ieri e l'altro ieri, dopo l'attacco compiuto dall'aviazione di Gbagbo contro il campo di Bouaké, nel centro del paese, dove i soldati francesi (in missione Onu) fanno da forza di interposizione tra il sud, dove regna Gbagbo, legittimo presidente, e il nord in mano ai ribelh. Nell'attacco sono stati uccisi nove francesi (più un operatore umanitario americano) e ventitré feriti. La rappresaglia ordinata da Chirac è stata chirurgica: distrutti i due Sukhoi che avevano bombardato Bouaké, e distrutti anche sei elicotteri dell'esercito ivoriano nella base di Yamussukro. L'atto di guerra che Gbagbo voleva e che i suoi uomini ora stanno capovolgendo nei tempi e nelle responsabihtà sostenendo che sarebbero stati uccisi una trentina di'civili disarmati. Il presidente del parlamento Mamadu Culibaly, ha accusato i francesi per incidente e promessoloro un Vietnam: «Abbiamo cominciato una guerra lunga, quello che è successo segna un punto di rottu- ra». Il capo del partito del presidente Gbagboi Pascal Nguessan, ha chiesto la partenza di tutte le truppe francesi in Costa d'Avorio -invitato i cittadini a «scendere per strada, impedire la circolazione di ogni mezzo straniero fino alla vittoria finale e cioè la liberazione e la riunificazione del paese». Ma «e i governativi accusano i francesi di aver istigato la divisione della Costa d'Avorio sponsorizzando gli-accordi «di Marcoussis» firmati nel gennaio 2003 dallo stesso Gbagbo, ma poi mai rispettati, anche i «ribelli» padroni del nord non sono meno teneri con Parigi. Perchè, dicono, non hanno svolto il ruolo di interposizione chiesto dall'Onu, ma lasciato tranquillamente che l'aviazione di Gbagbo (con un crescendo sigillato sabato dall'attacco a Bouaké) violasse la spartizione decisa a Mar¬ coussis con continue incursioni aeree. I francesi sono dunque riusciti a finire nella sgradevole situazione di avere tutti contro. Riunito d'urgenza il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha naturalmente condannato l'attacco contro le truppe francesi e autorizzato i caschi blu presenti in Costa d'Avorio (sei mila uomini, quasi tutti provenienti da altri paesi africani) e i quattro mila francesi del dispositivo «Licome» ad usare tutti i mezzi rispondere agli attacchi. In altre parole, tutte le condizioni sono riunite perché si arrivi al peggio. La paura che la situazione degeneri è forte. Ieri sia Javier Solana, alto rappresentante Uè per la politica estera, sia il ministro degli Esteri olandese Plot (presidente di turno a Bruxelles) hanno chiamato Gbagbo per intimargh di arrestare la spirale di violenza. E lui naturalmente ha detto,di sì. Ma nella capitale i tredicimila cittadini francesi si apprestavano ieri sera a passare un'altra notte di paura. Molti hanno avuto le abitazioni distrutte e si sono raccolti in luoghi comuni più difesi, come sedi di aziende. Sabato sera sono stati incendiati anche il liceo e le scuole francesi della capitale. Da Parigi si tenta di inviare messaggi rassicuranti. Il ministro degli Esteri Michel Barnier ha ripetuto che la Francia è presente ad Abidjan «non per destabilizzare o occupare il paese, ma per difendere la costituzione e lo stato di diritto». L'ha detto anche il primo ministro Jean-Pierre Raffarin in visita alla caserma di Poitiere della fanteria cui appartenevano i nove militari che domani rientreranno in patria in una bara. E sarà un momento difficile. Anche i ribelli che controllano le regioni del Nord accusano Chirac di aver ignorato le violazioni della tregua Il ministro degli Esteri Barnier: «Difendiamo lo stato di diritto» La scheda CostaSfSvofio Zoria controllata dal movimento dei ribelli "Fon» Nuove' Zona cuscinetto presidiata dai Caschi blu dell'Onu , Zona controllata dalle truppe governative BURKINA /v paso r B. 4. I Caschi blu delle Nazioni Unite presenti in Costa d'Avorio (Operazione Minud dal maggio 2003, poi Onucl dall'aprile 2004) I militari francesi inviati su mandato dell'Onu nel settembre 2002 (Operazione Licerne) I RINFORZI DECISI DAL MINISTERO DELLA DIFESA FRANCESE i 600 Soldati i 60 Uomini della gendarmeria Il colonnello Mangou, capo di stato maggiore ivoriano, parla alle truppe fedeli al presidente