Cacao e grandeur: l'Africa amara di Chirac

Cacao e grandeur: l'Africa amara di Chirac PARIGI HA SEMPRE CONTROLLATO L'ECONOMIA DEL PAESE, ORA SI AFFACCIANO NUOVI PRETENDENTI Cacao e grandeur: l'Africa amara di Chirac Da cartolina della francofonia agli orrori del tribalismo e degli affari sporchi retroscena Domenico Quìrico IN queste ore a Parigi lo rimpiangono: (de vieux», il vecchio, Houphouet-Boigny, satrapo e patriarca, padre dell'indipendenza ivoriana e nello stesso tempo amministratore per conto della Republique. Quelli erano uomini: la Francia l'avevano cucita addosso, non aveva mai ammainato bandiera nelle loro coscienze, un sorriso di Parigi li inteneriva più di un plebiscito popolare, sapevano coniugare gli affari propri con quelli della ex capitale. Con reciproca soddisfazione. Erano disposti a perdonargli perfino quella replica di San Pietro fatta costruire nella foresta nativa, una bestemmia architettonica che ha stupito perfino il Papa. La Costa d'Avorio era lo spot dell'Africa francofona: operosa, tranquilla, ordinata, la prova che, ammainato il colonialismo vecchio stile, si continuava a vegliare sui destini dell'impero. I francesi erano ventimila e maneggiavano tutto quello che aveva valore: il cacao e il caffè, per esempio, che sono il petrolio di questo paese, su un terzo degli investimenti stranieri e il trenta per cento del prodotto intemo lordo garriva il tricolore. Ogni ministero ivoriano aveva un consigliere francese che vegliava; i grandi gruppi industriali parigini erano abituati a veder finnati al ritmo della marsigliese i contratti senza la fastidiosa presenza di con- correnti di altri paesi. Per le banche poi era il paradiso: Bnp, Credit lyonnnaise Sodetè general, una cuccagna, un monopolio neppur tanto travestito. Ora tutto questo miracolo è in frantumi: un paese diviso a metà, il Nord controllato da brigate babiloniche dagli incerti contorni ideologici, probabilmente lanzichenecchi dei nuovi eserciti africani rodati dall'ideologia del saccheggio più che dalla affezione alla libertà; il Sud nelle mani di un presidente che da fedelissimo è diventato un anticolonialista che sembra uscito dai libri di Fanon. Le bandiere francesi vengono bruciate in strada, i residenti sono costretti a vivere barricati in casa, la Legione invece che amministare l'ordine deve pensare a salvare la pelle. Dietro il palcoscenico di questo sconquasso burattinai misteriosi, grandi compagnie economiche americane per esempio, che vogliono rubare alla Francia dopo il Congo e il Ruanda un'altra scaglia della sua Africa. Dovrà molto impegnarsi Chirac per giustificare gli errori commessi a ripetizione nella «guerra del cacao». A Parigi hanno scoperto con an¬ goscia che i tempi in cui bastava spedire un reggimento di mastini della legione sono finiti e che l'Africa è diventata più complicata. Cerchiamo le chiavi di tanti segreti e l'alfabeto di tanti misteri partendo dai protagonisti. Il presidente, Laurent Gbagbo, è un socialista (all'africana), vanta unabiografia impreziosita da un pizzico di galera e da un esilio a Pangi, prima di conquistare il Palazzo con il consenso francese, n suo problema era quello comune a tutti g i autocrati africani; di conservarlo il potere. L'alternanza per molti resta una bestemmia. La retorica dei tempi nuovi impone di passare attraverso il calvario della democrazia e delle elezioni. Un azzardo, soprattutto in tempi in cui i prezzi del caffè e del cacao sono crollati e il miracolo economico si accuccia nel libro dei sogni. Gbagbo ha fatto ricorso ai vecchi, consolidati metodi: si è liberato del concorrente più pericoloso, Ouattara, escludendolo dalle elezioni con l'accusa di essere un immigrato non in regola con la nazionalità. La rassegnazione evangelica però è merce del passato. Le tribù del Nord che si considerano sfruttate