Io? Un robot senza pensieri

Io? Un robot senza pensieri PRIME CINEMA IL NUOVO FILM DI FANTASCIENZA INTERPRETATO DA WILL SMITH: GRANDI EFFETTI SPECIALI, POCHE EMOZIONI Io? Un robot senza pensieri Come cambiano gli automi nel lontano 2035 Lietta Tomabuoni DOPO una cosi lunga assenza tornano i robot, ma quanto sono cambiati: in «Io, robot» di Alex Proyas non sono più goffi irresistibili cilindri metallici come Robby del «Pianeta proibito», né creature massicce e corazzate come il cyborg di «Robocop», né androidi racchiusi in involucro umano come «Terminator». Sono esseri snelli come un ragazzo o una ragazza, con la vita sottile, le spalle larghe, le gambe asciutte e la faccia ovale pallida, antropomorfi eppure tecnologici, sono svelti e leggeri, veloci e pericolosi come campioni di kickboxing. A Chicago, nel 2035, si muovono per strada robot con le borse della spesa, robot fattorini, robot passeggiatori di cani, robot spazzini, robot adibiti insomma alle stesse mansioni affidate nel 2004 agli extracomunitari, e come loro integrati alla società: quando sul selciato si schiaccia u corpo di uno scienziato, suicida oppure ucciso gettandolo dalla finestra, c'è pure il robot sospettato di omicidio. Naturalmente, secondo le leggi della robotica dettate dal pa¬ dre letterario Isaac Asimov (il nome fu invece coniato dallo scrittore Karel Capek a partire dal vocabolo cecoslovacco «robota», che significa «lavoro forzato»), un robot non può fare del male a un essere umano: ma il poliziotto nero Will Smith, che per motivi personali odia i robot e ogni modernità in genere, non ci crede e continua le indagini. All'inizio della storia, negli Stati Uniti si conta 1 robot ogni 5 esseri umani, e la Us Robotics, mettendo sul mercato una nuova generazione di uomini-macchina capaci di fare tutto, sta per diventare la società più potente della Terra. In quel momento perde la vita lo scienziato che ipotizzava da parte dei nuovi robot una richiesta di libera scelta, di iniziativa personale, di creatività che, se contrastata, poteva diventare una forma di rivolta, una ribellione molto rischiosa per gli uomini: scenario troppo dannoso per l'industria costruttrice, proprio perché perfettamente ragionevole. Durante le indagini, infatti, i robot si rivoltano, occupano gli uffici aziendali e la sede della polizia, assaltano in un tunnel l'automo¬ bile di Will Smith: ma lui è più ferreo del ferro, a sua volta è in parte un robot, reagisce, si salva, domina la ribellione. Isaac Asimov, continuamente evocato dalla pubblicità del film, non c'entra davvero, e neppure c'entrano i suoi racconti scritti fra 111941 e U 1950 riuniti nella raccolta «Io, robot» (editore Mondadori): se ne ritrovano appena minimi dettagli, un mezzo personaggio secondario alterato, ima sfumatura. In realtà il film si rifa a un soggetto di dieci anni fa, «Hardwired», scritto dallo sceneggiatore Jeff Vintar, storia di un omicidio forse commesso da un robot. Naturalmente neppure il coprotagonista, il sospettato Sonny, è un robot: si tratta invece di un personaggio digitale, dell'attore Alan Tudyk del qualke vengono utilizzati gli occhi eloquenti e l'espressione, poi manipolati. Gli effetti visivi e la computer grafica sono alla base della moltiplicazione dei robot (un vero esercito), delle grandi scene d'azione battagliere, della velocità nella corsa del poliziotto. Risulta un poco illogico, e anche sleale, che i robot possano venir eliminati a colpi d'arma da fuoco: così finisce che a vincere sono sempre i superarmati, il che non è certo una novità. Costellato di marche famose e di pubblicità neppure troppo occulta, il film manca di quel!' aspirazione e consistenza filosofiche che hanno sempre caratterizzato il più bel cinema di fantascienza, manca di pensieri, sentimenti e emozioni; a parte la solita pulsione antindustriale e la possibile metafora robot^^uomini del Terzo Mondo. Manca persino di stile, e sì che il regista australiano Alex Proyas ne «Il corvo» e «Dark City» aveva mostrato di possederne: ma sparatorie, scontri, roghi, inseguimenti, corse sono spesso divertenti. IO, ROBOT Di Alex Proyas Con Will Smith, Alan Tudyk Fantascienza. Usa,2004. TORINO, Ambrosio, Massaua, Fratelli Marx, Lux, Medusa, Pache, Warner. MILANO, Manzoni, Odeon, Splendor. ROMA, Adriano, Ambassade, Antares, Atlantic, Broadway, Cineland, Europa, Galaxy, Gregory, Lux, Odeon, Sala Traisi, Trianon, Tristar, Uci, Warner (v. o.), Warner Village Isaac Asimov, continuamente evocato dalla pubblicità del film, non c'entra e neppure c'entrano i suoi racconti scritti fra il'41 e il'50 La pellicola del regista australiano Proyas si rifa a una storia immaginata 10 anni fa un omicidio commesso da un essere artificiale Una scena del film di fantascienza «lo, robot» che ha come protagonista WIII Smith

Luoghi citati: Chicago, Europa, Milano, Roma, Stati Uniti, Torino