Ingorghi felliniani e poesia sul gran raccordo dei romani

Ingorghi felliniani e poesia sul gran raccordo dei romani RIVOLUZIONE IN VISTA PER IL «GRA» CON LA PAURA CHE LA CORSA A PAGAMENTO FACCIA AUMENTARE ULTERIORMENTE GLI INTASAMENTI Ingorghi felliniani e poesia sul gran raccordo dei romani I disagi celebrati da Corrado Guzzanti quando in tv imitava Venditti e le ansie quotidiane degli automobilisti vittime delle code eterne la storia Filippo Ceccarelli MA allora è vero che, al corto di quattrini, le amministrazioni pubbhche (nel caso specifico il Tesoro) producono pura poesia surreale, audaci rovesciamenti di senso, sadismi fiscali, oppure barzellette poste al vaglio e quindi accolte negli Studi di Settore. Eccone una, per esempio: chiedere il pedaggio, cioè dei soldi, per potere passare sul Gra, il Grande Raccordo Anulare di Roma. E magari installarvi anche dei caselli, così, per snellire le file lungo le uscite strategiche: tanto ce n'è già poco di traffico da quelle parti. E davvero si vorrebbero conoscere gli stenografici delle riunioni in cui, pure a livello tecnico, è fiorita l'ipotesi di quest'ultimo giugulare tributo. Per i romani, infatti, e non solo, il Gra è sinonimo di blocco, ingorgo, intasamento, accumulo di rabbia e poi di rassegnatissima disperazione, «Qui fama notte». Qui, sul maledetto Raccordo, dove per misteriosi scambi simbohei l'ostruzione s'è fatta vita e poi arte, musica, visione e deformazione. S'. riuo. Jerà Roma di Fellini, 1972, quel pianosequenza che dal casello, sotto la pioggia, mano a mano inquadra la marmellata di lamiere, autentica soglia infernale per accedere all'Urbe. Non a caso Fellini era irresistibilmente attratto dal Gra. Lo scrittore Andrea De Carlo ha raccontato in un suo romanzo che il regista era riuscito a infilare quel luogo di difficoltoso scorrimento, tra le «onde d'aria e il rumore dei camion in corsa nel buio», addirittura in un progetto di film sul più arcano e allucinato degli scrittori, Carlos Castaneda. E' qui - non è specificato in quale delle 31 uscite - che sarebbe avvenuto l'incontro tra quei due visionari. E però. Se l'accoppiata FelliniCastaneda sembra eccessiva, se si ritiene che non valga la pena di sciuparla a contatto con le desolanti contabilità finanziarie del ministro Siniscalco, beh, il Gra ha contribuito a ispirare anche uno spettacolo di una delle più intense coreografe di questo tempo. Pina Bausch. Il Gra con i suoi campi residuali, i capannoni selvaggi, l'abbandono intermittente, i campi nomadi. E non va bene neanche la Bausch? Perfetto. E' qui che si voleva arrivare: alla straordinaria canzone di Corrado Guzzanti - «Tutta Roma» s'intitola - che fa il verso a Venditti e come megho non si potrebbe esprime i sentimenti degli automobilisti romani nei riguardi di quei 70 chilometri di ineffabile circonvallazione: «Vieni con me amore, sul Grande Raccordo Anulare/ che circonda la capitale, e nelle soste faremo l'amore/ E se nasce una bambina poi la chiameremo Roma». Si badi: «Nelle soste», plurale. E tali da consentire, nella loro indeterminata abbondanza e nella loro durata, addirittura la possibilità di generare. L'inno di Venditti-Guzzanti andrebbe suonato a Montecitorio al momento del voto sul pedaggio. Uscita per uscita, dà conto in effetti del disagio, quasi un male di vivere, che si incontra nel percorrere il Gra: la nuova gestione del bar («Bruno l'infame») di avvelenatori ed evasori; distributori di sigarette che «te fregano» il resto; macellerie che, sospettosamente, escludono di vendere carne di mucca pazza. Quindi rischi più propriamente automobUistici: un piccolo errore «e te poi ritrova sulla Roma-L'Aquila, occhio al cartello», una minima distrazione e la via Cassia «te risucchia». Sul tutto un monito: «Megho la multa dell'ingorgo». E non vale solo per quel «pezzetto contromano» dalle parti della Tomba di Nerone. Drastica è la spiegazione: «Ce poi morì de vecchiaia». Nell'ingorgo. Paterno dunque l'appello terminale: «Me raccomando». Ora è veramente difficile e forse anche crudele far pagare la sopravvivenza, magari per renderla ancora più difficile. Già bastano, in fondo, i continui lavori, con annessa scoperta di villa e necropoh romane (l'Anas, organizza poi anche utili mostre, l'ultima dedicata a «Gli aspetti della vita quotidiana sulla via Latina»). O il passaggio di mezzi corazzati. O le corse clandestine a 300 all'ora (20 macchine sequestrate e 300 persone identificate nel giugno del 2003). Al peggio infatti non c'è mai fine, e i sogni politici solo annunciati. le promesse di risanamento alla rovescia, le grandi opere d'inusitata e comprovata irrealizzabilità costringono anche chi non vorrebbe a diventare conservatore. Come molte, come troppe cose romane, l'archeologia dell'anello stradale si trascina appresso elementi mitici. Tanto per cominciare, i cartogrammi dell'originario disegno di Marcello Piacentini (1941) sono andati persi. E per continuare, sembra che il Gra sia stato progettato da un ingegnerefunzionario dell'Anas che di cognome faceva Grà, con l'accento (su questo la conferma si è rivelata più difficoltosa del previsto). L'impressione, comunque, o il sospetto, è che la fatidica circonvallazione sia venuta fuori un po' da sé, spontaneamente, caoticamente, comunque all'insegna delle strettoie e dell'occlusione. O forse invece s'è formato, il Gra, secondo arcane e retrattili geometrie che negli anni hanno intrecciato tronchi, rami e fabbriche abusive di lampadari per la gloriosa sventatezza di quel sacro recinto che ha nome Roma. Parola d'ordine è «Qui famo notte» Sulla traccia d'asfalto mille sorprese: dalle ville imperiali che spuntano alle corse notturne a 300 all'ora con venti auto sequestrate in un anno Come per molte cose della capitale le origini dell'anulare sono leggendarie I cartogrammi di Piacentini sono svaniti E si racconta che il progettista dell'Anas si chiamasse proprio Grà di cognome FINE DELLA CORSA GRATIS MAZARA DEL VALLO Alberto Sordi In una scena de «L'ingorgo»

Luoghi citati: L'aquila, Mazara Del Vallo, Roma, Urbe