Scelli e il giallo della «lista americana delle spie»

Scelli e il giallo della «lista americana delle spie» IL COMMISSARIO DELLA CRI SMENTISCE L'ESISTENZA DEL DOCUMENTO USA CHE COMPRENDEVA I NOMI DELLE DUE SIMONE Scelli e il giallo della «lista americana delle spie» «Mai detto esistesse, furono i rapitori a parlare di un elenco di informatori» ROMA Ci proverà la Procura di Roma a disvelare il giallo della lista delle spie, quella cui ha fatto riferimento Maurizio Scelli in televisione. Il commissario straordinario della Croce Rossa aveva spiegato il principale mistero di questo rapimento - per-hé le due Simone? - con un particolare sorprendente: i rapitori erano convinti di avere a che fare con due spie, mascherate da operatori umanitari, perché avevano in mano un foglio dell'intelligence americana. Ieri, di fronte a un diluvio di polemiche. Scelli ha precisato meglio: «Io non ho mai detto che esisterebbe una lista di provenienza americana contenente un elenco di persone considerate spie tra le quali Simona Pari e Simona Torretta. Ho soltanto riferito quanto mi è stato ribadito più volte dal mediatore durante le ore di attesa in una stanza chiusa a Baghdad, cioè cbe i sequestratori consideravano spie le due volontarie itabane poiché i loro nomi apparivano in una lista che sarebbe stata in loro possesso». Scelli, come si ricorderà, era arrivato in Iraq martedì mattina con un aereo speciale. Con lui, l'ormai famoso dottor Nawar, suo interprete e braccio destro nei meandri iracheni. I due sono andati, a un appuntamento con il mediatore. Incontro al buio: dovevano farsi trovare a un certo angolo di strada e farsi riconoscere da alcune medicine tenute sotto il braccio. Li una misteriosa automobile li ha prelevati, i due sono stati bendati e fatti accucciare sul fondo della macchina, poi varie giravolte per Baghdad, infine una lunghissima, interminabile attesa in una stanza senza finestre e con la porta chiusa. Ogni tanto qualcuno entrava per discutere con Scelli e Nawar. E' in questa occasione che è tornata fuori la storia dello spionaggio. «Proprio perché non documentata, ma solo riferita, il mediatore ha richiesto al dottor Nawar, che era con me, di giurare sul Corano che tale circostanza non rispondesse al vero». Nawar ha dato la sua parola d'onore che non erano spie né lui, né Scelli, né tantomeno le due Simone. E la questione è stata superata. Ora ci proverà la Procura a fare luce. Sulle cassette audio che Scelli ha consegnato e cbe testimoniano la successione del¬ le telefonate nel corso della trattativa. E sulla lista delle presunte spie. Ma senza farsi troppe illusioni: ogni richiesta di cooperazione giudiziaria con le autorità della Coalizione è finora caduta nel nulla. Sarà ben difficile, poi, che gb americani confermino o smentiscano cbe esiste (o esisteva) un elenco di spie. Tantomeno diranno se in quell'elenco, come ha riferito Scelli, ma evidentemente lo dice sulla base della conversazione di Baghdad, figurava Ghareeb, l'interprete palestinese di Enzo Baldoni. Oppure se c'erano espliciti riferimenti ai volontari di «Un ponte per...». In assenza di accertamenti giudiziari, per ora restano le supposizioni. Escluso che le due Simone siano spie al servizio degb Stati Uniti, si pensa che ci sia stato un grosso equivoco. Effettivamente, all'epoca di Paul Bremer, tutti gli occidentali e le Ong presenti in Iraq erano stati invitati a registrarsi presso la Cpa. Le due Simone lo fecero, ma controvogba, anzi irritate perché la vivevano come una «schedatura» e come un «pericolo». Forse quella lista ha preso a circolare. E qualcuno l'ha interpretata come un elenco di spie. Una storia di eqpuivoci. Come il tuffo al cuore cbe SimonTorretta ha provato nell'istane in cui si è sollevata il velo nero che le impediva di vedere. In quel momento, come s'è visto sul video comparso su Al Jazeera, aveva di fronte Scelli cbe le veniva incontro. Ma con una pistola in mano. La famosa pistola che era passata di mano un attimo prima. E li Simona Torretta non ha capito più nulla. Ha raccontato l'altra notte al pm Pietro Saviotti: «Ho avuto paura. Poi ho capito». Insomma, per un attimo ha creduto cbe Scelb fosse un killer. La storia della pistola, che i rapitori avrebbero mandato a Scelli come simbolo del rifiuto di usarla sulle due ragazze, ha avuto anche un seguito tragicomico. Scelli teneva la pistola, scarica, nella sua borsa durante l'interrogatorio condotto da Franco Ionia. Se l'era del tutto dimenticata. E' stata Simona Torretta a parlarne a Saviotti. Breve colloquio tra i due magistrati. E lonta se l'è fatta consegnare. Ora risulta tra i reperti di reato e l'ha in esame il Ros dei carabinieri. Ma è una perizia del tutto accademica, [fra. gri.] Le prime immagini di Simona Pari e Simona Torretta dopo la liberazione: hanno appena sollevato il velo per mostrare il volto

Luoghi citati: Baghdad, Iraq, Roma, Stati Uniti