«Conferenza di pace solo dopo il ritiro dall'Iraq» di Cesare Martinetti

«Conferenza di pace solo dopo il ritiro dall'Iraq» IL MINISTRO DEGLI ESTERI FRANCESE RIACCENDE LE TENSIONI TRA PARIGI E WASHINGTON «Conferenza di pace solo dopo il ritiro dall'Iraq» Barnier: al tavolo anche la resistenza armata Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI Via le truppe americane da Baghdad o niente conferenza di pace, alla quale devono essere invitate anche le forze della resistenza armata. Così dice la Francia, alzando improvvisamente il tono del dibattito internazionale il giorno dopo l'uccisione di un francese in Arabia Saudita. Una notizia che ha innescato ima nuova ragione di tensione a Parigi. Il Quay d'Orsay annuncia che ormai «la sicurezza dei compatrioti all' estero è il primo obbiettivo della diplomazia francese». Intanto è da più di un mese che i giornalisti Georges Malhrunot e Christian Ghesnot sono sequestrati dai terroristi dell'Esercito islamico, gli stessi che hanno assassinato Enzo Baldoni. Cresce l'angoscia ma anche i dubbi sulla strategia seguita per cercare di liberarli. E di loro, non si sa più nulla. Ieri mattina è stato il ministro degli Esteri Michel Barnier ad approfittare di quello che i giornali francesi hanno definito il «virage», cambio di linea, di Bush sull'Iraq e cioè dell'apertura della Casa Bianca all'idea di una conferenza intemazionale. «Se si vuole che questa conferenza abbia luogo - ha detto Barnier - bisogna che all'ordine del giorno sia iscritta la questione del ritiro delle truppe americane». Una questione che è già «posta dalla situazione in Iraq». E cioè: «caos, insicurezza crescente anche nella zona verde». In sintesi, ha riassunto il capo della diplomazia francese, l'Iraq è ormai 'in «buco nero». Barnier non e ondato oltre. non ha ripetuto ciò che aveva detto alla vigilia e cioè che, secondo Parigi, la conferenza avrebbe dovuto tenersi a New York presso la Nazioni Unite, «luogo simbolico». Colin Powell ha parlato di Amman o del Cairo. Parigi, su questo, sembra non fare altre obiezioni. Ma il Quay d'Orsay ha insistito sui contenuti della conferenza che, ha ricordato, era stata proposta da Francia e Russia fin dalla primavera 2003, a guerra appena conclusa, prima che gli americani installassero a Baghdad la loro «amministrazione» che, secondo Parigi, si è beh presto trasformata in «occupazione». La conferenza ha senso - si dice qui - se potrà discutere dell'ipotesi massima e cioè il ritiro delle truppe americane prima della «pacificazione», come peraltro è stato adombrato nei giorni scorsi anche dal Pentagono. Ma a questa conferenza, ha aggiunto ancora Parigi, dovranno poter partecipare l'insieme delle forze politiche irachene, «comprese - parole di Barnier - quelle che hanno scelto la via della resistenza armata». Condizioni difficili da accettare da Washington e che probabilmente fanno parte dei segnali che costituiscono la trattativa supersegreta che Parigi sta conducendo nel silenzio per liberare i giornalisti. Dopo le prime due settimane - quando ogni passo diplomatico era supermediatizzato - da giorni quasi non si parla più degli inviati del Figaro e Radio Franca Internationale. E cominciano i ripensamenti sulla strategia diplomatica seguita dal Quay d'Orsay: «Era giusto chiedere la loro liberazione perché francesi? Giusto insistere sul fatto che la Francia era stata contro la guerra in Iraq?», si sono chiesti in un articolo su Le Monde i capi di «Reporters sans frontières», la più attiva organizzazione di giornalisti francesi. Intanto domenica è arrivata da Gedda, Arabia Saudita, la notizia che un tecnico francese del gruppo di elettronica professionale «Thales», Laurent Barhot, 45, era stato assassinato. Nulla, per il momento, fa pensare che si tratti di un omicidio politico o terroristico. Ma l'allarme è scattato lo stesso. «La sicurezza dei francesi all'estero - ha detto Barnier - è più che mai una priorità. La minaccia terroristica e i rischi di ogni tipo sono molto alti. Nessuno è al riparo». Così il Ministero degli Esteri ha diramato ai francesi all'estero norme di comportamento piuttosto elementari, come non andare in giro da soli ed evitare ogni rischio. Riunioni, sono state organizzate nelle rappresentanze diplomatiche con le aziende che lavorano all'estero. C'è una paura diffusa, di tutto. Ucciso in Arabia Saudita un tecnico del gruppo Thales. Il Quay d'Orsay in allarme per la sicurezza dei connazionali all'estero «La regione è un buco nero. Nessuno è al riparo» Il ministro degli Esteri Michel Barnier