Rumsfeld: «Via da Baghdad anche senza la pace»

Rumsfeld: «Via da Baghdad anche senza la pace» IL SEGRETARIO USA ALLA DIFESA PARLA A UN MESE DAL VOTO PER LA CASA BIANCA Rumsfeld: «Via da Baghdad anche senza la pace» «Ce ne andremo appena il Paese sarà capace di gestire la sicurezza da solo» intervista RìtaCosby SEGRETARIO alla Difesa Rumsfeld, come descriverebbe l'attuale situazione in Iraq? «Il livello di violenza è salito in vista deUe elezioni di gennaio e ci aspettiamo che resti alto per tutto questo periodo. Una lihera democrazia irachena è qualcosa che terroristi ed estremisti non vogliono: danneggerebbe i loro obiettivi in quella parte del mondo. Così stanno facendo tutto il possibile per impedirlo. Ma saremo noi a vincere, loro perderanno». Lei pensa che avremo sempre nostre truppe laggiù, anche solo poche migliaia? «No, non lo credo» Lei pensa che le truppe Usa si ritireranno del tutto? «Mettiamola così: noi voghamo andare, aiutare, partire. Questo è la filosofia americana». Lei ha detto che potremmo anche andarcene prima che la situazione irachena sia del tutto pacificata. Qual è la data più vicina che lei immagina per il ritiro? «In questo momento quella parte del mondo non è certo perfettamente pacificata...» E non lo sarà mai? «Non lo sarà mai. Io penso che, quando ce ne andremo, la situazione non sarà perfettamente pacificata. A quel punto, però, gh iracheni, avranno sviluppato la capacità di gestirsi da soli la sicurezza. E avremo trovato un accordo per ridurre le forze della coalizione e partire». Questo momento potrebbe essere subito dopo le elezioni? Corre voce che potrebbe essere così... «Oh, no!» E quando cominciamo a ritirarci? «Abbiamo già cominciato. Inizialmente avevamo oltre 150 mila soldati, ora siamo a 137 mila». Vedremo un ritiro più accelerato, dopo le elezioni? «Dipende dalla situazione della sicurezza nel Paese». E' possibile che le truppe americane aumentino? «Certamente. Sarà la situazione sul terreno a determinare la velocità alla quale le forze di sicurezza irachena si dispiegheranno sul terreno e la quantità di uomini che gh Stati Uniti e le altre forze della coalizione ritireranno o invieranno. Il generale Abizaid, responsabile per le opera¬ zioni in Iraq, potrebbe chiedere un aumento delle truppe Usa in vista delle elezioni. Finora non lo ha fatto, ma potrebbe». C'è qualche idea di reintrodurre la leva obbUgatoria? «Mio Dio, no! Non credo che i repubblicani appoggino un progetto del genere. Io personalmente sono assolutamente contrario. Non c'è nessun bisogno di una coscrizione obbligatoria, negh Stati Uniti d'Ame¬ rica. Non abbiamo problemi ad attrarre e trattenere la gente che ci serve. Chi ne parla semina zizzania. Non riesco proprio a immaginare come oggi si possa reintrodurre la leva». Zizzania pohtica? «Non ne ho idea». Forse, in queste settimane di campagna per le presidenziali, è una tattica per spaventare gli elettori. «Non è mio compito addentrarmi nelle dietrologie pohtiche». Tornando all'Iraq, lei pensa che si potrà votare il nuovo parlamento a gennaio? «Sì, lo penso». , Che elezioni saranno: totali o parziali? «Elezioni totah. Intendo dire elezioni, buone elezioni». Se in tre o quattro province la situazione fosse troppo pericolosa, lei sarebbe d'accordo a votare solo nel resto del Paese? «Noi riteniamo che ogni singolo iracheno e ogni singolo afghano debbano avere un'opportunità di votare». Lei prevede che lo potranno fare in ogni provincia? «Me lo aspetto. E lo spero». Il primo ministro iracheno. lyad Aliawi, è stato qui di recente. Che cosa risponde a chi dice che è una marionetta nelle vostre mani? «Mi è difficile capire come a qualcuno possa venire un'idea del genere. C'è un uomo la cui vita è quotidianamente minacciata. E c'è un sacco di gente nell'altra metà del mondo, comodamente seduta a casa sua, che può dire degh altri tutto quello che le passa per la testa. Io credo che, se non hai camminato con le scarpe di un altro, devi essere molto attento a ciò che dici di lui». Quant'è importante il successo in Iraq per il resto del mondo? «Molto importante. Pensi a che cosa significhi avere un Paese democratico in quella parte del mondo con quel tipo di vicini. E a quanto potrebbe influenzare gli altri Paesi e gh abitanti di quei Paesi». E se in Iraq si verificasse il peggior scenario possibile, la guerra civile? Che cosa significherebbe per la regione? «Nessuno al momento vede nel Paese segnah di guerra civile. Ovviamente ci sono preoccupazioni, anche alla luce dei conflitti etnici del passato. Al momento però non c'è nessun rischio. Il rischio è che i terroristi e gh estremisti e tutta quella gentaglia che va in giro a tagliare le teste e uccidere innocenti si impadronisca del Paese. Immagini un Paese governato da gente che taglia le teste... Un incubo. Il govemo taleban è un esempio perfetto di come sarebbe in quel caso l'Iraq». | Lei si aspettava una rivolta cosi brutta? «No». Perché no? «Perché nessuno ha un'idea esatta del futuro». Dove pensa che siano le armi di distruzione di massa che non si sono trovate? «Io sono molto sorpreso che non siano state trovate. Credo che nessuno dubiti del fatto che Saddam Hussein le aveva. O le ha nascoste molto bene, o le ha spostate in un altro Paese, o le ha distrutte. Lo sapremo fra qualche anno». Copyright Fox News Channel ^^jl II problema "" laggiù non è la guerra civile ma tutta quella gentaglia che va in giro a tagliare teste e uccidere innocenti Se arriveranno al potere i terroristi e gli estremisti si ripeterà la situazione dell'Afghanistan dei taleban 99 Il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld, «falco» dell'Amministrazione Bush

Persone citate: Abizaid, Bush, Donald Rumsfeld, Rumsfeld, Saddam Hussein