Con l'lraq lo sfidante gioca l'ultima carta

Con l'lraq lo sfidante gioca l'ultima carta IL CAMBIAMENTO DI STRATEGIA DEL CANDIDATO DEMOCRATICO Con l'lraq lo sfidante gioca l'ultima carta Il suggerimento di Clinton per recuperare lo svantaggio analisi corrispondente da NEW YORK LASCIA pierdere il Vietnam, attaccalo sull'Iraq». Dal letto del Presbyterian Hospital di Manhattan alla vigilia dell' applicazione di quattro bypass l'ex presidente Bill Clinton chiamò John F. Kerry per suggerirli di cambiare radicamente la propria strategia elettorale. La prima conseguenza è stato il rimpasto dei consiglieri del candidato democratico, con l'arrivo di una pattuglia di clintoniani guidata dall'ex portavoce della Casa Bianca Joe Lockhart ed il ridimensionamento della kennedyana Mary Beth Cabill e del guru politico Bob Shrum, nel cui curriculum vi sono sette sconfìtte elettorali su altrettante campagne (incluse quelle di Michael Dukakis nel 1988 contro Bush padre e Al Gore nel 2000 contro Bush figlio). Il secondo passo è arrivato con il discorso pronunciato ieri da Kerry alla New York University per illustrare il suo «piano per l'Iraq» in coincidenza con l'apertura della sessione dell'Assemblea Generale dell'Onu a New York, puntando a presentarsi agli americani come un affidabile leader alternativo, capace di «riconquistare il rispetto della comunità intemazionale». A rafforzare la convinzione dei democratici che l'Iraq può essere il terreno su cui battere Bush ci sono le notizie che arrivano da Baghdad: la soglia dei mille morti alle spalle, la Upi secondo cui gli evacuati dal fronte per ragioni mediche sarebbero 17 mila - ben oltre i numeri ufficiali del Pentagono - mentre si moltiplicano violenze e rapimenti con le truppe americane che restano ferme davanti alle roccaforti della guerriglia sunnita. Il peggioramento della situazione in Iraq è la carta che Kerry sta giocando per recuperare lo svantaggio su Bush (che se oggi si votasse vincerebbe con largo margine, lasciando all'avversario fra gli 8 a 12 Stati). I sintomi delle difficoltà democratiche sono evidenti dalla geografia della campagna di spot tv: ha pressoché rinunciato a bersagliare gli Stati del Sud, di dominio repubblicano, concentrandosi su quelli democratici come Maine, Oregon e New Mexico per consolidare lo zoccolo duro ed evitare pericolose frane. Kerry si sta giocando il tutto per tutto ma conta di ripetere la sorpresa dell'Iowa, quando in gennaio vinse a sorpresa le primarie del suo partito. «E' quando si arriva alla fine della corsa che esce in me l'anima del combattente» assicura il senatore del Massachusetts. Ma allorché le sfide diventano frontali George W. Bush si trova a proprio agio. Come dimostra l'accordo trovato ieri fra le due parti sui tre dibattiti pre-elettorali: il primo - il 30 settembre a Miami avrà come tema la politica estera e non, come annunciato, l'agenda della'politica intéma. Ovvero, entrambi gli sfidanti vogliono cimentarsi subito in un duello sull'Iraq. A' svelare cosa hanno in mente i repubblicani è stato George Bush padre descrivendo così alla Fox tv la svolta di Kerry: «Si sta avvicinando a quelle che erano le posizioni di Howard Dean», l'ex governatore del Vermont protagonista all'inizio delle primarie democratica di una campagna tutta anti-guerra. Più Kerry denuncerà gli errori di Bush, più i repubblicani tenteranno di schiacciarlo sull'immagine di Dean e sulle posizioni della sinistra radicale, nella convinzione che ciò gli alienerà i favori della classe media, tradizionalmente moderata e diffidente nei confronti dei liberal. «Continuare a ripetere le cifre di morti, feriti e dispersi - dice Danielle Pletka, analista dell'American Enteiprise Institute e consighera del team Bush-Cheney - significa da parte di Kerry giocare in maniera molto spregiudicata sui destini della nazioni a fini propri». A ciò bisogna aggiungere che i ripetuti cambiamenti di posizione di Kerry sul!' Iraq - il vicepresidente Dick Cbeney durante un comizio in Wisconsin ne ha elencati otto - avvalorano la tesi degli spot tv che continuano a descrivere il candidato democratico con varie declinazioni del termine «flip-flop». «Lo sbaglio di Kerry è attaccare il presidente da sinistra - commenta il «Wall Street Journal» - mentre dovrebbe farlo da destra, contestandogli di aver mandato pochi soldati in guerra e di non voler dare l'assalto a Fallujah e Ramadi». Simile l'analisi di William Safìre, editorialista del «New York Times», secondo cui invece di dilungarsi in complesse analisi politiche e strategiche Kerry si dovrebbe limitare ad affermare: «Bush sta perdendo la guerra, io la vincerò». I repubblicani possono accusarlo di essersi appiattito sulle posizioni radicali di Dean Poliziotti iracheni in tenuta anti-sommossa si addestrano a Bassora