BUSH & ALLAWI Uniti in guerra e nelle urne

BUSH & ALLAWI Uniti in guerra e nelle urne itSUPER&jSgEipa^^ BUSH & ALLAWI Uniti in guerra e nelle urne analisi Luda Annunziata UN viaggio cruciale per l'attuale governo iracheno, e un appuntamento centrale per la campagna elettorale americana: il debutto sulla scena internazionale del premier di Baghdad, Allawi, al suo primo tour diplomatico ufficiale, è carico di simbolismi, attese, e un notevole livello di rischi. Sicuramente dominerà la scena americana - e forse intemazionale - questa settimana. Allawi è arrivato ieri a Londra , la città che è stata la patria spirituale dell'Iraq imperiale, e oggi vola a Washington, la patria spirituale del suo paese oggi. Un itinerario che non lascia nulla al caso: nella riluttante Europa è stato mandato la settimana scorsa il Presidente dell'Iraq, che non conta nulla; il vero leader politico del paese, Allawi, è stato invece preservato da imbarazzanti colloqui europei e lanciato direttamente sulla ribalta dell'asse angloamericano. E in questo percorso, come si è già visto in Inghilterra, nulla sarà risparmiato per sottolineare la sua importanza. A Londra ha concluso la visita con ima conferenza stampa accanto a Tony Blair. A Washington parlerà al Congresso in sessione congiunta, e interverrà all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E se Allawi si giocherà , in queste apparizioni pubbliche, il suo personale destmo, anche per il Presidente Bush questi passaggi saranno rilevanti. E' opinione comune infatti tra gli analisti di Washington che il candidato repubblicano abbia intenzione di fare della visita dell'alleato iracheno una occasione per ricostruire il massimo di consenso, possibile intorno alla guerra in Iraq. Se l'operazione riuscisse, Bush recupererebbe, a poche settimane dalle elezioni, sul terreno per lui 4 (Biùi s«ÌyoApfto4 i miK ai, r a Allawi arriva tuttavia in un momento più difficile del soli^aJLdJbattitftintanJo all'Iraq^ •tìi,'e-evioltìto -in'questi ultimi mesi, passando dalla querelle sulle origini della guerra, dalle bugìe sulle armi di distruzione di massa, alla preoccupazione per la situazione militare. Sul terreno iracheno, il bilancio dei rapporti di forza è ambiguo per il presente e ancora più ambiguo per il futuro. I numeri, con la loro crudele nettezza, definiscono le dimensioni delle preoccupazioni: dal passaggio di poteri al governo nazionale, in Giugno, ad oggi sono stati uccisi più soldati americani che nell'intera invasione; anche l'ammontare di feriti americani è senza precedenti: 1000 nel solo mese di Agosto. Sono queste le indicazioni che gli attacchi agli Usa e al governo Allawi stanno crescendo in scopo e in capacità, passando ad armi più potenti e sofisticate, con interventi su un territorio sempre più vasto: nelle ultime settimane si è visto in Iraq uso di granate e mortai, l'aumento di attacchi con bombe radiocomandate e di attacchi suicidi. L'estensione territoriale delle operazioni è tale da cominciare a lambire i santuari dell'insediamento occidentale, come la zona verde, che dovrebbe essere l'area inespugnabile delle strutture americane; e molta impressione hanno suscitato joel mondo intero le quaJtepuM», di guerriglia urbana nel vecchio quartiere dei fedelissimi di Saddam , in pienissimo centro di Baghdad. La crisi degli ostaggi non ha in America la stessa eco che ha in Europa. Gli Americani hanno in merito una posizione netta: i rapimenti sono atti di guerra, per cui non ci sono ostaggi ma solo prigionieri di guerra. Il che vuol dire che non c'è altra strada che eventuali blitz armati. La frizione con gli Europei, Francesi e Italiani, è dunque forte, ma soprattutto è condivisa, sia dai Repubblicani che dai Democratici. Tuttavia questi ultimi sequestri , in particolare per la loro tecnica da «squadroni della morte», sono una ulteriore sottolineatura della mancanza di ogni sicurezza fin dentro le case degli Occidentali. E questa è poi la principale discussione in Congresso: quanta sicurezza c'è in Iraq, quale territorio è controllato dalle truppe? Insomma, la campagna d'Iraq fa progressi o meno? Le domande sono funzionali a capire , nell'immediato, se sia davvero credibile tenere elezioni a Gennaio, come promesso e confermato anche di recente dal Presidente Bush e-dallo stesso Allawi. Tuttavia, dietro questi interrogativi c'è anche ...mwCdqmanda sul futy^o^Mv incertezze sono state di recente rinfocolate dalla pubblicazione da parte del New York Times di un documento riservato (l'indiscrezione è in sé un segno degh umóri di Washington) stilato dalla intelhgence per la Casa Bianca in cui il futuro iracheno appare decisamente buio, con due opzioni sul tavolo: quella ottimista, che prevede vari anni come adesso, e quella pessimista che parla di guerra civile. La guerra civile è d'altra parte 1 ombra che da sempre si allunga su questa guerra; ed è certamente lo