Un dilemma per Bush Ordinare la riconquista dell'Iraq guerrigliero di Maurizio Molinari

Un dilemma per Bush Ordinare la riconquista dell'Iraq guerrigliero AMPIE ZONE DEL PAESE NELLE MANI DEI RIBELLI Un dilemma per Bush Ordinare la riconquista dell'Iraq guerrigliero Oltre a Falluja controllano anche vaste zone di Ramadi, Baquba e Samarra. C'è il rischio di non poter svolgere le elezioni a gennaio Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK Il Pentagono pianifica l'assalto a Falliy ah per decapitare la guerriglia irachena e spianare la strada alle elezioni di gennaio, ma per ora il presidente George Bush esita a dare luce verde nel timore di ripercussioni negative sulla campagna elettorale. Dopo essere riusciti a porre fine ai combattimenti nel Sud, a Najaf e Kufa, con i miliziani sciiti di Moqtada al Sadr grazie all'intervento del grande ayatollah Ali Sistani, i comandi militari americani sono alle prese, nel Triangolo sunnita a Nord di Baghdad, con una situazione nuova: per la prima volta dalla caduta del regime del Baath di Saddam Hussein la guerriglia sunnita può vantare il controllo di alcune aree di territorio. Se la roccaforte degli insorti è, sin da aprile, la città di Fallujah nelle ultime settimane anche vaste zone urbane di Ramadi, Baquba e Samarra sono di fatto cadute in mano agli insorti, che'sono arrivati a sfidare gli americani vantando perfino il controllo a Baghdad di alcuni isolati di Haifa Street, una strada poco distante dalla zona verde dove hanno sede i comandi militari. Ciò significa che, se si votasse oggi, sarebbe impossibile aprire i seggi in almeno due provinole del Nord - Anbar e Diyala vanificando il valore della consultazione elettorale. Da qui la necessità di riconquistare il territorio concentrando l'offensiva iniziale, secondo quando ha scritto il «New York Times», su Fallujah dove si troverebbero anche le cellule di Al Qaeda fedeli ad Abu Musab al-Zarqawi. A spingere la Casa Bianca ad agire sono altri due motivi. Primo: il primo novembre è previsto l'inizio della registrazione di oltre 12 milioni di aventi diritto al voto in 600 uffici elettorali e per svolgere un tale processo serve un minimo di sicurezza. Secondo: negli ambienti repubblicani c'è malessere per una situazione in Iraq che il senatore del Nebraska Chuck Hagel ha descritto con le parole «non stiamo vincendo noi, le cose si stanno mettendo male». Hagel è un veterano del Vietnam e dietro le sue obiezioni c'è la preoccupazione che la guerriglia irachena abbia iniziato a rosicchiare territorio agli americani, come riuscì ai Viet Cong alla fine degli Anni 60. Al presidente spetta dunque decidere «quando» dare luce verde alla rasa dei conti con la guerriglia sunnita. Qualcosa sul.. terreno sta già maturando come ha dimostrato il lancio dell'operazione «Uragano» contro Ramadi - ma senza il definitivo via libera della Casa Bianca i marines che accerchiano Fallujah non si muoveranno. George W. Bush, si apprende da fonti diplomatiche a Washington, segue i preparativi militari ma è frenato da tre considerazioni. In primo luogo la campagna elettorale: a 43 giorni dal voto i sondaggi continuano a dare il presidente avanti rispetto allo sfidante democratico John Kerry e il timore della Casa Bianca è che qualsiasi tipo di iniziativa intrapresa possa portare incertezza e causare danni, rimettendo improvvisamente in gioco i democratici. Poi c'è il fronte delle Nazioni Unite, perché l'apertura della nuova sessione dell'Assemblea Generale - di fronte alla quale Bush parlerà domani - è destinata a esporre gli Stati Uniti alle critiche di numerosi Paesi sul!' Iraq e dunque non costituisce il momento migliore per lanciare iniziative militari in grade stile. Infine, sul terreno attorno a Fallujah, il comandante militare John Abizaid non può ancora contare sui quarantamila effettivi della Guardia nazionale irachena che ritiene necessari per riuscire ad assicurare il controllo della città una volta che i marines l'avranno riconquistata. La loro preparazione è stata affidata a un programma di addestramento del valore di 800 milioni di dollari e il Pentagono punta a disporre di unità affidabili, per evitare quanto avvenne in aprile quando i soldati governativi si dileguarono di fronte agli attacchi dei miliziani. L'atteggiamento attendista del presidente è oggetto di critiche da parte dei media. Il conservatore «Wall Street Journal» ha scritto in un editoriale che «la maniera giusta per attaccare Bush è da destra», perché «ha inviato pochi soldati in Iraq e non tenta di riconquistare Falkgah e Ramadi». Il moderato «Washington Post» in un'editoriale intitolato «Mr Bush e l'Iraq» ha accusato l'inquilino della Casa Bianca di essere vittima di una «grande illusione» aggiungendo: «Il presidente non solo ha evitato di dire come pensa di rispondere al peggioramento della situazione ma evita perfino di ammettere che sia peggiorata. Mettere la testa sotto la sabbia può avere dei vantaggi pohtici ma è profondamente irresponsabile e potenzialmente pericoloso». Il candidato democratico, John Kerry, si propone di sfruttare il momento di incertezza della Casa Bianca e ha fatto sapere che pronuncerà questa settimana un «discorso sull'Iraq» per denunciare tutti gli errori compiuti dall'amministrazione Bush. BILANCIO: 1159 MORTI ■ VITTIME USA Secondo i conteggi ufficiali dèi Dipartimento della Difesa americano, alla data di sabato 18 settembre 2004 erano 1029 i soldati Usa ad aver perso la vita in Iraq dal 20 marzo 2003, data d'inizio delle operazioni militari in Iraq, Fra le vittime, 779 sono morte in seguito ad azioni ostili e 250 per cause non ostili: fuoco amico o incidenti. I feriti sono 7.300 ■ CONFRONTI Le attuali perdite Usa sono quasi tre volte quelle della Guerra del Golfo 1991. Dal primo maggio 2003, quando Bush dichiarò «missione ' '-"' compiuta», ci sono stati oltre sei volte più morti rispetto alla prima fase della guerra. Dal 28 giugno, data del passaggio dei poteri al governo iracheno ad interim, sono morti più di due americani ai giorno Negli ultimi cinque mesi ci sono stati più feriti che nei tredici mesi precedenti a GLI ALLEATI Hanno complessivamente perso 130 soldati. L'esercito britannico ha registrato 64 morti; l'Italia 19; la Polonia 13; la Spagna 11 ; l'Ucraina 8, la Bulgaria 6; la Slovacchia 3; la Thailandia e l'Olanda 2; Danimarca, Estonia, Lituania, Ungheria e El Salvador una vittima ciascuno. I conteggi del Dipartimento della Difesa americana non tengono conto dei civili morti e neppure degli ostaggi Controlli ad Haifa Street, la via nel centro di Baghdad dove si ripetono gli attentati: un soldato americano e un passante iracheno