La villetta dei misteri che ha segnato il destino degli italiani in Iraq di Francesco Grignetti
La villetta dei misteri che ha segnato il destino degli italiani in Iraq UNA SERIE INQUIETANTE DI COINCIDENZE La villetta dei misteri che ha segnato il destino degli italiani in Iraq Là vivevano le due Simone, ma da là sono passati anche Enzo Baldoni e prima ancora la Castellani e Simeone, cioè i «patron» di Quattrocchi Francesco Grignetti ROMA La chiamano ormai, la villetta dei misteri. Di li sono passati, in un modo o nell'altro, tutti gli italiani protagonisti delle ultime avventure sfortunate in terra d'Iraq. E' la palazzina a un piano che da dieci anni fa da casa e da ufficio per i volontari di «Un ponte per...» cbe arrivano dall'Italia, ma che ha ospitato anche «Intersos» e tanti altri militanti del mondo pacifista e umanitario. La villetta è naturalmente quella della famosa irruzione del 7 settembre, quando una dozzina di armati, a volto scoperto e in tenuta paramilitare, preleva le due Simone e i loro collaboratori iracheni. In quel giardinetto e in quella cucina era stato ospite gradito il povero Enzo Baldoni, amico delle Simone. Era addirittura di casa l'interprete Ghareeb, il 'palestinese cbe guidava la macchina per Baldoni ed è stato ucciso durante il rapimento del giornalista free-lance sulla strada di Najaf. E infine, per la solita villetta passarono, sia pure per poco, anche alcuni protagonisti del primo fattaccio che fece scoprire all'Italia quanto si rischiava in Traq: ovvero Valentina Castellani e Paolo Simeone che avevano lavorato prima per le Ong e poi si erano messi in proprio con una società di security e assoldarono Fabrizio Quattrocchi e i suoi tre compagni. Un incredibile intreccio. Una somma di coincidenze che sta facendo la gioia dei dietrologi su mille siti Internet. Il che non vuole affatto dire che ci sia un legame tra tutte queste vicende. Ma il reticolo di relazioni e di incontri è lì davanti agli occhi. La villetta, lo raccontano tutti quelli che sono passati per Baghdad, era un piccolo confortevole quartier generale per pacifisti, volontari e giornalisti. Una tappa quasi obbligata nei giri della città. Ma qui non si parla di un caffé o due. La villetta era il simbolo di «Un ponte per...». Le due Simone non la volevano lasciare a nessun costo, anche se era evidente che il quartiere si andava sempre più degradando. Enzo Baldoni si fidava ciecamente delle volontarie. Per dire, fu Paola Gasparoli, un'altra pasionaria di «Un ponte per...», a fargli conoscere Ghareeb quando lui sbarcò a Baghdad. Si fiutarono e si piacquero; lui scaricò i primi interpreti che gli erano stati consigliati da un giornalista della Rai. Ghareeb era talmente di casa, in quella villetta, cbe era lì che preparava i convogli umanitari per Falluja ad aprile e per Najaf il giorno di Ferragosto. Non è un modo di dire. I camion della Mezzaluna rossa erano fermi davanti al loro cancello e le medicine o l'acqua uscivano dal loro giardino. Baldoni era lì anche lui cbe caricava medicine. Ed è lì cbe il giornalista di «Diario», quando partì per la seconda spedizione umanitaria verso Najaf, il 20 agosto, lasciò alle due Simone i suoi soldi. Preparò una busta e la diede alla Torretta. Un segno di totale fiducia. Proprio a lei toccò la triste incombenza di portarli poi al nostro ambasciatore, dopo che il rapimento del giornalista era finito così tragicamente. Fin qui, però, si potrebbe pensare a un'ovvietà: le due Simone, Baldoni, Ghareeb fre¬ quentavano tutti lo stesso mondo di valori, condividevano l'avversione alla guerra e agli americani, parteggiavano per la «resistenza». Sorprendente semmai è che per la villetta del mistero sia passata anche Valeria Castel- lani, la «assoldatrice» di vigilantes. La giovane trentenne vicentina che, assieme al suo fidanzato Paolo, un ex militare, poi divenuto sminatore per le Ong, in particolare per «Intersos», si era riciclata nel settore delle scorte armate. Ma per l'inviato di «Famiglia cristiana» che li aveva raccontati in un suo reportage, a Bassora i due erano «angeli tra le bombe». Era l'ottobre 2003 e Fulvio Scaglione raccontava così le loro attività: «Valeria Castellani di "Un ponte per..." sta provando a far ripartire l'esportazione dei datteri, che un tempo era una delle voci prioritarie dell'agricoltura irachena». Era l'autunno 2003, la situazione irachena era relativamente stabile, tra Bassora e Baghdad non c'era, come oggi, una lunga interminabile terra di nessuno. E anche ìa Castellani ovviamente era passata per la solita villetta. Ad aprile 2004, quando vengono sequestrati Stefio Cupertino Quattrocchi e Agliana, avrà ben altra notorietà. Da qualche mese passa per essere amministratrice di una società di security, vive con i suoi «dipendenti» all'hotel Babylon di Baghdad, si dà da fare per raggranellare contratti nel mondo delle multinazionali americane e dell'amministrazione di Paul Bremer. Nella palazzina lavorava anche l'interprete Ghareeb, il palestinese che guidava la macchina del giornalista di «Diario» e che venne ucciso durante il rapimento sulla strada di Najaf La sede di «Un ponte per...» a Baghdad, dove le due ragazze italiane erano state rapite
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