0 Dickens crudele e spietato

0 Dickens crudele e spietatoADELPHI PUBBLICA «RITRATTI DI SCRITTORI», RACCOLTA DI INEDITI DI ROBERT WALSER. ANTICIPIAMO IL BRANO DEDICATO AL GRANDE ROMANZIERE INGLESE 0 Dickens crudele e spietato Robert Walser PER tre mesi interi non ho fatto altro che leggere Dickens e a questo punto per me è finita, non ho alcun dubbio, e ho la profonda convinzione di essere spacciato. Sono disfatto, distrutto e annichilito e in ogni momento posso attaccare al chiodo la mia professione di scrittore. Dickens mi ha tolto di mano la penna finora così scorrevole e ali apparenza così agile, e adesso sono condannato a diventare un ciabattino, me ne rendo conto. Credo fermamente nella mia rovina, neanche per un solo istante riesco più a dubitare della mia fine. Quando lessi Dostoevskij, che è di sicuro un buono scrittore, anzi, fatte le debite proporzioni, uno scrittore senz'altro di grandissima qualità, mi sentii piacevolmente invoghato a cominciare io stesso a scrivere, e credo di essere riuscito a mettere insieme delle cosette in effetti, o meglio all'apparenza, graziose e garbate, diciamo. Ora che ho letto e imparato a conoscere questo tenibile Dickens, però, mi sento povero, afflitto e abbandonato, del tutto privo ormai di ogni buon proposito e di ogni fiducia in me stesso, e da questo momento in poi so di non possedere né un briciolo di arguzia, né un qualche barlume di talento. Dickens mi ha semplicemente defraudato della possibilità di trascorrere la mia esistenza scrivendo, e quindi per me è giunto il momento di mettere giudizio e dire a me stesso che ho l'anima di un sarto. Datemi un paio di forbici, mettetemele per favore in mano affinché tagliando abiti su misura io possa in futuro guadagnarmi poveramente il pane quotidiano, a meno che io non sia destinato a morire di fame, ad andare in rovina nella miseria più nera, a fare fallimento per mancanza di un lavoro e a cadere nella depravazione. Vi prego fervidamente di volermi almeno compiangere e compatire, poiché il mio debole talento oruidi è iu grado al massimo di svolgere solo mansioni molto semplici come quella di accendere i lampioni. Era proprio destino che arrivassi a questo punto? Avendo letto Dickens, che è senza dubbio il capotribù, il maggiore, il colonnello e il generalissimo di tutti gh scrittori, io sono diventato ormai un misero e triste mendicante: «Vi prego, signore e signori, impietositevi, lasciatevi commuovere e abbiate compassione di un poveruomo colpito e duramente castigato dalla sorte». Se mai nella mia vita sono stato superbo o spavaldo, ora ne sono punito, i fatti lo dimostrano con inequivocabile chiarezza. A causa di Dickens, che incute Spavento e terrore, è re tra i re, meraviglia fra le meravighe del mondo, essere onnipotente di primissimo ordine per il quale non vi è nulla di impossibile, io mi sento del tutto svalutato, non ho più la minima importanza, sono un vero buono a nulla e da un momento all'altro posso diventare un lustrascarpe. 0 Dickens crudele e spietato, tu mi mortifichi e fai di me un servo e precisamente, con ogni probabilità, uno di quelh che puliscono le strade. Dickens, tu sei un mostro, a causa tua da un momento all'altro io potrò e dovrò diventare un operaio pagato a giornata e a ore, o un manovale e un carriolante, fatto su cui non intendo più sprecare né gemiti né lamenti. Sospirare mi sembra vano e piangere ridicolo. Ogni fiducia in me stesso mi ha di colpo abbandonato, ma perché, cosa ho fatto? Ebbene, l'ho già detto a più riprese: perché ho letto Dickens. Perché ho letto Dickens, che è un principe, un lord e un conte, mentre altre persone sono soltanto dei poveri diavoli e dei poveri cristi, per questo mi vedo trasformato nella maniera più sgradevole e incresciosa in uno stagnapadelle e in un arrotaforbici e ne sono altamente ovvero altissimamente costernato. Ho per esempio ancora un minimo di fiducia nella mia missione? Macché! Non posso non essere avvilito in modo tanto misero e pietoso. Voglio tuttavia starmene zitto zitto, non dire una parola e sopportare se possibile in maniera rigorosa e paziente la miseria che devo a Dickens. Comunque sia, se, a quanto pare, sono vittima di un destino che muove a compassione, la colpa è di Dickens e di nessun altro. Da quando ho letto Dickens, io fremo, trepido, ondeggio e vacillo. Per aver osato leggere Dickens, sono distrutto sul piano econo¬ mico e morale e ho lo strano piacere di potermi render conto che non sono buono a nulla, e ciò, essendo assai penoso, è naturale che mi rallegri ben poco, anzi per niente. Intrecciare canestri sembra sarà inevitabilmente da oggi o da domani la mia principafissima occupazione, a meno che io non sia forse troppo goffo per questo tipo di lavoro o non preferisca magari emigrare nel paese delle esistenze europee falhte, vale a dire in Ameri¬ ca. Dickens, che è un dio, mi ha cacciato a pedate sotto il tavolo: «A cuccia! Su, da buono!» e io sono stato costretto a squagliarmela dal piacevole posticino in cui ero rimasto fino a quel momento. Strisciare e scodinzolare non è stato in genere, a quanto ne so, il mio forte, ma ora ho un'eccellente