Rai, toccherà a Letta trovare la soluzione? di Maria Grazia Bruzzone

Rai, toccherà a Letta trovare la soluzione? APPELLO DELLA VIGILANZA PER IL RINNOVO DEL CDA Rai, toccherà a Letta trovare la soluzione? Maria Grazia Bruzzone ROMA Un «rispettoso e sentitissimo appello» ai consiglieri della Rai a «creare le condizioni affinché la commissione di Vigilanza e il ministro dell'Economia possano procedere alla nomina di un nuovo oda per la nuova Rai», dal momento che «la composizione del oda si è quantitativamente e qualitativamente modificata a seguito delle dimissioni del presidente di garanzia». Lo ha rivolto ieri u presidente della Vigilanza ai quattro consiglieri Rai, presenti all'audizione a San Macuto. Un appello condiviso dall'Udo, oltre che dall'opposizione tutta. La stessa maggioranza della commissione parlamentare che a luglio aveva votato una mozione in cui invitava il consiglio a lasciare il campo entro il 30 settembre. E che si prepara a bocciare il nuovo statuto Rai, cassando la nuova scadenza del cda stesso al giugno 2005. Contro il resto della CdL e contro le indicazioni date espressamente dal ministro Gasparri. La matassa Rai si ingarbuglia insomma, in questo scorcio di autunno. E le speranze di venirne a capo sono ormai nelle mani di Gianni Letta. Vittorioso nella dehcata trattiva che dal groviglio iracheno ha sortito la liberazione delle due Simone, il sottosegretario alla Presidenza si prepara infatti ad affrontare il Medioriente itahco. Un'idea, quella di delegare il suo talentoso quanto riservato sottosegretario a sovrintendere su quel calderone ribollente che è il servizio pubblico radiotelevisivo, che Berlusconi avrebbe maturato fin dall'estate, ma ha preso definitivamente piede nelle ultime settimane. Nei corridoi di viale Mazzini, dove le orecchie sono sensibilissime a captare i segnali che provengono dal Palazzo, già da qualche tempo si vocifera sulla conseguente perdita di potere della cosiddetta «Trimurti», vale a dire l'asse Deborah Bergamini-Alessio Gorla-Carlo Nardello, fino a oggi considerati i fiduciari del partito del premier e le menti strategiche dell'azienda. Al punto da attribuire al nuovo corso la mediazione che avrebbe portato al ridimensionamento della Fiction di Antonio Sacca meno drastico di quel che avrebbe voluto il trio, da sempre in rotta di collisione con l'ex direttore generale. Eccessi dietrologici, probabilmente. Ben altri sono i temi caldi nell'agenda di viale Mazzini. Dalle nomine ancora vacanti in due delle nove superdirezioni strategiche (Finanza Er controllo. Acquisti S- servizi), che sembravano assegnate al Tesoro, finché c'era Tremonti. Alla cascata di altre nomine che dovrebbero accompagnare la ristrutturazione avviata dal dg Cattaneo. Alla privatizzazione, per quanto spetti in realtà all'azionista, cioè di nuovo al Tesoro. Siniscalco, in altre faccende affacendato, non avrebbe ancora aperto il dossier Rai. Senza dubbio però, la madre di tutte le questioni è il rinnovo del cda della Rai. L'unico punto di disaccordo sopravvissuto alla calda estate felliniana, che ancora divide l'Udo dal resto della maggioranza e lo avvicina invece all'opposizione. Un cerchio da far quadrare, in vista delle regionali. Una mission impossible in cui solo lo 007 di palazzo Chigi ha qualche possibilità di riuscita. Al rientro dalle ferie si è visto infatti che l'Udo non intende affatto mollare l'osso. La mozione di luglio, ha fatto subito capire il centrista Antonio lervolino, non era affatto acqua passata, ma il punto da cui ripartire nella battaglia d'autunno. Battaglia che si è spostata sul nuovo statuto della Rai. «Dopo quella mozione, il consiglio è rimasto al suo posto, e si presenta forte di più o meno cavillose considerazioni giuridiche. Ci saremmo aspettati dai consiglieri un rispetto e non uno svilimento delle istituzioni», ha ripetuto ieri lervolino. Replicando ai suoi stessi alleati che difendono il cda «che fa bene» e rifiutano di riconoscere il valore pohtico delle delibere della Vigilanza parlamentare.

Luoghi citati: Medioriente, Roma