Kerry: «La guerra di Bush al terrorismo? Solo bugie ed errori»

Kerry: «La guerra di Bush al terrorismo? Solo bugie ed errori» «SE VINCO IO, TUTTI I SOLDATI A CASA A COMINCIARE DALLA PRIMA META DEL 2005» Kerry: «La guerra di Bush al terrorismo? Solo bugie ed errori» «Si è concentrato su Baghdad ma ha tralasciato il nostro nemico più pericoloso, Bin Laden». «Saddam merita l'inferno ma non abbiamo trovato le armi proibite e l'intervento è ingiustificato» dal corrispondente a NEW YORK John F. Kerry sceglie l'Iraq come terreno per tentare di risalire nei sondaggi e landia un pesante attacco al presidente Bush accusandolo di «errori giganteschi» che hanno impedito all'America di concentrarsi sul confronto con il suo principale avversario: Osama bin Laden. Parlando di fronte al pubblico della New York University Kerry usa i toni duri suggeritegli dai nuovi consigheri clintoniani - come l'ex portavoce della Casa Bianca Joe Lockhart - per andare all'assalto del vantaggio accumulato da Bush nei stjndaggi (una media di ^ ^unti) datì'mdomani' della convention repubblicana. «Invadere l'Iraq ha creato una crisi di proporzioni storiche, B .sei non cawbieremo rotta abbiamo di fronte a noi la prospettiva di una guerra senza fine», esordisce Kerry, irridendo il presidente per l'ammissione di aver compiuto «errori di calcolo». «Sono stati dei fallimenti giganteschi - dice Kerry - in ogni momento critico in Iraq come nella guerra al terrorismo il presidente ha compiuto la scelta errata». L'obiezione di fondo è nell'aver «confuso la guerra al terrore con la guerra in Iraq» perché «Saddam era un brutale dittatore e merita sicuramente il suo posto all'inferno ma questa non è una ragione sufficiente per andare in guerra, la soddisfazione della deposizione di Saddam non può nascondere il fatto che abbiamo scambiato un dittatore per un caos che rende l'America meno sicura». Se fosse stato al posto di Bush, Kerry sarebbe andato in direzione opposta: «Avrei dedi¬ cato ogni energia a combattere il nostro più pericoloso nemico, Osama bin Laden». Al di là delle obiezioni politiche è strategiche il tentativo di Kerry è di demolire la credibilità di Bush presso l'elettorato. Per questo ricorda gli oltre mille caduti e settemila feriti per poi accusarlo di «aver mentito, mentire e continuare a mentire sotto l'influenza degli ideologhi che lo circondano» come dimostra il fatto che «non c'erano armi di distruzione di massa in Iraq e non sono stati provati collegamenti fra Saddam Hussein e gli attacchi dell'11 settembre». Il giudizio è ancor più severo sulla gestione del dopoguerra iracheno: «In marzo gli insorti ci hanno attaccato 700 volte in agosto 2700, in molte regioni del Paese i nostri soldati non entrano neanche; Moqtada alSadr ha più influenza nei sobborghi di Baghdad che il primo ministro, si combatte nelle strade, i bambini vanno a scuola attraversando cumuli di rifiuti, la disoccupazione è al 50 per cento e non è difficile trovare chi per 150 dollari getta una bomba contro i nostri convogli». Lo sfidante democratico promette in caso di vittoria di ritirare le truppe dall'Iraq cominciando dalla prima metà del prossimo anno. Per invertire la rotta Kerry propone all'America un piano in quattro punti, assicurando che questo è ciò che farà se verrà eletto presidente il 2 novembre. Primo: recuperare il sostegno intemazionale affinché altri Paesi partecipino con contingenti militari e fondi alla stabilizzazione dell'Iraq. «Non sarà facile perché li abbiamo trattati male, ma bisogna riuscirci». Secondo: accelerare la preparazione del¬ le forze irachene perché rispetto ai piani del Pentagono, che parlavano di 210 mila uomini, al momento ne sono disponibili «appena 5000». Terzo: rivedere i piani della ricostruzione per far sì che «gli iracheni si rendano conto che qualcosa sta concretamente cambiando nelle loro vite». Quarto: dedicarsi all'organizzazione delle elezioni politiche perché «gli iracheni non hanno l'esperienza necessaria mentre l'Onu assicura che la possibilità di tenerle è assai in dubbio». Il discorso si conclude con un'aperta sfida al presidente, tesa a mettere in risalto il suo isolamento politico: «Visto che sta arrivando a New York per l'Assemblea Generale convochi una riunione di leader dei mondo sugli aiuti all'Iraq». La risposta di Bush arriva meno di tre ore dopo, quando durante un comizio in New Hampshire sottolinea come gli attacchi di Kerry siano in contraddizione con quanto lo stesso senatore ha detto poche settimane fa sul fatto che avrebbe autorizzato l'attacco all'Iraq. Riguardo al più generale approccio di Kerry alle questioni della sicurezza, Bush lo definisce semplicemente un «ingenuo» perché «dopo l'il settembre l'America non può sottovalutare nessun pericolo e Saddam costituiva un pericolo perché era un nostro nemico, aveva usato armi di distruzione di massa, aveva rapporti con terroristi come Abu Nidal ed Al-Zarqawi e versava denaro alle famiglie dei kamikaze palestinesi». Il resto George W. Bush lo dirà questa mattina, intervenendo al Palazzo di Vetro di fronte all'Assemblea Generale dell'Onu. [m. mo.l