Nell'«Islamic Valley» dove nessuno ama più Bush di Maurizio Molinari

Nell'«Islamic Valley» dove nessuno ama più Bush CLEVELAND OSPITA LA PIÙ' GRANDE COMUNITÀ' ARABA D'AMERICA Nell'«Islamic Valley» dove nessuno ama più Bush La maestra Fawzia: voterò il senatore anche se è della stessa lobby di miliardari reportage Maurizio Molinari inviato a CLEVELAND (Ohio) UN forum di arabo-americani ha seguito e commentato in diretta il dibattito CheneyEdward per la tv al-Jazeera da uno studio realizzato per l'occasione nelle vicinanze di Lorain Avenue, nel cuore di quei sobborghi di West Cleveland che tutti chiamano Islamic Valley. «Al-Jazeera da queste parti è vista in tutte le case perché gli arabo-americani la considerano come la Bibbia su quanto avviene in Medio Oriente» spiega Fatina Salaheddine, ventisettenne direttrice del mensile «Al-Sahafa» (Il Reporter), alla quale la tv del Qatar si è rivolta per organizzare la diretta. «La popolarità di al-Jazeera - aggiunge - nasce dal fatto che gli altri network sono faziosi, a cominciare dalla Cnn che dà sempre in diretta la morte di ogni israeliano ma non fa certo lo stesso per ogni civile ucciso in Iraq». «Al-Sahafa» ha la redazione al numero 11535 di Lorein Avenue, di fronte c'è il grande spaccio alimentare «Al Madina», poco lontano la macelleria halal «Holy Land» ed un po' ovunque i segni evidenti di una delle comunità arabe - musulmani ma anche cristiani - più numerose d'America. Quattro anni fa gli arabo-americani scelsero Bush - che raccolse il 45 per cento delle preferenze contro il 38 di Al Gore ed il 13 di Ralph Nader, egli stesso d'origine mediorientale - ma l'il settembre, la guerra al terrorismo e l'attacco all'Iraq hanno radicalmente mutato gli umori e i sondaggi di Zogby International realizzati per l'Arab American Institute anticipano che il 49 per cento deUe preferenze questa volta andrà al candidato democratico. «La verità è che Kerry non ci piace, fa parte della stessa lobby di miliardari a cui appartiene Bush - dice Fawzia Gilani Williams, maestra elementare al centro islamico della più grande moschea cittadina sulla 130" strada - ma tutto è meglio fuorché rinnovare il mandato ad un presidente che vuole fare solo guerre». Fawzia Gilani ha 37 anni, è sposata ad un ex militare dell' Us Air Force convertitosi all' Islam dopo aver sentito cantare Cat Stevens, ed ogni mattina verso le 9 varca la soglia della moschea per insegnare a bambini fra i cinque e sette anni matematica, lingua araba ed i fondamenti dell'Islam. Quando entriamo in classe sui banchi ci sono dei computer portatili e lei, velo bianco in testa e coperta fino ai piedi da un soprabito scuro, è intenta a spiegare ai piccoli Maryon, Titania e Niambi che «cristianesimo ed Islam sono simili perché noi musul¬ mani aspettiamo il ritomo di Gesù sulla terra». L'insegnante Fawzia è musulmana osservante nata in Gran Bretagna da una famiglia indo-pakistana, la giornalista Fatina è invece laica, ama truccarsi e vestirsi alla moda, è nata da un matrimonio misto fra una musulmana ed un cristiano e viene dal Libano. Ciò che le accomuna è la convinzione che «dopo l'il settembre le vita qui è mutata e siamo circondati dal sospetto e dai pregiudizi». Fawzia punta l'indice soprattutto contro i media «che diffondono l'idea che ogni musulmano è un teirorista» mentre per Fatina ad essere responsabile è l'amministrazione Bush: «Il Patriot Act consente alla polizia di perquisire uffici e negozi, imprigionare senza formulare imputazioni, accusare senza avere prove, molti lo hanno provato in prima persona». In questo angolo del Midwest sulle sponde del lago Eire i primi musulmani arrivarono oltre un secolo e mezzo fa quando Henry Ford scelse di importare operai dallo Yemen per costruire automobili. Da allora in maggioranza lavorano nelle manifatture - il setto¬ re più colpito dalla crisi economica - e le diverse ondate di immigrati hanno dato vita ad una comunità composta da molti gruppi: oltre al ceppo locale ci sono gli indo-pakistani, gli indonesiani, gli originari dai Paesi arabi (a cominciare da Libano e Territori palestinesi) e, ultimi arrivati poco prima dell'I I settembre, qualche migliaio di somali. In tutto l'Ohio la somma di arabo-americani e americani di fede musulmana è pari all'I,5 per cento della popolazione e se votassero in blocco per Kerry potrebbero fare la differenza. «L'unica maniera che Bush ha per riconquistarci è annunciare in diretta tv l'abolizione del Patriot Act» sottolinea tradendo emozione la direttrice di «Al-Sahafa» che ha nel suo studio proprie foto a fianco di Bill Clinton, Hillary, l'ambasciatore saudita principe Bandar, Suha Arafat ed il primo ministro libanese Hariri. La presenza di pregiudizi anti-arabi in America è confermata dal sondaggio del Consiglio sulle relazioni islamico-americana diffuso ieri secondo cui un cittadino su quattro guarda con sospetto al termine «musulmano» ed una delle ferite aperte è Cleveland perché fu qui che subito dopo l'I 1 settembre alcuni abitanti aggredirono fisicamente dei cittadini di fede islamica ad un distributore di benzina ed è sempre qui che l'imam della grande moschea, il palestinese Fawaz Damra, è stato condannato a metà settembre a due mesi di prigione e quattro di arresti domiciliari per aver «mentito sui legami con gruppi terroristi al momento di chiedere la cittadinanza americana». A Columbus, nel sud dell' Ohio, l'Fbi invece ha arrestato due presunti militanti di Al Qaeda - Nuraddin Abdi e Imam Paris - e sgominato quest'anno un piano per attaccare gli shopping mail che era stato ideato dallo stesso Khalid Sheik Mohammed riconosciuto regista degli attacchi dell'11 settembre del 2001. Ciò che più divide i residenti della Islamic Valley è la questione del terrorismo. «Non è vero che i dirottatori dell' 11 settembre erano dei musulmani perché chi uccide bambini e si uccide non può essere considerato un musulmano» assicura l'insegnante Fawzia Gilani esprimendo rigetto per l'opinione che «tutti i terroristi finora trovati sono dei musulmani». «Non è vero insiste - sono solo dei disperati, sarebbe come definire "cattolici" i terroristi dell'Ira». Ma c'è anche chi la pensa diversamente, come nel caso di Michel, cinquantenne uomo d'affari cristiano libanese giunto in America vent'anni fa, secondo cui «bisogna votare per Bush perché è l'unico che ha capito la necessità di fronteggiare un Islam aggressivo ed intollerante che negli anni Settantaha travolto il mio Paese ed ora minaccia il mondo intero». John Edwards accolto dai suoi sostenitori all'aeroporto di Cleveland