Gli indifferenti di De Carlo di Sergio Pent

Gli indifferenti di De Carlo Gli indifferenti di De Carlo Sergio Pent LA disinvolta leggerezza con cui Andrea De Carlo evidenzia l'elitaria mediocrità di un certo Occidente prospero e palestrato ha raggiunto negli anni una sicurezza quasi esemplare, in cui certa critica si ostina a rilevare la superficialità apparente dei contesti, l'impalpabilità dei personaggi, il vuoto pneumatico di una ricerca fine a se stessa. Si nasconde proprio qui, invece, la forza - anche mediatica - dello scrittore che sa comunicare dal di dentro la dorata vacuità dell'uomo contemporaneo, tanto che è difficile trovarsi schierati apertamente a fianco dei suoi protagonisti, figli di un'indifferenza ormai incancrenita nel tessuto sociale, nipoti imbarbariti di un egoismo borghese da cui sbadigliano la loro distaccata superiorità e cambiano canale sulle catastrofi quotidiane. Il primo capitolo del nuovo romanzo Giro di vento è, ad esempio, di una sadica, angosciante perfezio¬ ne, mitragliata senza sosta sul rituale di preparazione estetica del giovane professionista - l'agente immobiliare Alessio Cingaro - che si appresta ad affrontare il mondo circondato dal campionario esclusivo del superfluo contemporaneo. La cerimonia di vestizione del guerriero del ventunesimo secolo passa attraverso una serie di accorgimenti estetici tali da far impallidire qualunque top model, e l'armamentario è un mix di ritrovati tecnologici ormai sempre più dell'ultimo minuto, poiché passare di moda è la forma primaria del disagio. Basterebbe questo a inquadrare De Carlo come l'osservatore privilegiato dell'italiano medio, che affina i suoi strumenti di potere senza allargare i confini mentab, sempre più incanalati verso informazioni e conoscenze usa e getta: una vita che scorre sui binari della proprietà esclusiva, tanto che risulta più facile - a un Alessio momentaneamente privo delle sue sicurezze elencare le cose che ha comprato nella sua vita più che quelle che ha concluso per se stesso. Certo, perché il compito di Alessio è quello di condurre quattro professionisti affermati - i coniugi Enrico e Luisa Guardi, architetto e editor, la presentatrice tv Margherita Novelli e l'impresario Arturo Vannucci, amici da sempre - verso un tranquillo week-end di paura nel cuore dell'Umbria più appartata. Esemplari quasi da manuale dell'arrivismo snobistico, i cinque umanoidi partono da Milano un venerdì per recarsi a visionare alcune isolatissime case di campagna che intendono acquistare e restaurare. Armati di cellulare e abiti firmati, i componenti del gruppo raggiungono la zona sulla monovolume dell'agenzia immobiliare, ma nella frenesia di vedere il luogo, si perdono e finiscono in un fosso. In un film horror sarebbe il preambolo alla carneficina, poiché - falciati dalla pioggia - i cinque viaggiatori approdano stremati a un gruppo di case isolate a chiedere ospitabtà. Ma De Carlo non è Dario Argento, per cui la sorpresa è unicamente quella di far piombare i padroni del potere metropobtano in una comune di uomini e donne calati in un etemo Medioevo. Il sohdo Lauro, l'indiano Arup, le donne - Mirta e Gaia -, l'adolescente Aria e il bambino Icaro sopravvivono in assoluto contatto con la natura, senza tv, macchine o telefono. E, oltretutto, sono da anni gb occupanti abusivi di Giro di Vento, il gruppo di case che i quattro amici intendevano acquistare. Sciolto il preambolo, il romanzo si apre veloce sui prevedibili contrasti tra due mondi opposti: la mancanza totale di comunicazioni in una zona irraggiungibile anche dal segnale telefonico, il freddo, le scomodità, la sorpresa e le prime schermaglie, mettono rapidamente in crisi i gestori del progresso. Il confronto diventa aspro solo per il tempo di una ruvida conoscenza, in attesa di poter aggiustare l'auto e ripartire, ma intanto le certezze sono rapide a crollare, i conflitti si accentuano, gli amici scoprono di non aver nulla in comune se non l'effimera coscienza del successo, e qualcuno di loro - Luisa, Arturo - è addirittura attratto dalla libertà assoluta e odorosa di terra dei «selvaggi» Lauro e Mirta. Gh abitanti della comune sono i superstiti di un remoto ideale, ma i loro ospiti sono la conferma esasperata di quel mondo da cui si erano allontanati. La velocità dei cambi di prospettiva, la vivacità dei dialoghi, l'ironia che scava nelle nostre minime sicurezze, riescono a creare i dubbi per riflettere e rallentare la corsa. Messo di fronte alla nudità della vita, l'uomo occidentale si smarrisce, scopre di aver lottato per non avere certezze, ma - salvo in un caso a sorpresa - riesce a tornare alla «civiltà» come alla droga più necessaria. In questa dimensione etico-morale a largo raggio sulle motivazioni dei vari personaggi. De Carlo ha costruito un romanzo divertente e inquietante, amaro e ricco di ironia, perfettamente calato nella geografia della mediocrità contemporanea. Nessuno, ci pare, è riuscito finora a farlo con una simile disponibilità emotiva e profondità d'osservazione analitica. In «Giro di vento» quattro professionisti affermati si perdono in Umbria: stremati dopo un incidente approdano in una comune, qui in breve le certezze crollano, i conflitti si accentuano, gli amici scoprono di non aver nulla in comune se non l'effimera coscienza del successo Lo scrittore Andrea De Carlo, osservatore privilegiato dell'italiano medio Andrea De Carlo Giro di vento Bompiani pp.320,G16 ROMANZO

Luoghi citati: Milano, Umbria