Arabi a Francoforte: non portano grandi cause ma incontri di civiltà di Elisabetta Bartuli

Arabi a Francoforte: non portano grandi cause ma incontri di civiltà Arabi a Francoforte: non portano grandi cause ma incontri di civiltà Elisabetta Bartuli DAL 6 allO ottobre, più di 150 scrittori e scrittrici e oltre 200 editori ed editrici arabi sono attesi a Francoforte, per prendere parte agli innumerevoli eventi organizzati dalla Fiera del libro. Figurare come ospite d'onore della più grande manifestazione libraria del mondo non è cosa di poco conto, basti ripensare all'effetto valanga provocato dall'edizione del 1976, quella cbe diede enorme visibilità all'ospite di quel! anno, l'America Latina. Ora come allora, è risultato evidente fin da sùbito che'scegMere'non un singolo paese, ma un'area geografica cbe, al suo intemo, si presenta composita e diversificata, avrebbe causato non pochi problemi. Cosa che è puntualmente avvenuta, ma non ha impedito che l'ospite d'onore fosse il Mondo arabo nel suo insieme, cioè tutti i 22 stati membri della Lega araba (Algeria, Arabia Saudita, Bahrain, Comore, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Giordania, Gibuti, Kuwait, Iraq, Libano, Libia, Marocco, Mauritania, Oman, Palestina, Qatar, Siria, Somalia, Sudan, Tunisia e Yemen) in rappresentanza di una popolazione stimata attorno ai 300 milioni' di persone. I lunghi mesi di preparativi sono stati seguiti da vicino sia dalla stampa araba che da quella tedesca, e alcuni dei retroscena sono divenuti di pubblico dominio. Non dovrebbe suscitare stupore - ma forse lo farà sapere che gli intellettuali arabi hanno vivacemente protestato per il fatto che l'organizzazione venisse affidata a organi ufficiali quali la Lega araba e i singoli Ministeri della cultura e che quindi, come logica conseguenza, non sarebbe stata offerta la possibilità di partecipare ai numerosi scrittori non in sintonia con le politiche governative dei loro paesi. Un caso per tutti, quello dell'egiziano Sonallah Ibrahim che, lo scorso ottobre, è stato protagonista di uno degli scandali più massmediati della scena culturale araba degli ultimi decenni: insignito del più importante premio letterario di stato egiziano, Sonallah Ibrahim ha pubblicamente rifiutato di accettarlo, motivando la sua rinuncia con una serrata critica all'operato nazionale e intemazionale del governo in carica («...devo rifiutare il premio perché proviene da un governo che, ai miei occhi, non ha alcuna legittimità per conferirlo»). Ovviamente Sonallah Ibrahim - una delle voci più coerenti della narrativa araba contemporanea, tra i più significativi e innovativi per stile e contenuto, molto amato in patria e all'estero soprattutto per l'ironia che contraddistingue la sua pur disillusa scrittura - non compare nell'elenco degli scrittori invitati a Francoforte dal governo egiziano. Il suo nome compare, però, nella nutrita lista di quanti sono stati invitati direttamente dall'organizzazione della Fiera del libro, assieme ad altri nomi "scomodi" all'ufficialità e a quelli di chi proviene dai paesi che, per dissapori intemi, non hanno ufficialmente aderito all'invito della Lega araba (Algeria, Marocco, Libia, Kuwait e Iraq). Alla lunga lista - si parla di una cinquantina tra scrittori e pensatori - si aggiungono anche coloro che, vivendo in esilio, non hanno contatti ufficiali con i propri paesi d'origine, oltre ai molti intellettuali che non hanno accettato di far parte della rappresentanza ufficiale. Un ulteriore sforzo è stato necessario per dipanare l'ingarbugliata matassa della lingua usata dagli scrittori. La quarantennale diatriba sul definire araba o meno la narrativa, soprattutto magrebina ma non solo, che ha scelto di esprimersi in lingua francese o inglese, a Francoforte sembra essersi parzialmente ricomposta. La maggioranza degli scrittori che saranno presenti, com'è logico. scrive in arabo per un pubblico arabo, ma non mancano i nomi di spicco della narrativa scritta in francese, inglese e tedesco. L'altra controversia per la quale sono stati necessari mesi di trattative riguarda la contemporanea presenza, all'interno della Fiera, di editori governativi e indipendenti. Questi ultimi rifiutavano di far comparire i loro cataloghi al fianco, ad esempio, della produzione editoriale di propaganda saudita o delle pubblicazioni a carattere religioso. Anche in questo caso, non dovrebbe suscitare stupore - ma forse lo farà - sapere che, sul mercato librario arabo, oltre alle case editrici di stato (talvolta benemerite, nel loro ruolo di promozione della lettura), agiscono circa 1.000 editori indipendenti, a dispetto delle disastrose condizioni economiche in cui versano le popolazioni, delle precarie situazioni politico-sociali regionali e degli esigui spazi, faticosamente mantenuti, di libera espressione. Attualmente, nel Mondo arabo, si importano testi in lingue occidentali per una cifra stimata attorno ai 40 milioni di dollari e si pubblicano tra i 20 e i 30.000 titoli all'anno. Può sembrare una cifra modesta, se paragonata ai circa 