Il procuratore generale «Andreotti non è mafioso» di Guido Ruotolo

Il procuratore generale «Andreotti non è mafioso» IN CASSAZIONE CHIESTO IL RIGETTO DEL RICORSO DEI RM DI PALERMO Il procuratore generale «Andreotti non è mafioso» Guido Ruotolo ROMA Non era presente in aula, ma dopo una relazione «minuziosa» di imo dei suoi difensori, l'avvocato Giuba Bongiomo, il senatore Giulio Andrèotti ha apprezzato «l'onestà intellettuale» del sostituto procuratore generale, Saverio lacoviello, che, trattando i ricorsi della Procura generale di Palermo e della difesa dell'imputato davanti ai giudici della seconda sezione penale della Cassazione, pur chiedendo alla fine il rigetto dei ricorsi aveva rivisitato criticamente l'impianto delle motivazioni dell'Appello di Palermo. Insomma, aveva rimesso in discussione quell'assoluzione per prescrizione del reato di associazione mafiosa, che comunque confermava i rapporti di Andrèotti con Cosa nostra fino al 1980. Dopo undici anni di processi, due milioni di pagine di atti, mille e cinquecento di motivazione della sentenza, a Giulio Andrèotti va riconosciuta «l'innocenza piena». La richiesta del professore Franco Coppi, difensore dell'imputato, al termine della sua arringa è netta: la seconda sezione penale della Cassazione dovrà «annullare la sentenza senza rinvio, con la formula perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché non costituisce reato». I giudici di legittimità, «per l'importanza delle questioni da decidere», hanno rinviato a stamani «la deliberazione della sentenza». Due ore di frecciate al vetriolo - «è una perfida sentenza», «un'opera fantasiosa neppure molto pregevole» -, quelle di Coppi, per smontare le motivazioni dell'Appello che convincono solo in parte il sostituto procuratore generale lacoviello: se il pilastro dell'accusa è rappresentato dai due incontri di Andrèotti con il boss Stefano Boutade, nell'estate del 1979 e nella primavera del 1980 - oggetto: prima il comportamento del presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella, poi la sua esecuzione - secondo lacoviello questi episodi sono stati mal valutati dai giudici dell'Appello. Scaramanticamente, al termine dell'udienza, l'avvocato Giulia Bongiomo, conversando con i giornalisti, si è augurata che con oggi si chiuda definitivamente il processo Andrèotti. Ma né l'avvocato Bongiomo né il professore Coppi hanno voluto nascondere il loro disappunto, la loro «sorpresa» per le conclusioni a cui era giunto il sostituto procuratore generale lacoviello: «Abbiamo apprezzato il discorso del procuratore quasi al 900Zo - hanno spiegato i due legali - ma poi, nelle conclusioni, ha ritenuto di dover chiedere il rigetto del nostro ricorso, come quello della Procura generale di Palermo, sostenendo che le dichiarazioni di Francesco Marino Mannoia erano state riscontrate, soprattutto dai rapporti, mai riconosciuti dal Presidente Andrèotti, tra l'imputato e i cugini Salvo». Aggiunge l'avvocato Bongiomo: «Non ho capito il procuratore lacoviello quando ha parlato dei misteri di Andrèotti che tali resteranno e nello stesso tempo ha chiesto ai giudici di migliorare la sentenza nella parte in cui le motivazioni del'Appello confermano quegli in¬ contri tra il presidente Andrèotti e Stefano Boutade». Naturalmente, nella sede della valutazione della legittimità degli atti, delle sentenze, la Cassazione, non si discute dei fatti contestati all'imputato - i giudici della seconda sezione penale hanno più volte sottolineato di aver studiato gli atti dal maggio scorso - ma solo della loro coerenza e legittimità. E ieri si è tenuto conto, negli interventi, anche delle ultime decisioni delle sezioni unite della Cassazione - processi Carnevale e Pecorelli - che fanno giurisprudenza. E, dunque, si è discusso dell'«utilizzabilità» delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia - smontando quelle de relato di Angelo Siino sul presunto incontro del luglio 1979 tra Andrèotti e Boutade, in una tenuta di caccia in provincia di Catania - e della «disponibilità» dell'imputato a favorire l'associazione mafiosa che, in assenza di un riscontro sulla sua «condotta», non è di per sé una prova di partecipazione all'associazione stessa. Il senatore avita Giulio Andrèotti

Persone citate: Andreotti, Angelo Siino, Coppi, Di Palermo, Francesco Marino Mannoia, Franco Coppi, Giulia Bongiomo, Giulio Andrèotti, Pecorelli, Piersanti Mattarella

Luoghi citati: Catania, Palermo, Roma, Sicilia