scenario che fa scattare emotivamente il ricordo del Vietnam. E' con questo retropensiero che oggi si ascoltano le notizie sugli attacchi dentro Baghdad, o le proposte dell'ambasciatore Usa in Iraq John Negroponte che ha chiesto che ima parte dei fondi per la ricostruzione - quelli per la elettricità soprattutto - vengano impiegati nel rafforzamento della sicurezza. Non sorprende dunque che i malumori congressuali aumentino: toma a farsi sentire la voce dell'uomo che nella Capitale ha più influenza sulla politica estera, il Presidente della Commissione Esteri, Richard Lugar. Senatore veterano delle relazioni intemazionali, repubbhcano ma senza limiti di partito, Lugar ha gidgato un ruolo importante in tutta la storia irachena, appoggiando il Presi¬ dente, (che in materia di Esteri ha bisogno del consenso esplicito della Commissione) ma tenendo molto fermo nelle mani del Congresso la trasparenza di ogni operazione. La scorsa settimana un nervosissimo Lugar ha.-alzato i toni della.,critica,, accusando gli uomini della Amministrazione di star rappresentando erroneamente la realtà irachena. Facendo riferimento ai festeggiamenti che seguono nelle strade dell'draq la morte di un soldato americano, ha chiamato stavolta «folla danzante» proprio gli uomini di Bush. A lui si è unito un altro veterano delle relazioni internazionali, il Democratico Joseph Byden che ha condannato la mancanza di coerenza fra i rapporti fatti da Washington e quello che accade in Iraq. Insomma, il timore diffuso nella capitale americana è che si sia vicini a nuove operazioni, in vista delle elezioni di Novembre; qualcosa di simile a una offensiva finale. A questi timori va aggiunto il deteriorarsi delle relazioni fra l'Amministrazione e l'Onu, come è apparso evidente di recente dall'intervento del Segretario Generale Annan che ha definito «illegale» la guerra. Annan non è una pedina da poco nel gioco iracheno: se mai infatti si terranno elezioni nel paese mediorientale, sarà l'Onu a doverle garantire. Fino ad oggi l'Onu tuttavia non ha inviato suoi uomini, sottolineando che non ci sono condizioni di sicurezza tali da poterli inviare; Di fatto, una anticipata sfiducia, che mette in dubbio le elezioni stesse. Come si vede, c'è molto parlare di urne. Che sono poi il fattore che condiziona profondamente questo scorcio di fine anno. Le elezioni americane saranno decise anche da quanto fra poche settimane l'Iraq apparirà sotto controllo; le elezioni irachene di Gennaio, che dovrebbero consolidare o meno Allawi, dipendono dal risultato delle elezioni Americane. Tutti e due questi turni elettorali avranno a loro volta impatto sulla chiamata alle urne programmata in tutti i paesi della coalizione che sostiene l'Iraq: nei prossimi mesi ci saranno infatti elezioni in Inghilterra, in Australia , in Polonia, in Giappone e in Italia. Insomma, una grande infilata elettorale, un treno che ha già lasciato la stazione e i cui vagoni sono legati gli uni agli altri. Allawi, che con Bush è in sala macchine, arrivando in America avrà sulle spalle il compito e la responsabilità di rispondere ai dubbi e rilanciare gli entusiasmi. Secondo le anticipazioni arrivate ai quotidiani, la sua linea in Congresso sarà quella di sottolineare gli elementi positivi della situazione irachena, di sostenere la visione «bright» della realtà, con vincere ohe i pregressi ci sono e sono enormi. Nell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbero esserci addirittura alcune novità: si dice che Allawi potrebbe chiedere non solo all'Onu, ma anche agli Europei, di non abbandonare il suo paese. A Londra Blair , ieri, ha in qualche modo anticipato questo appello riformulando l'intera storia irachena: ha parlato infatti di un «Iraq 1» sui cui ci si è «legittimamente divisi in merito a come far cadere Saddam», e un Iraq di oggi, «in cui c'è un solo lato dove stare: la libertà». Un modo per aprire una nuova fase di discussione, lasciandosi alle spalle il passato. Funzionerà questa visita del premier iracheno? La solennità dei luoghi e l'emozione degh incontri, l'inevitabile stillicidio di violenze terroriste in Iraq, potrebbero aiutare. D'altra parte, Allawi è uomo troppo caratterizzato dalla sua lunga storia con la Cia per permettere alle emozioni di sorgere. Li risultato più probabile è che a Washington come in Iraq, la partita rimarrà in bilico. Il premier iracheno irfàmvo a Washington" maltrattato come un ospite di riguardo Il suo destino politico è cruciale per Washington Ma la visita avviene in un momento in cui molti in America si chiedono se l'Iraq non stia per diventare un altro Vietnam IL DUELLO GEORGE BUSH A sei settimane dal voto, il presidente George W. Bush resta favorito in gran parte dei sondaggi, ma non sfonda tra gli indipendenti, un gruppo di elettóri decisivo JOHN KERRY Il primo ministro iracheno ad interim Ayad Allawi tra le sue guardie del corpo