Nel carcere-farsa del mago Nabokov

Nel carcere-farsa del mago Nabokov Nel carcere-farsa del mago Nabokov Masoiino d'Amico BENCHÉ ora tradotto, e brillantemente, dall'inglese, questo romanzo fu scritto di getto in russo, nel 1934, e del resto più russo di così non potrebbe essere. Rivolgersi alla sua versione nella lingua di Shakespeare è tuttavia ampiamente giustificato. Il principale autore ne fu nel 1959 Dmitri, figlio di Vladimir, con l'assistenza del padre, il quale per l'occasione operò qualche intervento e dichiarò di considerare questa redazione come definitiva. Dichiarò anche che all'epoca in cui scrisse il libro per la prima volta, a Berlino, non aveva mai letto Kafka, al quale a posteriori sembra facile avvicinarlo. Facile, ma superficiale. Non si terrebbe conto infatti della grande tradizione comico-visionaria russa, da Gogol fino a Bulgakov; del gusto russo per le fantasticherie indiavolate, di un surrealismo fiabesco, e sempre in chiave di ironia. Nel racconto di Nabokov tale Cincinnatus, che malgrado il nome senile ha solo una trentina d'anni, è stato condannato a morte e aspetta ogni giorno di conoscere la data dell'esecuzione, ma la comunicazione viene continuamente rinviata. Egli osserva così, mestamente, che gli si nega l'unico privilegio di chi si trova nella sua situazione, ossia - cosa negata ai comuni mortali - di sapere in anticipo il momento preciso della propria dipartita, e quindi di potersi regolare. Il perché della condanna di Cincinnatus non viene mai specificato, c'è solo un'allusione del narratore alla «turpitudine gnostica» del personaggio, il quale ha forse dunque commesso l'eresia di essere tutto spirito in un mondo tutto materia; Cincinnatus potrebbe essere punito semplicemente perché, invece di agire, «è». Il carcere dove attende il suo destino è un set da film dei fratelli Marx. Alla cella di Cincinnatus hanno infatti accesso le persone più improbabili, compresa l'inquietante uri-lolita figlia del carceriere, che flirta col detenuto. Questi però non le bada e chiede solo di avere un ultimo colloquio con l'infedelissima moglie Marthe (lo avrà, insoddisfacente come tutte le esperienze della sua detenzione, solo all'ultimo momento, grazie alla generosità della donna, che per concederglielo si concede a vari funzionari del luogo di pena). Cincinnatus, che come unico svago ha la lettura di un interminabile romanzo intitolato «Quercus» dove si segue la storia di un albero durante centinaia e centinaia di anni, è tormentato dal carceriere, un noiosissimo burocrate che lo assilla con le sue iniziative inopportune, e in un secondo tempo anche da un finto detenuto che alla lunga si rivelerà per il fatuo boia venuto a prendergli le misure e a fare amicizia con lui allo scopo di agevolare la riuscita della decapitazione. Visitano inoltre Cincinnatus, senza mai essere stato invitati, fastidiosi parenti della moglie, autorità, e persino una madre che egli non aveva mai visto in vita sua. Lucida come certi sogni, ravvivata da strepitose invenzioni di scrittura, la farsa prosegue allineando con la calma della follia una serie di gag di spassosa assurdità, in cui alla rassegnazione di Cincinnatus, che ha lucidamente accettato la propria diversità e che in questo non intende scendere a compromessi, viene ricorrentemente contrapposta la chiassosa inanità di tutti gli altri. Le pressioni sul nostro eroe, simbolo dell'individuo schiacciato da un regime totalitario che si esprime come pura volgarità, crescono così gradualmente per venti capitoli, riuscendo a estrarre variazioni sempre nuove sul tema anche quando questo è diventato scontato, e (qui, come in Kafka) non ci facciamo più illusioni sulla possibilità che il destino del protagonista possa cambiare. In conclusione, quando il mago Nabokov sembra avere spremuto la situazione fino all'estrema goccia, arriva il colpo d'ala di un finale di meravigliosa e persino straziante bravura. «Invito a una decapitazione», romanzo scritto in russo nel 1934, non avendo ancora letto Kafka: tale Cincinnatus, condannato non si sa perché, aspetta il boia in una cella che ricorda il set dei fratelli Marx Vladimir Nabokov: un surrealismo fiabesco, in chiave di ironia Vladimir Nabokov invito a una decapitazione trad. di Margherita Crepax Adelphl.pp. 222.^.16 ROMANZO

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