dalla capitale e dai «sudisti» non aspettavano altro per lucidare ruggini secolari e tirar fuori i mitra. In Costa d'Avorio a complicare il quadro c'è anche una terza componente etnica: il ventisei per cento della popolazione infatti è originaria dei paesi vicini, Burkina faso, Mali e Ghana, sono braccianti ferocemente maltrattati dalla miseria che lavoravano nelle piantagioni e che Houphouet ha coccolato concedendo con larghezza la cittadinanza. Le genti del Sud li guardano con sospetto e senso di superiorità, li hanno sempre usati come gregge elettorale, ma ne hanno sottovalutato il risentimento. Il secondo errore, il più grave, il presidente lo ha commesso quando stabilì che la tutela francese era troppo ingombrante per le sue ambizioni. Decise così di commettere il peccato più imperdonabile: nonrispettare il tacito accordo secondo cui l'economia deve gonfiare sole le borse francesi. Nel 2002 imprese americane come la Cargil e la ADM entrano nel settore del cacao; statunitensi e cinesi furono ammessi ad appalti per importanti infrastrutture e cominciò a traballare il monopolio francese nei settori dell'elettricità e dell'acqua. Il 20 settembre del 2002 con imbarazzante tempismo sulle cadenze di questa decolonizzazione tardiva, una rivolta di misteriosi ribelli nordisti eliminò alcuni uomini forti del presidente e si impadronì delle provinde settentrionali. Difficile credere che i servizi francesi ignorassero le manovre dei golpisti. Quando il presidente si è trovato con l'acqua alla gola, disperato, Parigi ha inviato le truppe naturalmente «per difendere i connazionali e salvare la pace». Gbabo, mugugnando, ha dovuto firmare gli accordi: che gli imponevano di riconoscere i ribelli come controparte e di far posto ai rappresentanti del Nord nel govemo. Era in terra in frantumi. Chirac pensava di aver riparato il pasticdo ivoriano con poco danno, manovrando i contendenti l'uno contro l'altro. Ha sottovalutato il presidente, gran marabutto di intrighi, che nell'esilio deve aver letto Talleyrand. In questi due anni di finta tregua ha rafforzato l'eserdto utilizzando i milioni del cacao per comprare aerei e elicotteri ai mercati duty free dell'Est, proprio quelli con cui ha bombardato i soldati francesi. Nelle caserme di Abijan sono comparsi soldati particolari, mercenari sudafricani, russi, uomini perduti che hanno combattuto a fianco di Denars. E poi ha pigiato il pedale della xenofobia, formando milizie tratte dalle galere e dai quartieri più disperati: è l'addo corrosivo con cui ha sdolto la finzione della tregua. Orchestrati dal presidente e dalla sua infaticabile compagna, Simone che dirige la lotta di un milione di ragazze «pronte a morire per Gbagbo», sono i patrioti che affollano le ((spontanee» manifestazioni dove tra un saccheggio e l'altro si invoca l'arrivo di Bush per cacdare i «colonialisti francesi». Che smacco per Chirac (d'antiamericano»! Il Presidente è un ex fedelissimo che ha commésso lo sgarbo di aprire agli americani L'Eliseo ordina di abbattere gli aggressori e spedire altri Mirage Nella capitale saccheggi di edifici e beni francesi ZONA CONTROLLATA; DAL MOVIMENTO PEI RIBELLI «FORZE NUOVE» GUINEA \ Raid aereo delle forze governative contro it campo militare francese aSouaké: morti otto soRiati francesi e un civile americano (23 feriti) K'orhogo con JRKIWA .dalleforzi Interposizione ì francai LIBERIA Scontri tra truppe francesi e soldati ivoriani intomo all'aeroporto di Abidjan, la capitale economica del Paese. Un'ora di fuoco incrociato, che ha paralizzato aeroporto e traffico aereo ila In Costa d'Avorio sono presenti 6 mila Caschi Blu \\ a La Francia ha inviato in Costa d'Avorio nel settembre 2002 un contingente di 4000 soldati: Z V:;v; ::;:ò^:::l;;;;:-;.:.Vl:V.:::;:.. Oceano Atlantico I disordini antifrancesi nella capitale ivoriana