competenza in ambedue le arti. Quante cose non si imparano! La mia sorte adesso è dunque lo scoramento. Sono un verme, e a causa di chi? A causa di Dickens! Ma a me in fondo piace molto essere un verme per amore del grande e immortale Dickens e sono, nonostante tutto, contento di averlo letto: ora so finalmente chi è l'autore di opere che non appassiranno né invecchieranno mai. No, gentile signora, Dickens non invecchia mai e Lei sbaglia se crede di poter sorridere di Dickens con aria di condiscendenza. Di un Dickens non si sorride e non è possibile sentirsi superiori a lui. Chi non ha ancora letto Dickens merita le mie felicitazioni, perché lo attendono dehzie inaudite. Coloro che leggono Dickens, in verità, imparano a conoscere una delle gioie più grandi. Legga tranquillamente e con piena fiducia Dickens, è un piacere come nessun altro. Chi non si stupisce di nulla legga Dickens, allora imparerà a stupirsi. Mentre molti altri scrittori vecchi e nuovi trotterellano miseramente come fiacchi pedoni e sono felici di avanzare anche se a passi lenti e pesanti, raggiungendo a poco a poco la loro modesta meta, Dickens se ne sta seduto in carrozza come un vero gran signore. Vede che lustro? Ode lo strepito della corsa? Cavalli focosi sfrecciano via al galoppo con la carrozza di gala splendidamente decorata. Che slancio inquietante, che sfarzo travolgente! No, Dickens non invecchia mai! v Finché fluirà il Rio delle Amazzoni, scorrerà in tutta la sua magnificenza anche Dickens, e la rossa aurora del suo valore non si potrà mai cancellare. Per tutto ciò mi permetto di consigliarLe: legga Dickens. kens «Tu sei un mostro, a causa tua da un momento all'altro io potrò e dovrò diventare un operaio pagato a giornata e a ore, o un manovale e un carriolante Ma perché? Che cosa ho fatto?» Lo scritto di Robert Walser che pubblichiamo in questa pagina è un capitolo («Dickens») della raccolta inedita Ritratti di scrittori, che l'editore Adelphi manda in libreria questa settimana, nella bella traduzione di Eugenio Bernardi («Piccola Biblioteca», 163 pagine, 9,50 euro). Si tratta di testi composti in un ampio arco temporale (fra il 1902 e il 1936) e apparsi su giornali tedeschi, svizzeri e praghesi, quindi raccolti nelle Opere complete curate da Jochen Greven per l'editore Suhrkamp. Oltre a Dickens, vi figurano autori come Brentano, Kleist, Holderlin, Goethe, Schiller, Dostoevskij, Tolstoj], Lenau e alcuni altri. Come si legge nella quarta di copertina del volumetto adelphiano, questi ritratti, che rispondono a scelte di empatia o di contrasto, parlano con tipica grazia e ironia degli scrittori cui sono dedicati, «ma al tempo stesso molto dicono del loro autore; inclinazioni, idiosincrasie, sogni e gusti». Nato a Biel nell'aprile del 1878, morto a Herisau nel dicembre del 1956, scrittore svizzero di lingua tedesca, Walser pubblicò, attorno ai trent'anni, tre romanzi di carattere autobiografico: i fratelli Tanner nel 1907, L'assistente nel 1908 eJakob von Gunten nel 1909, quindi novelle e schizzi. Autore dal passo consistente nella sostanza ma lieve nella forma, è considerato dli i di di su cui non intendo più sprecare né gemiti né lamenti. Sospirare mi sembra vano e piangere ridicolo. Ogni fiducia in me stesso mi ha di colpo abbandonato, ma perché, cosa ho fatto? Ebbene, l'ho già detto a più riprese: perché ho letto Dickens. hé h l Dikh è il h lca. Dickens, che è un dio, mi ha cacciato a pedate sotto il tavolo: «A cuccia! Su, da buono!» e io sono stato costretto a squagliarmela dal piacevole posticino in cui ero rimasto fino a quel momento. Strisciare e scodinzolare non è stato in genere, a quanto ne so, il mio forte, ma ora ho un'eccellente competenza in ambedue le arti. Quante cose non si imparano! La mia sorte adesso è dunque lo scoramento. Sono un verme, e a causa di chi? A causa di Dickens! Ma a me in fondo piace molto essere un verme per amore del grande e immortale Dickens e sono, nonostante tutto, contento di averlo letto: ora so finalmente chi è l'autore di opere che non appassiranno né invecchieranno mai. No, gentile signora, Dickens non invecchia mai e Lei sbaglia se crede di poter sorridere di Dickens con aria di condiscendenza. Di un Dickens non si sorride e non è possibile sentirsi superiori a lui. Chi non ha ancora letto Dickens merita le mie felicitazioni, perché lo attendono dehzie inaudite. Coloro che leggono Dickens, in verità, imparano a conoscere una delle gioie più grandi. Legga tranquillamente e con piena fiducia Dickens, è un piacere come nessun altro. Chi non si stupisce di nulla legga Dickens, allora imparerà a stupirsi. Mentre molti altri scrittori vecchi e nuovi trotterellano miseramente come fiacchi pedoni e sono felici di avanzare anche se a passi lenti e pesanti, raggiungendo a poco a poco la loro modesta meta, Dickens se ne sta seduto in carrozza come un vero gran signore. Vede che lustro? Ode lo i dlllli f «Tu sei un mostro, a causa tua da un momento all'altro io potrò e dovrò diventare un operaio pagato a giornata e a ore, o un manovale e un carriolante Ma perché? Che cosa ho fatto?» Robert Walser, scrittore mitteleuropeo