Se i «promessi sposi» sono due omosessuali di Filippo Ceccarelli

Se i «promessi sposi» sono due omosessuali L'EVOLUZIONE DELLA CHIESA E DELLA SOCIETÀ' ITALIANA DI FRONTE A UN TEMA SEMPRE SCOTTANTE Se i «promessi sposi» sono due omosessuali Dalla beffa a don Marco di trent'anni fa fino all'accettazione da parte della maggioranza dell'opinione pubblica di oggi analisi Filippo Ceccarelli UN giorno di primavera dei primi anni Settanta. Due uomini bussano alla canonica della parrocchia del Sacro Cuore a Lavello, in provincia di Potenza, nel cuore della Basilicata. Cercano il parroco, don Marco Bisceglia». I ((promessi sposi» - eoa li definisce Piergiorgio Paterlini nell'ultimo capitolo del suo «Matrimoni», appena uscito per Einaudi (pagine 194,13,50 euro) - sono due giovani e al parroco raccontano con sofferenza e passione di essere omosessuah. E cattolici. In quanto cattolici chiedono a don Marco, animatore della chiesa del dissenso, che si è dimostrato eoa anticonformista e coraggioso, di essere uniti in matrimonio. «Un matrimonio di coscienza», un po' come quello cui si appella Renzo nel romanzo del Manzoni, quando entra di soppiatto nella canonica di don Abbondio. Bene: a differenza di quest'ultimo, don Marco dice sì. ((Non scappa - prosegue il racconto - non chiama disperatamente Perpetua. Nella canonica della parrocchia cattolica del Sacro Cuore a Lavello, provincia di Potenza, si celebra il primo matrimonio religioso fra due omosessuah della stona d'Italia, e forse non solo d'Italia. "Questo è un sacramento" dichiara alla fine, letteralmente, don Marco». Ma in realtà è una beffa crudele, il matrimonio di Lavello, anzi una trappola politica, forse anche un sacrilegio. O magari, vista con gli occhi di oggi, è «solo» un peccato, come direbbe il commissario Buttighone. Un peccato, ma non un reato. Comunque ai danni di un povero prete e di quella che certo allora non si chiamava - come oggi, con orgoglio - la comunità gay. Non si chiamava proprio. Oppure, al limite della sua minacciosa innominahihtà, era Sodoma, o Inoltra sponda». In quegli anni gli omosessuah, infatti, ipederasti, i «capovolti», si nascondevano. Anche i più ricchi e famosi fra loro, gli artisti, gli inteUettuah, i politici, vivevano questa loro dannazione, malattìa o vizio die fosse, con estrema vergogna e terribili sensi colpa. Ecco. Quando i due finti ((promessi sposi» bussano alla porta di don Marco recando con sé un voluminoso borsello con dentro un registratore, l'omosessualità è un peccato «impuro e contro natura», del peggior genere catechistico, tale da «gridare vendetta al cospetto di Dio». Dunque: inferno garantito, in omnia saecuìa seculorum. Mentre per quanto riguarda l'aldiqua, e più esattamente nell'Italia dei primi giornaletti pomo e dell'educazione sessuale in busta chiusa, per gli omosessuah il clima non è poi così diverso da quello, di autentica oppressione, che si respirava negli anni cinquanta o sessanta; e basterà ricordare, in cupa sequenza, le schedature e i ricatti del Sifar, il massacro giudiziario di Aldo Brai- bantì (difeso dal solo Pannella), le persecuzioni di Pasolini (già radiato dal pd), le allusioni e le insinuazioni, anche in forma romanzata, con nomi in cifra, ma riconoscibili, di Mino Pecorelh sui potenti democristiani. Colombo inprimis. E insomma. I due di Lavello non sono affatto omosessuah. Si chiamano Franco Jappelh e Bartolomeo Baldi, hanno entrambi 27 anni e lavorano come giornalisti in un settimanale di destra. Il Borghese. Registrano tutto, colloquio e cerimonia matrimoniale, e tutto pubblicano sul loro giornale. Lo scandalo scuote per alcuni giorni il costume non solo religioso di quell'Italia lì. A trent'anni di distanza, senza alcun risentimento, Paterlini (che è un uomo mite e uno scrittore meticoloso, e che nel suo libro si è permesso di raccontare, anzi di far raccontare altre died vere e belle unioni d'amore e di convivenza fra persone dello stesso