Sul leader palestinese ancora misteri e attesa di Cesare Martinetti

Sul leader palestinese ancora misteri e attesa PER I RAPPRESENTANTI DELL'ANP NON E' IN COMA. «CONDIZIONI STABILI» PER L'OSPEDALE, MA NESSUNO DICE CHE MALE LO HACOLPITO Sul leader palestinese ancora misteri e attesa E' nelle mani della moglie Suha la decisione di «staccare la spina» Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Le condizioni del presidente Arafat sono «stabili», dice il solito generale Estripeau sull' ingresso dell'ospedale Percy di Clamart. Ma quali sono le «condizioni» del presidente Arafat? Vivo, morto, quasi morto? In coma irreversibile o in coma reversibile? Vai a sapere. Anche Jacques Chirac, l'ultimo - e l'unico - capo di Stato ad aver incontrato il presidente dell'Autorità palestinese da quando è arrivato a Parigi, s'è nascosto dietro il segreto medico quando a Bruxelles, al Consiglio europeo, gli hanno chiesto di Arafat: «Gli ho stretto la mano... Ci sono dei bravissimi medici che fanno di tutto per curarlo». La danza surreale che si svolge intomo alla kefìah del vecchio leader palestinese non ha aggiunto ieri un solo particolare credibile. L'unica fonte ufficiale è questo generale Christian Estripeau, portavoce dei servizi medici dell'Esercito francese, dislocato per l'occasione all'ospedale Percy. Centinaia di giornalisti di tutto il mondo trascorrono la giornata davanti all'ingresso dell'ospedale in attesa che intomo alle 18 di sera il generale esca per leggere loro il mitico «bulletin de sante». Giovedì, al termine di una giornata folle, in cui persino Bush ha rivolto una preghiera per l'anima di Arafat, Estripeau ha detto che «il Presidente non è deceduto». Ieri sera ancora più laconico ha detto che il Presidente «non s'è aggravato». Tutto ciò mentre la France Presse, la più grande agenzia di stampa francese, citando «fonti mediche» non meglio precisate (ma facilmente riconducibili al ministero della Difesa, dunque al governo) da almeno quarantott'ore fornisce notizie molto più dettagliate secondo cui Arafat è da giovedì pomeriggio in coma di «stadio IV», il più grave, come si diceva una volta «dépassé», e cioè irreversibile. In altre parole Yasser Arafat è morto «cerebralmente», ma le funzioni vitali continuano, non si sa quanto spontaneamente. Le voci dicono che ormai solo le macchine seguitano a far girare la vita nel corpo del vecchio leader. Ai medici e alla moglie Suha - che per otto giorni è stata ininterrottamente accanto al marito - tocca scegliere il momento di dire basta. Una decisione stracarica di simboli e di conseguènze politiche e che proprio per questo è sospesa in un tempo indefinito. E non è l'unico mistero, perché tuttora nessuno ha detto qual è la diagnosi e cioè di che cosa è ammalato Yasser Arafat. Il sohto generale Estripeau s'è nascosto dietro la richiesta di «riservatezza» della famiglia. L'ospedale Percy è specializzato nelle malattie del sangue. S'è parlato di leucemia, ma è stata smentita, ufficialmente. S'è parlato di un avvelenamento che avrebbe provocato un'alterazione del sangue. Si dicono le cose più inverosimili. Nessuno sa niente. Sulla diagnosi nemmeno l'informatissima France Presse ha rivelato nulla. Ma la commedia non finisce qui perché intanto nel cuore di Parigi, accanto all'Opera, all'hotel Intercontinental dove alloggia la delegazione palestinese che ha accompagnato il Presidente, va in scena un'altra parte del copione. Ieri mattina, per esempio, Leila Shabid, delegata dell'Olp a Parigi, ha detto che il coma di Arafat non era affatto «irreversibile». Abu Rudeina, il portavoce dell'Autorità palestinese, ha precisato che Arafat «non è in coma, il suo stato di salute ci ispira abbastanza fiducia, non ha perso conoscenza, né parzialmente né totalmente e i suoi organi vitali funzionano normalmente». E più i giornalisti si mostravano increduli più la «banda» palestinese suonava la sua musica. Mahammad Dahlan, l'ex capo della sicurezza di Gaza, ora caposcorta in questa trasferta francese, s'è rivolto scherzando agli stessi giornalisti: «Avete ucciso un vecchio che non è ancora morto: non avete vergogna?» E poi aggiunto: «Vi giuro che è capace di uscire dall'ospedale e dirvi il suo motto: oh montagna, il vento non ti scuoterà!». Davanti all'ospedale la notte è cominciata con altri lumini accesi dal gruppetto di palestinesi che vegliano questa dolente e surreale agonia. In giornata sono arrivati anche due rabbini ultraortodossi, un tale Moishe Arye Frìedman da Vienna e Yisrael David Weiss da New York. Hanno portato fiorì per il Raiss morente. Sono antisionisti, credono che nel!' attesa del Messia non ci fosse bisogno di fare la guerra con i palestinesi ma si potesse continuare a vivere insieme laggiù com'è successo per tanti secoli. Tutti e due hanno abbracciato i fedeli di Arafat. Il vecchio non è ancora morto ma fa già miracoli.^ imm I rabbino ultraortodosso e antisionista Yisrael David Weiss con un mazzo di fiori per Arafat davanti all'ospedale Percy

Luoghi citati: Bruxelles, Gaza, New York, Parigi, Vienna