La vera sfida per la Nato incomincerà dopo il voto di Emanuele Novazio

La vera sfida per la Nato incomincerà dopo il voto CON MILLE MILITARI GLI ITALIANI SONO LATERZA FORZA DELL'«ISAF» La vera sfida per la Nato incomincerà dopo il voto analisi Emanuele Novazio ROMA CI sono anche gli alpini, nelle strade di Kabul. Da un mese, gli uomini del battaglione Susa di Pinerolo, insieme ai coheghi della Brigata Folgore di Livorno e del battaglione Monte Cervino di Bolzano, sono impegnati nell'Operazione Sparviero: i 500 militari della task force Cobra - un battaglione di riserva operativo inviato nella capitale afghana per aumentarne la sicurezza nel periodo pre e post-elettorale - si aggiungono ai 500 uomini già presenti di Italfor Kabul 8 per un'attività di «deterrenza, esplorazione degh itinerari che collegano i seggi ai luoghi di scrutinio, supporto generale per la mobilità e la protezione delle forze Nato». Con 1000 militari a Kabul, l'Italia è in questo momento il terzo contributore dell'Isaf, la «Forza di stabiUzzazione intemazionale» voluta dall'Onu nel dicembre del 2001 dopo la disfatta del regime talebano, e della quale la Nato ha assunto il comando nell'agosto 2003. Lo sforzo italiano in Afghanistan è notevole considerata la nostra esposizione in altre zone calde del globo, dai Balcani all'Iraq, per un totale di quasi 10 mila militari. Ma il fragile equilibrio al quale è costretto il nostro Paese - stretto fra la necessità di aumentare il contributo alla sicurezza afghana e le difficoltà obiettive di reperire uomini e mezzi, considerato l'attuale bilancio della Difesa - simboleggia uno dei limiti dell'impegno Nato in Afghanistan: quello logistico. Al vertice di Istanbul, a giugno, l'Alleanza ne rivelò un altro, politico: alla richiesta del presidente Karzai, sostenuta dall'Onu, di affiancare 5000 soldati ai 6.500 dell'Isaf già presenti, i leader dei 26 Paesi risposero autorizzandone non senza contrasti l'invio di 3.500. L'opposizione francese impedì l'impiego della nascente forza di reazione rapida: «E' nata per fronteggiare situazióni di grave crisi che.in Afghanistan non ci sono», obiettò il presidente Chirac. Oggi dunque l'Alleanza è presente in Afghanistan con 9000 militari, molti dei quah destinati però ad andarsene dopo le elezioni: anche l'operazione Sparviero è definita «contingente», ossia strettamente connessa al processo elettorale. Eppure, il Paese asiatico sarà la prova del nove della Nato: «La sua più grande sfida», come ricorda il Segretario Generale Jaap de Hoop Scheffer, anche perchè si tratta del suo primo intervento al di fuori del teatro d'azione istituzionale. Questa sfida ha qualche possibilità di successo? Nell'agosto del 2003 la Nato prese in mano la Intemazional Security Assistence Force, l'Isaf appunto, con l'obiettivo di estendere l'autorità del governo afghano al di fuori di Kabul. La cronaca degb ultimi 14 mesi dimostra che l'obiettivo non è stato raggiunto: vaste zone del Paese sono in mano ai talebani in fase di riorganizzazione, alle bande di al Qaeda anch'esse molto attive nell'economia della droga, e ai signori della guerra afghani in lotta fra di loro e contro il governo «centrale». L'espansione dell'Isaf - finalmente decisa a Istanbul dopo indecisioni, contrasti e rinvìi - si è limitata finora alle relativamente tranquille zone del Nord attraverso le cosiddette Prt, 5 «squadre di ricostmzione provinciale» composte da militari e civili. E lo svolgimento delle elezioni, che fino all'estate non era affatto scontato, ha perlomeno temporaneamente scongiurato una devastante perdita di credibilità della Nato, impegnata a dimostrare in Afghanistan ima rinnovata utilità nel dopo guerra fredda. Ma che succederà una volta chiuso il processo elettorale? II prossimo passo, nella strategia dell'Alleanza, dovrebbe essere una prudente espansione nella zona occidentale del Paese. La chiave di una «missione afghana» che la Nato non può permettersi di perdere è però probabilmente un'altra, come vertici militari e pohtici cominciano ad ammettere: la creazione di ima «missione combinata» fra Isaf e Enduring freedom, l'operazione antiterrorismo guidata dagh Stati Uniti e impegnata con 18 mila uomini nel turbolento sud est nella caccia a Bin Laden e ai covi di al Qaeda: «Sarebbe la cosa giusta fa fare», avverte il comandante supremo delle forze Nato in Europa, generale James Jones. La «riflessione pohtica» sarà formalizzata la settimana prossima al vertice dei ministri della Difesa in programma in Romania. Ma a Bruxelles, ieri, una fonte Nato invitava alla prudenza: «L'integrazione sinergica fra le due missioni per ora rimane soltanto un obiettivo». Ancora troppe le riserve politiche e le difficoltà logistiche. Finite le presidenziali i 3500 uomini di rinforzo mandati dall'Alleanza dovranno tornare a casa. C'è il rischio che i soldati che rimarranno non possano bastare per pacificare le zone fuori controllo del paese

Persone citate: Bin Laden, Chirac, Hoop Scheffer, James Jones, Karzai