Uccisa a bastonate dal padre

Uccisa a bastonate dal padre NEL PADOVANO, L'UOMO E' STATO SUBITO ARRESTATO Uccisa a bastonate dal padre La ragazza marocchina voleva andarsene di casa Mario Loilo PADOVA Fin lì erano state botte con le mani nude. Ma l'altra sera il padre ha cominciato a colpirla anche con un bastone. Sotto quelle bastonate è morta una ragazza di 19 anni, Kaoutar Lhasni, marocchina di nascita, ma arrivata in Itaha quando di anni ne aveva quattro, piercing e jeans e t-shirt come tutte le sue coetanee, e un'inflessione dialettale più veneta che francese. Il padre Mohamed, 52 anni, da quindici integrato in questo paesone della ricca campagna veneta, dal nome che oggi sembra un destino, Grantorto, lui che qui è riuscito a comprarsi casa e a ricongiungere la famiglia, ora è rinchiuso in una cella d'isolamento del carcere Due Palazzi, accusato di omicidio volontario, con l'aggravante di averlo commesso su una figlia. La ragazza, l'altra sera, era corsa in camera sua dopo una dehe solite litigate: lui non voleva vederla uscire la sera, e andar in giro «con quegli amici poco di buono». Già aveva dovuto lasciar perdere un amico itahano. Ma adesso che frequentava un altro ragazzo, uno del Maghreb come lei e come la sua famiglia, sperava che, magari, la furente opposizione del padre si fermasse. Non è stato così. L'altra sera, dunque, la ragazza dalla cucina è corsa in camera: non doveva più riuscire a sopportare quehe che sentiva come ingiuste angherie. Così ha cominciato a preparare la valigia per andarsene di casa. In quel preciso momento il padre avrà forse pensato che la ribellione della ragazzina si stava spingendo troppo in là. Una figlia deve capire che l'autorità del padre non si discute. La lezione, a questo punto doveva essere di quehe che si ricordano. Quindi, giù botte, forse anche con un bastone, finché la furia non si placa, quando le forze di un uomo che picchia vengono meno, ma quando ormai un corpo di ragazza è esanime, sopra un pavimento schizzato di sangue. E' stato il figlio maschio, il più grande, ventidue anni, a fermare il padre. Ormai era tardi. Lui stesso si è accorto di aver storpiato quello che a suo modo voleva raddrizzare. La ragazzina era crollata davanti alla porta del bagno. La moghe Amina si batteva la testa dal dolore. Il figlio piccolo si era sveghato e piangeva. I figh grandi erano era lì accanto, sconvolti da quel mattatoio. E lui, ancora ansimante, col sangue sulle mani. Una tragedia inimmaginabi- le. In un contesto dove è venuta a nudo la parte oscura di quegli equilibri quasi tribali dell'istituzione famiglia, in un mondo diverso, come il Veneto operoso e porta d'Europa, dove i figh dei cinquantamila immigrati regolari che vi ci abitano vestono in jeans e t-shirt e portano il piercing, e respirano un'altra aria e altre regole di vita. I carabinieri li ha chiamati il figlio più grande. Hanno visto subito il corpo della ragazza, riverso a terra. La valigia ancora aperta, ancora da finire. Il bastone, quello non si è trovato. Il padre era abbandonato a una sedia, in un angolo della cucina. La madre abbracciata a cullare il figlio più piccolo. Gh altri due figh che prendevano a calci e a pugni ogni cosa, per la disperazione. Sono bastate poche domande per decidere il fermo di Lhasni Mohamed, 52 anni, nazionalità marocchina, permesso di soggiomo in regola, operaio metalmeccanico, incensurato. A sinistra Kaoutar Lhasni. Sopra: il suo cadavere trasportato all'obitorio

Persone citate: Kaoutar Lhasni, Lhasni Mohamed

Luoghi citati: Europa, Grantorto, Maghreb, Padova, Veneto