«Stranieri in banca? Ecco le condizioni»
«Stranieri in banca? Ecco le condizioni» PARLA MASCIANDARO, CURATORE DEL RAPPORTO DELLA FONDAZIONE ROSSELLI PRESENTATO A BELLAGIO «Stranieri in banca? Ecco le condizioni» MILANO «Prima di tutto bisogna smentire la fotografia secondo cui il nostro sistema non è intemazionalizzato. Siamo nella media europea sia come presenza delle banche estere nell'azionariato delle nostre, sia come presenza degli istituti italiani all'estero». Il professor Donato Masciandaro ha curato assieme al collega Giampio Bracchi il nono rapporto della Fondazione Rosselli dedicato quest'anno alla competitività delle banche e discusso ieri e oggi a Bellagio, sul lago di Como. E sul tema caldo delle operazioni di fusione intemazionale, al tonnine della prima giornata di lavori presieduta da Riccardo Viale, propone di guardare il problema in un'ottica differente da quella usuale. Ossia, professore? «Ossia chiedersi prima di tutto perché le banche straniere sono interessate al mercato italiano. La risposta è che puntano essenzialmente al mercato retali e ai servizi alle Pmi in un paese ad alto tasso di risparmio ma dove non possono arrivare con nuovi sportelli perchè - come spiega proprio il rapporto - siamo già saturi. Detto questo il problema è come fare le operazioni in condizioni di reciprocità». Ecco il punto difficile. Colossi nazionali o presse banche di piccoli paesi cercano mercato in Italia, ma certo non offrono il loro mercato nazionale... «Ma la reciprocità può intendersi anche nel senso che le banche italiane offrono la loro presenza di mercato e chiedono in cambio prodotti e servizi innovativi. Se si parte dai vantaggi per i chenti e gh azionisti, diciamo dalla reciprocità a valle, allora è più fàcile anche trovare reciprocità a monte, nella govemance delle banche che si creano. E così è anche logico che le autorità nazionah non si oppongano». Un banchiere di rango come Alessandro Profumo dice però che in realtà le fusioni intemazionah non interessano agli azionisti delle banche, che vedono più sinergie in quelle domestiche. «Dal punto di vista economiconon è vero che le fusioni domestiche creino economie di scopo e di scala maggiori di quelle intemazionah. Anzi in un paese che ha il nostro mefèatò del lavoro è impossibile e io aggiungo per fortuna - taghare mighaia di posti come avviene in alcune fusioni intemazionah». Ma resta il problema delle dimensioni Non è vero che conle frontiere aperte le ban- che italiane rischiano di esse- re mangiate perché troppo piccole? ': «Se tutto si risolve nelle dimensio- ni allora le nostre autorità fanno bene a limitare le operazioni. Ma se si pone l'accento sui vantaggi per chenti e azionisti le cose cambiano», [f.man.] llprofessor Donato Masciandaro, uriòdeidue ' curatóri del 9"rapporto della Fondazione Rosselli
Persone citate: Alessandro Profumo, Donato Masciandaro, Donato Masciandaro, Giampio Bracchi, Riccardo Viale
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