Non sparate sulla Pianista

Non sparate sulla Pianista A SORPRESA VINCE LA SCRITTRICE AUSTRIACA DI VIOLENTI ROMANZI EROTICI, IMPIETOSA NEMICA DEL PERBENISMO Non sparate sulla Pianista Bruno Ventavoli HA ringraziato molto, sorpresa, onorata, terrorizzata per il Nobel ricevuto. Ma Elfriede Jelinek ha subito detto che non andrà a Stoccolma il 10 dicembre perricevere il premio. Non ce la fa, è «malata», soffre di agorafobia e non può sopportare una cerimonia così pubblica. Ma ha anche sfoderato pinta polemica, sottolineando che 'Austria non potrà fregiarsi di questo riconoscimento come «un fiore all'occhiello» perché lei, da circa 40 anni mette a nudo le debolezze, i vizi, la violenza che cova sotto le apparenze perfette del suo Paese. E' una vecchia storia, questa, nella patria dei valzer, del Danubio blu, delle operette, dei cavallini bianchi, c'è sempre stata una tribù scomoda di artisti che ha remato contro il mito asburgico. Si chiamavano Kraus, Òdòn von Horvath, Musil, Bernhard. Elfriede Jelinek, imo dei Nobel più coraggiosi, meritati, forti, degli ultimi decenni si inserisce in questo filone. L'accademia svedese l'ha premiata per «il flusso musicale di voci e controvoci dei suoi romanzi e commedie che, con una straordinaria accuratezza linguistica, rivelano le assurdità dei clicbés della società». Il pubblico ha cominciato a conoscerla dopo il film inquietante fino alla sgradevolezza diretto da Haneke, tratto dal suo romanzoiapianisto. Igiuratiparlano diplomaticamente di musicalità, ma la scrittura della Jelinek è tutt'altro che armonica. Mescolando rabbia e timidezza, disperazione e umorismo, s'interroga sul presente non risolto della società austriaca, senza rinunciare alla sperimentazione linguistica, mettendosi dalla parte dei deboli, degli sconfitti, degli animi feriti. Nei suoi testi attacca tutto, il perbenismo, il soffocante amore delle madri, la pomografia e la violenza maschile sulle dorme, la pohtica, l'antisemtisimo latente («Di ebrei in Austria ne sono rimasti pochissimi, ma sono sempre troppi»), le tentazioni nazisteggianti. Ha vinto i premi più prestigiosi della letteratura tedesca, ma è stata parimenti criticata, emarginata, insultata. Oggi vive divisa tra Monaco e Vierma. Ed è facile incontrarla nascosta dietro ad un giornale in uno dei suoi caffè preferiti, al Korb o al Museum, vestita talvolta con minimalismo giapponese, talvolta con un cappottoo un paio di scaipe, comprato da qualche giovane stilista. Come tanti scrittori austro-ungheresi, è figlia dì una famiglia ebraica della borghesia viennese. E' nata in Stiria, a Mtirzzuschlag nel 1946. La madre la indirizza, o meglio la forza, a studiare musica fin dai quattro anni, danza classica, violoncello, viola e pianoforte. A 16 entra in conservatorio, poi si ribella alle imposizioni dei genitori, annaspa nella depressione, prende la maturità in un convento di suore. La carriera letteraria coincide con la tragica morte del padre, nel '68, in un ospedale psichiatrico. La giovane autrice si rivela con opere originali, dissacranti, sferzanti, tra cuiMichael. Un libro per giovani destinato allasocietà infantile (1972), impietosa messa a nudo dei meccanismi di identificazione televisivi. Ma il tema centrale delle sue prime opere è il sesso, molto estremo e poco oi^asmico, visto in tutte le sfumature di violenza e sopraffazione. Nelle Amanti (1975) racconta il destino parallelo di Paula e Brigitte che aspirano alla felicità coniugale e scivolano in una gretta quotidianità di taglialegna ubriachi, madri crudeli, angustie domestiche. Nella Pianista (1983) una giovane musicista per sfuggire alla madre che ha vigilato sul suo talento e sulla sua verginità, si rifugia nei peep show, frequenta il Prater (dove ha passeggiato molto erotismo della infelix Austria) spia coppie che fanno l'amore, si punisce con dolorose amputazioni intime, sprofonda in un delirio d'amore sadomasochistico con uno studente. Nella Voglia (1989), il suo primo romanzo pubblicato in Italia sulla scia di un notevole successo commerciale, l'eros diventa protagonista debordante anche nel linguaggio. Sia- mo agli albori dell'Aids, U rispettato direttore di una cartie ra, per paura del virus, rinuncia alla sua frenetica vita sessuale e sfoga i suoi appetiti brutali sulla moglie. La sua Gerti si sottomette, lacerata tra il ruolo di madre e quello di preda sessuale, cerca invano l'amore con uno studente che la umilia, sprofonda nella tragedia: la donna sconvolta uccide il figlioletto che comincia a toccarsi il pisellino e promette di diventare tale e quale il padre. Il romanzo suscitò scandalo, venne classificato come pornografico. Nessuno perdonò alla Jelinek la discesa negli inferì dell'eros di una madre, di una moglie, in un