60.000 titoli pubblicati in Italia nel solo 2003, ma se si pensa che negli ultimi due secoli non avevano visto la luce più di 400.000 titoli, il trend positivo di crescita è evidente. Cosa che, d'altronde, nella regione è avvenuta in molti altri campi: nel contenimento della natalità, ad esempio, o nell'accesso all'informazione - satellite e Internet. Negli ultimi quindici anni, molte cose sono rapidamente cambiate, nel Mondo arabo, e il settore privilegiato alla Fiera di Francoforte, la letteratura, lo dimostra forse più di altri. Dal campo letterario, infatti, emerge chiaramente come sia oramai logoro il vecchio clichè che considera la cultura appannaggio esclusivo di una ristretta élite "occidentalizzata". Nonostante le residue, ampie sacche di analfabetismo e le precarie condizioni socio-economiche, l'accesso all'istruzione (gli studenti di ogni ordine e grado sono stimati attorno a un sesto della popolazione, 45-50 milioni) ha portato sulla scena culturale una nuova generazione, colta senza essere abbiente, che produce e consuma letteratura. A questo proposito non dovrebbe suscitare stupore - ma forse lo farà - sapere che nei loro romanzi e racconti i giovani scrittori e le giovani scrittrici, dal Libano all'Egitto, dal Marocco all'Iraq, trattano spesso delle "piccole cose quotidiane", ironizzano molto, si ribellano ai cano- ni tradizionali, parlano di aesso in modo esplicito, dando spazio alle sensazioni e ai piaceri del corpo, alle relazioni etero e omosessuali. «E' vero,- ha recentemente sostenuto l'egiziana Mai al-Tilmisani - per la mia generazione, la verità con la V maiuscola non esiste più. Odio le grandi cause, le parole roboanti: islam, patria, panarabismo...». Le grandi cause e l'amor di patria sono state, e sono tutt' ora, al centro di una scrittura più impegnata, spesso pagata a caro prezzo. Il saudita 'Abd al-Rahman Munif, i marocchini Abdellatif Laàbi e 'Abd al-Qader Chaoui, il siriano Shawqi Baghdad!, le egiziane Latifa al-Zayyat e Nawal Sa'dawi e molti altri testimoniano di quanta parte della vita di molti intellettuali arabi - musulmani, cristiani, ebrei o laici, senza distinzione - sia trascorsa tra le quattro pareti di una cella, spesso a causa di un semplice dissentire politico quando non all'affiliazione ai partiti d'opposizione. D'altro canto, gli iracheni Fu'ad al-Takarli e 'Aliya Mamduh, i palestinesi Giabra Ibrahim Giabra e Murid Barghuti, per citarne solo alcuni, mostrano con i loro scritti la durezza di un'altra galera, l'esilio. Non è di secondaria importanza, a questo punto, ricorda¬ re che la "intrusione" dell'impegno politico e della denuncia degli abusi di potere nei testi di fiction non si traduce necessariamente in un appesantimento del narrato né in una diminuzione della godibilità letteraria. Nel prendere la parola per parlare di esperienze drammatiche, molti degli scrittori citati fin qui compongono opere riuscitissime in termini di stile narrativo, di capacità di intrattenimento e di apporto universale alla conoscenza. Altrettanto accade con la narrativa che pone al centro del testo l'esperienza della guerra nelle sue multiple dimensioni (soprattutto la "guerra incivile" secondo l'espressione coniata da ftivmaà Ba-y dvitì). 'N onosXanXe " una voluta patina di distacco o anche di cinica derisione, molti dei più recenti romanzi sull'argomento - a titolo di esempio, le opere dei libanesi Elias Khuri, Hoda Barakat, Rashid Daif, Hasan Dawud, Rabi' Jaber, 'Alawiyya Subuli, Iman H. Yunes - si discostano dall'evenemenziale e dall'ideologico per interessarsi" ad alcuni specifici destini, mettendo in scena le ripercussioni della guerra sulla psiche di individui costretti a vivere fianco a fianco con la violenza. Analoghe caratteristiche di novità riserva la rivisitazione di un genere tradizionale, quello del romanzo storico. Il marocchino Bensalem Himmish o le egiziane Radwa 'Ashur e Salwa Bakr, fra gli altri, ripercorrono i secoli trascorsi in un paziente lavoro di recupero di nomi e voci sommerse, censurate o confuse. Naturalmente di tutto ciò si parlerà, a Francoforte. E di molto altro. Il programma, infatti prevede, oltre alla letteratura, alcune esposizioni e concerti, un ciclo di film e una serie di incontri pubblici di comprovata attualità (www.frankfurtbook-arabguest.net). Per provare a sostituire all'abusato concetto di "scontro di civiltà" un molto meno appariscente "incontro di civiltà". 11 22 Paesi della Lega Araba (con una popolazione di 300 milioni di persone) sono l'ospite d'onore alla prossima Buchmesse ' dal 6 aMO ottobre: attesi oltre 150 scrittori . «ufficiali» più altri 50 in esilio o «scomodi», esclusi dai loro regimi, e 200 editori fra governativi e indipendenti: un mercato fra i 20 e i 30 mila titoli J'anno, una letteratura che, anche ne!r«impegno»l è sempre più attenta alla vita quotidiana e individuale L'editoria araba non si appiattisce sulla propaganda politica o religiosa, c'è una nuova generazione che produce e consuma letteratura Dall'alto, in senso orarlo: Ben Jelloun, Assia Djebar, Maalouf e Kanafani