Andare a piedi è una lezione di vita

Andare a piedi è una lezione di vita LONTANO E VICINO Enzo Bianchi Andare a piedi è una lezione di vita FERMATE il mondo, vogliamo scendere un attimo!». Quanti non si sentirebbero oggi di condividere la popolare esclamazione sbrigativa, ripresa da Silvio Zarattini in esergo a un capitolo del suo recente libro Apiedi? Quello che vediamo con sempre maggior frequenza accadere attomo a noi - un "attomo" che si fa via via più ampio, rendendoci contemporanei e vicini di situazioni un tempo fuori da ogni nostro orizzonte fisico e mentale - ci travolge con il suo inarrestabile incalzare, provoca sgomento, angoscia, sensazione di impotenza, ripiegamento su se stessi, meschineria di comportamenti, rimpicciolimento di ideali e attese. Ci sentiamo sopraffatti da eventi più grossi di noi, in balìa di poteri più o meno occulti che condizionano le nostre esistenze, cosicché molti cedono alla tentazione di rifugiarsi in una micro-identità da difendere contro tutto e contro tutti. Ha allora l'effetto di una sana boccata d'ossigeno l'itinerario che ci propone Zarattini, a cominciare dal mezzo di locomozione prescelto: "a piedi". Sì, in un'era in cui ci si vuole muovere sempre più veloci, in cui non si capisce più che le uniche distanze incolmabili sono quelle del cuore, fa bene riconsiderare la propria vita e gli incontri che l'hanno caratterizzata con il passo del pellegrino: un incedere ora affaticato, ora sollecito, guardingo o entusiasta, ma sempre a misura d'uomo. L'autore - che ha lavorato a lungo nel giornalismo e nel volontariato intemazionale ci parla con passione di un percorso che non è stato solo il suo, ma piuttosto quello di un'intera generazione che ha iniziato a camminare nel soffio rinnovato della chiesa del concilio. Così, come compagni di strada ritroviamo Maritain e de Lubac, Lazzati e Merton, Rahner e Carretto; ritroviamo alcuni personaggi famosi e tanti oscuri cristiani di ogni giorno che hanno saputo dare un nome e un corpo a speranze prima impronunciabili, hanno ingaggiato battaglie, patito sulle propria pelle cocenti sconfitte pur di poter offrire inattese vittorie alle vittime della storia; ritroviamo uomini e donne che difendendo la propria e l'altrui dignità hanno saputo "abbozzare una nuova umanità", ridare nuovo senso e inedita concretezza a parole fin troppo abusate come giustizia, pace, libertà, amore... Sì, viaggiando a piedi magari non si va molto lontano, ma si ha il tempo di scoprire luoghi in cui trova spazio il non-luogo dell'utopia, di "entrare nelle cose" con sapienza e discrezione, di ripensare al cammino percorso, di orientare i passi dell'indomani, di dialogare con i compagni di strada. «Camminando si apre cammino» ricordava Machado, e, soprattutto, si procede a un'andatura che anche il più debole riesce a sostenere. Zarattini intreccia ricordi personali e riflessioni teologiche, personaggi reali e parabole di fantasia, elogi della pazzia e giudizi assennati: ne nasce un libro che sfugge a ogni definizione di tipologia saggio, autobiografìa, testimonianza... - ma che ciascuno sente un po' suo fin dalle prime pagine. Non siamo forse tutti, credenti e non credenti, dei pellegrini alla ricerca di un senso, non solo davanti a noi ma anche nel nostro passato, nella strada percorsa, negli incontri avuti? Allora non c'è bisogno di "fermare il mondo" né, tantomeno, di "scendere": basta che impariamo nuovamente a fermarci noi, a sostare nell'amicizia e a vivere nella gratitudine. Silvio Zarattini A piedi Condizione necessaria per entrare nelle cose Messaggero. Padova 2004 pp. 272. G.11.30

Persone citate: Carretto, Enzo Bianchi, Lazzati, Machado, Maritain, Merton, Silvio Zarattini, Zarattini

Luoghi citati: Padova