tripudio di membri eretti, orifizi violati, percosse. Ma quel linguaggio scabroso e crudo era in realtà l'esatto contrario, la denuncia della pornografia, della sopraffazione di uomini gretti nei confronti delle donne, attraverso la citazione oggettiva delle riviste hard, dei graffiti nei cessi, delle pubblicità. Elfriede Jelinek, femminista, comunista, sempre polemica con la mentalità piccolo-borghese come il suo amato compatriota Thomas Bernhard, è stata una combattente timida e tenace. Quando la destra di Haider è andata al potere, è stata attaccata violentemente. Manifesti stradali chiedevano polemicamente «Amate la Jelinek o l'arte e la cultura?». Lei ha reagiste proibendo la rappresentazione delle sue opere teatrali, promuovendo Inoffensiva democratica» che portò in piazza 70mila persone contro la coalizione nerazzurra di governo. Non sopportava il trionfo della neodestra, per una que- stione politica. Ovviamente. Ma anche per un'idiosincrasia intellettuale. In Haider intravedeva il trionfo della provincia rozza, brutale, muscolare sulla civiltà metropolitana multiculturale. Una battaglia antica, che si è sempre giocata nella Duplice Monarchia, fin dai tempi di Musil, Schnitzler, Màrai, la battaglia tra le tribù della terra, del sangue, dell'onore, e quelle della raffinatezza intellettuale, del witz, dell'ironia, della naturale apertura alla diversità. I pantaloncini di pelle tirolesi contrai caffè. Ma anche nel suo sdegno politico la Jelinek è stata originale. Mentre tutta l'Europa parlava del pericolo di «haiderizzazione», lei accennava a quello non meno periglioso della «Kitzbuhelizzazione», da Kitzbuhel, la celebre cittadina, simbolo - a suo dire - della provincia che scia, si sente in gamba e abbronzata, pensa poco e s'illude d'agire molto. La Jelinek dichiarò: «In Austria chi si occupa di cultura è considerato un deficiente, un imbroglione, un parassita» (non a caso Haider dichiarò guerra senza quartiere all'arte sovvenzionata dallo Stato... tagliare, tagliare, tagliare, era la sua parola d'ordine). «Lo sportivo, invece, è considerato una specie di re». E così nel '98, con la pièce teatrale S^jortstùde, si scagliò contro la falsa mitologia dello sport. Per sei ore, sul palcoscenico, attori in tuta, madri di atleti, figure simboliche come Achille e Ettore, recitavano un collage di luoghi comuni sull'agonismo, igiudizi sommari e violenti, la volontà di potenza che tracima facilmente nella propaganda di guerra. Pornografia e mitologia dello sport, violenza privata e violenza pubblica, sono tutte facce della stessa società che ha smarrito se stessa. Ancora una volta l'urlo impietoso arriva dalla Mitteleuropa. Ma sul banco degli imputati c'è la modernità intera, meschina, comicamente tragica, banalmente crudele. Ci sono i violenti, che uccidono, umiliano, schiavizzano. Ma anche i cerchidbottisti, gli indifferenti, quei «gutmenschen», quella specie dibuomsti, che hanno incancrenito gli ultimi giorni dell'impero e riescono a sopravvivere sempre, qualunque cosa accada, perché hanno fatto del compromesso, della chiacchiera, dell'ignavia un'arma imbattibile. Nella quotidianità, nella politica, nella tv. avoli graziato molto, sorpresa, ta, terrorizzata per il l ricevuto. Ma Elfriede subito detto che non ccolma il 10 dicembre il premio. Non ce la fa, è ffre di agorafobia e non are una cerimonia così Ma ha anche sfoderato mica, sottolineando che n potrà fregiarsi di queimento come «un fiore » perché lei, da circa te a nudo le debo la violenza che le apparenze suo Paese. E' storia, quepatria dei Danubio perette, i bianmpre ribù arre il igiosi, rti, degli ultimi decenni in questo filone. L'accaese l'ha premiata per «il cale di voci e controvoci manzi e commedie che, raordinaria accuratezza rivelano le assurdità dei a società». Il pubblico ha a conoscerla dopo il film fino alla sgradevolezza Haneke, tratto dal suo pianisto. parlano diplomaticamenlità, ma la scrittura della utt'altro che armonica. rabbia e timidezza, die umorismo, s'interroga non risolto della società enza rinunciare alla spene linguistica, mettendoe dei deboli, degli sconfitmi feriti. Nei suoi testi o, il perbenismo, il soffoe delle madri, la pomoviolenza maschile sulle pohtica, l'antisemtisimo ebrei in Austria ne sono hissimi, ma sono sempre tentazioni nazisteggianmo agli albori dell'Aids, U rispettato direttore di una cartie ra, per paura del virus, rinuncia alla sua frenetica vita sessuale e sfoga i suoi appetiti brutali sulla moglie. La sua Gerti si sottomette, lacerata tra il ruolo di madre e quello di preda ElfriedeJelinekcheha vinto il Premio Nobel (foto La Presse) sococihpm ElfriedeJelinekcheha vinto il Premio Nobel (foto La Presse)

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