sesso), ha contattato Jappelh, oggi valente e anche simpatico giornalista del Secolo d'Italia. Questi gli ha raccontato che, dopo il servizio, il vescovo di Potenza telefonò per ringraziarli: l'avevano infatti aiutato a togliersi dai piedi un prete sovversivo, «comunista». Era quello dell'impegno sociale lo scandalo da reddere, evidentemente, non l'omosessualità. Chissà se Buttighone d ricorda di quella storia attorno alla quale con caotico, ma profetico svolazzo d libravano lotte agrarie, media invadvi, preti del dissenso, e speranze, ingenuità, goliardia. In ogni caso non gli farebbe male leggere i ((Matrimoni» di Paterlini: tanto più dopo la disputa con cui è stato accolto a Bruxelles, e ancora di più dopo aver riconosciuto una qualche forma di discriminazione per il suo essere cattoheo, e come tale contrario a quel tipo di matrimoni, ma ramai in minoranza (il 51 per cento sarebbe favorevole, secondo un'indagine Eurispes del 2003). Non gli d farà qui notare come la Fede poco d accordi con il vittimismo. Perché poi forse oggi c'è davvero una lobby gay, anche se come al solito basta intendersi sulla parola ((lobby». Ci sarà pure, and c'è senz'altro, questa lobby, questa sensibilità diffusa, pure a livello economico, da in Europa che in Italia, dove quest'anno l'Arci Gay ha raccolto 350 mila nuove adesioni e i ds hanno presentato una proposta di legge per il pacs e stampato i primi manifesti. Si vedo¬ no due donne sotto il testo: «Carla e Gina condividono casa e sentimenti. Oggi vorrebbero condividere dei diritti». No, non è più l'Italia omofoba di don Marco e del suo vescovo. Senza essere un'Italia omofila, nel 2000, in occadone del trionfale e giubilare Gay Pride un ministro, Pecoraro Scanio, ha dichiarato la sua bisessualità. Un verde, d'accordo. Però è con il centrodestra che d è presentato alle eledoni Alessandro Cecchi Paone, pure introducendo la categoria dell'«omoaffettività», con tanto di riferimenti culturali. Achille e Patroclo e così via. E mesi fa le porte di Montecitorio d sono spalancate - in sede di indagine conosdtiva per la legge sulla prostitudone - anche a Marcella Di Folco, leader del Movimento d'Identità Transessuale, per l'occadone presentatad rasata e biondissima, come documentano alcune foto scattate nel salone della Lupa, sotto l'animale di bronzo. Ma diamine: la d capisce meglio, questa lobby, d capiscono meglio i suoi dedderi di normalità, conoscendo gli angosciosi soprusi patiti senza alcuna protezione. Trappole e scherd, come d è visto, nel migliore dei cad. Scherd da prete, peraltro, come utilmente dimostra Paterlini. Perché caedato dalla Chiesa, don Marco Bisceglia, il prete che aveva sposato i finti omosessuah d scopre lui per davvero, omosessuale. E allora lotta contro quel suo orientamento, non lo pratica, soffre, attraversa le laceradoni del suo corpo e della sua coscienza, le accetta, si accetta, d dichiara gay, a sorpresa, «davanti a 500 persone intente a tutt'altro». Poi scompare, per anni: «Si scoprirà solo più tardi che si è ritirato in imo dei famosi "Sassi" di Matera, a riflettere, a compiere in solitudine la sua traversata nel deserto». Fonda la prima rete di protedone in Sicilia, dopo un duplice suiddio, a Giarre. Pnmi anni ottanta. Poi Marco, oramd non più don, è a Roma: «Non è difficile incontrarlo mentre mangia un tramezzino seduto alla fontana di piazza del Polo - è una delle ultime immagini di «flfatrimom» A sessantacinque anni ha appena fondato l'Arcigay nadonale». Muore nel 2001. E' sepolto a Lavello, dove l'anno scorso ha voluto ricordarlo una delegadone del Gay Pride. E non per fard tornare tutti i conti, ma da tempo era ritornato all'ovile della sua Chiesa. Il Paese non è più omofobo se è vero che sia la destra sia la sinistra hanno presentato candidati dichiaratamente gay Marcella Di Folco a una manifestazione. In alto: Alessandro Cecchi Paone Un'Immagine del Gay Pride 2000 a Roma. A sinistra don Marco Bisceglia