Al potere aiutato da Bush e dal destino di Mimmo Candito

Al potere aiutato da Bush e dal destino IL PRESIDENTE HAMID KARZAI PUD' DIRSI FIN D'ORA IL VINCITORE Al potere aiutato da Bush e dal destino Abilissimo mediatore, ha preso il posto del cugino Abdul Haq, ucciso dai taleban personaggio Mimmo Candito IN un tempo nel quale l'apparenza è sempre più l'unica realtà percettiva, dire di Karzai che è l'uomo politico più elegante del pianeta sembra essere una definizione sufficiente (o comunque ampiamente orientativa) a giudicarne il valore e la qualità della leadership. Tv e giornali ne accompagnano con quest'etichetta la gestione del potere, e il suo berretto di astrakan e la mantella poggiata con negligenza sulle spalle si fanno garanzia dì una saggezza di comando che pare trovare nell'estetica ì canoni preziosi del buon governo. Certo, se penso ai mujahiddin che - la barba incolta, ì piedi nudi calzati da sandali di gomma e affondati con indifferenza nella neve - accompagnavano i giornalisti che raccontavano la guerra contro i sovietici sulle montagne del Waziristan o dell'Hindukush, lui e quei suoi connazionali sembrano due mondi inconciliabili, due universi che nulla hanno in comune. Ma Karzai è sicuramente figlio della sua terra e delle profonde contraddizióni che questa terra incorpora, con le aspre divisioni tra etnìe e tribù, con l'egemonìa dì clan familiari che controllano da sempre il potere reale, con un paese spaccato tra aree montagnose dove l'analfabetismo supera il 98 per cento e però la mafia dei trasporti, la droga, e ì traffici con il Pakistan, consentono la formazione di ricchezze e di stili dì vita che poco hanno da invidiare agli sceìccati del Golfo. Karzai viene da quest'area dì privilegio, discendente del potente clan dei Popal Zai che dominano la regione di Kandahar, comandante dei mujahiddin nella regione del Sud- Ovest durante l'occupazione sovietica (la leggenda dice di luì che riuscì a convincere l'Armata Rossa ad abbandonare Kandahar senza combattere), e poi nell'interregno che precede i taleban con frequenti, calorosi, e apprezzati, viaggi a Washington. Insomma, che Karzai sia un «americano», com'è un «americano» Allawi, e come sono «americani)) larga parte degh uomini del governo dì Baghdad, è una realtà pohtica della quale bisogna tener conto quando si analizza il «nation building) dì questi due paesi che costituiscono oggi lo snodo fondamentale del progetto di «esportazione della democrazìa su cui Bush fonda la credibilità della pohtica della sicurezza nazionale. In realtà, la storia pubblica dì Karzai è il risultato della felice combinazione di, certamente, una rigorosa selezione pohtica e però anche dì circostanze incontrollabili. Lui deve comunque il suo ruolo dì oggi a una tragica sostituzione di persona, sostituzione della quale è protagonista incolpevole quanto fortunato: al suo posto dì presidente, infatti, oggi dovrebbe esserci suo cugino, il comandante Abdul Haq, il più coraggioso, spregiudicato, e popolare, dei capi della lotta dei mujahiddin contro i sovietici. Abdul Haq era l'uomo che l'America aveva scelto per la guida dell'Afghanistan una volta che ì taleban fossero stati sconfitti: il suo prestigio personale e l'alta caratura della sua tribù neD'etnìa maggioritaria dei Pashtun, gh garantivano il consenso popolare che avrebbe dovuto accomp agnare la nascita della nuova repubblica; e la «stretta amicizia» che luì sempre manifestava verso gh Usa (è stato considerato sempre a libro paga della Cia, come lo stesso Karzai) lo confermavano come una pedina sicura per il progetto dì con- frollo geostrategico di questa vitale area nel cuore dell'Asia, gomito a gomito con il petrolio del Golfo del Caspio e con la potenza crescente della Cina. Nell'ottobre del 2001, mentre ì B-52 bombardavano a tappeto ì taleban e le loro trincee a Nord dì Kabul, da Peshawar e da Quetta partivano due missioni clandestine, la prima guidata da Abdul Haq e l'altra guidata da Hamid Karzai. Avevano, ciascuno dei due uomini, cinque milioni di dollari e una piccola scorta dì fedelissimi: penetrati in Afghanistan, dovevano «convincere» a suon di sacchi di dollari i capi tribù Pashtun che era per loro più conveniente abbandonare i taleban al loro destino e sposare il progetto americano. Abdul Haq fu scoperto dopo un solo giorno di missione; circondato dai taleban, impossibilitato a sfuggirgli, chiese aiuto al suo contatto Cia a Peshawar. Era un sos disperato; ma in quel momento gh americani non avevano elicotteri in volo nella regione di Jalalabad, e il comandante Haq fu catturato, portato a Kabul, e impiccato il mattino dopo. Anche Karzai, a Sud, fu scoperto presto; ma il suo sos fu captato da una squadriglia di Apache che sorvolavano la zona, e il «comandante» potè essere prelevato con una rapida operazione di salvataggio. La legittima riconoscenza che Karzai non può non dimostrare verso chi gh ha salvato la vita è però uno soltanto degh aspetti che legano la sua vita pubblica alla strategia americana. Karzai ha intelligenza pohtica, duttilità, anche capacità di negoziazione, e queste doti sono un patrimonio che Washington valuta molto positivamente, poiché trasformano in operatività concreta la strategia astratta del progetto politico americano. I diciottomila soldati Usa insediati nella base di Kandahar e nell'aeroporto di Bagram sono oggi la garanzia di una «alleanza)) con il potere di Kabul destinata a durare; quello che però resta ora da valutare è quanto il risultato positivo che il voto di ieri consegna a Karzai si possa trasformare in un rafforzamento della sua capacità negoziale con i «signori della guerra» che ancora controllano l'Afghanistan fuori dai limiti urbani di Kabul. I presidente afghano Hamid Karzai