La Rai e il cinema italiano
La Rai e il cinema italiano La Rai e il cinema italiano L9 ANNO del cinquantesimo anniversario della televisione italiana sta per concludersi, ma il bello delle celebrazioni deve ancora venire, Torino, che ha dato i natali alla radio e concorso alla messa in onda delle prime immagini teletrasmesse - il 3 gennaio 1954 non poteva accontentarsi di qualche brindisi di circostanza. Così ha messo insieme un ricco pacchetto di iniziative che dall'8 ottobre fino ai primi di gennaio dell'anno prossimo inviteranno ad un viaggio affascinante nella storia del mezzo che ha rivoluzionato la nostra vita. Si comincia con una retrospettiva di dimensioni inconsuete. S'intitola «Cavalcarono insieme» e propone cinquant'anni in cinquanta film. Troppi? Al contrario, se si pensa che nel corso della sua attività rivolta al cinema la Rai ha finanziato più di 800 titoli. Numeri che ne fanno il produttore più importante e di peso della storia del cinema italiano, quello senza il quale c'è da dubitare che la nostra cinematografia avrebbe superato la Grande Crisi esplosa negli Anni '70, Perii cinema italiano, la Rai ha fatto (quasi) tutto. Ha firmato l'esordio di generazioni intere di nuovi registi, da Gianni Amelio a Liliana Cavani, da Giuseppe Bertolucci a Peter Del Monte, da Maurizio Ponzi a Gianni Amico, da Paolo Benvenuti a Luigi Faccini, Ha finanziato le più importanti opere di autori senza i quali il cinema italiano semplicemente non esisterebbe: Ermanno Olmi, i fratelli Taviani, Federico Fellini, Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Marco Tullio Giordana, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Piccioni, Pupi Avati, Michele Placido, Cristina Comencini e tantissimi altri. Ha sostenuto produttori e distributori indipendenti, coproducendo e preacquistando film che altrimenti non avrebbero mai visto la luce né sarebbero mai arrivati nelle nostre sale. Ha vinto premi importanti nei maggiori festival intemazionali, contribuendo a tenere alto il profilo di una cinematografia che non di rado ha mostrato di avere il fiato corto. Non tutto è positivo nella storia di un rapporto cinema-tv che tuttavia si tende ancora (ingiustamente) a sottovalutare. Si può, anzi si deve denunciare il fatto che la televisione il cinema lo ha profondamente influenzato, modificato, censurato, condizionato, in qualche caso persino snaturato. Ma non si può non riconoscere che lo ha salvato, inaspettatamente e insospettabilmente (proprio lei, che agli inizi fu accusata di essere la principale causa della crisi delle sale) da ima perdita progressiva e inarrestabile di spettatori, dal crescente cono d'ombra proiettato sul cinema da altri media e, soprattutto, da una assenza di risorse finanziarie e di capacità imprenditoriali che avrebbero finito col piegarlo forse definitivamente. La retrospettiva al Cinema Massimo (dall'B ottobre al 31 dicembre) ripercorre i passi salienti di questo percorso in comune. Dal film d'esordio della sua politica produttiva («Francesco d'Assisi» di Liliana Cavani, 1967), alla feconda e irripetibile stagione degli «sperimentali TV», ai grandi film d'autore sostenuti da un produttore illuminato come Paolo Valmarana, che continuò a influenzare le scelte Rai anche dopo la sua prematura scomparsa. Per giungere, in anni recenti, alla definitiva conversione della televisione in un soggetto produttivo e distributivo destinato a misurarsi direttamente con il mercato cinematografico su scala nazionale e intemazionale, con la creazione di Rai Cinema e di 01 Distribuzione. Per chi intende approfondire l'argomento, c'è anche un libro-catalogo, edito da Electa e curato dal sottoscritto, con saggi di Piera Detassis, Sergio Germani, Marco Giusti, Paolo Mereghetti, Lorenzo Pellizzari, molte testimonianze e una filmografia completa. Alberto Barbera
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