Sinfonie senza confini
Sinfonie senza confini Sinfonie senza confini Orchestra italiana, direttore giapponese pianista turco per un rarissimo Bernstein U! NA grande orchestra italiana, diretta da un giapponese e affiancata da un pianista turco, interpreta pagine francesi, americane e russe. Il terzo concerto della stagione Rai (Auditorium del Lingotto, giovedì 4 novembre alle 20,30 per il turno rosso; replica alle 21 del giorno successivo per il turno blu, in diretta giovedì su RadioS Suite) può anche essere letto cosi: come un messaggio scritto da una comunità di persone intelligenti, che partono da tradizioni differenti ma credono nelle stesse cose belle, eterne e universah e si oppongono in questo modo al vuoto «die sembra trionfare da ogni parte. La serata si preannuncia particolarmente interessante sia per la qualità degli interpreti direttore e solista, oltre naturalmente alla compagine strumentale, che è in continua ascesa sia per il programma, che evita con cura le secche dell'ovvietà, pur senza disdegnare una sana spettacolarità coloristica. Sul podio, si diceva, sale un eminente e ancora giovane artista nipponico, Yutaka Sado: nato a Kyoto quarantatre anni fa, Sado ha legato gli inizi della sua carriera al nome di Bemstein, e non stupisce perciò che la parte centrale del concerto torinese sia dedicata proprio al grande esecutore-compositore statuni¬ tense di cui Sado è stato allievo e assistente, e proponga una rara esecuzione di «The Age of Anxiety». Cosmopolita per vocazione, conteso da numerose orchestre di livello intemazionale, Yutaka da oltre un quarto di secolo riceve importanti riconoscimenti nei quattro angoli del mondo e si è fatto apprezzare dal pubblico e dalla critica specializzati per il gesto sicuro e il gusto infallibile. Non ha un curriculum meno prestigioso il pianista, invitato a interpretare proprio la pagina di Bernstein: Fazil Say, uno dei non moltissimi esecutori di scuola turca oggi in attività ai massimi livelli. Poco più che trentenne, cresciuto musicalmente ad Ankara, Say ha lasciato la città natale per perfezionarsi in Germania e per far esplodere un talento che fatica a stare rinchiuso in una qualsiasi delle categorie utilizzate per definire un interprete: come pianista sa essere classicissimo, ma è a suo agio anche con gli autori contemporanei; ama e pratica il jazz, tanto da avere fondato un gruppo osannato dagli specialisti, il Worl^jazz Quartet; ha cominciato a scrivere musica prestissimo, a sedici anni, e orchestre come i Berliner Symphoniker, o istituzioni come il Ministero turco della cultura si sono interessati a lui e gli hanno commissionato numerosi lavori. Ovviamente baciati dal più lusinghiero dei successi. Il concerto, dunque, parte sotto i mighori auspici: e si apre con una pagina elegante di Jacques Ibert, «Divertissement pour orchestre de chambre», nella quale si fondono la duttilità del ritmo con un raffinato e aereo senso della forma. Al primo titolo segue, come si diceva, «The Age of Anxiety», la Sinfonia - ma a tutti gli effetti si tratta di un Concerto - per pianoforte e orchestra, in cui Bemstein ha riversato i drammatici contenuti dell'omonimo poema di Wystan Hugh Auden; mentre la conclusione è affidata al luminescente e mistico «Divin poème» di Alexander Scriabin, perfettamente in equilibrio tra allucinazione ed ebbrezza sonora, inesausta ricerca spirituale e geniali intuizioni estetiche. [a.fe.J I giovane pianista turco Fazil Say, impegnato in «The Age of Anxiety» di Bemstein. Sotto, Yutaka Sado
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