«Abu Moussa punta al potere per i sunniti» di Maurizio Molinari

«Abu Moussa punta al potere per i sunniti» DOPO L'INTERVISTA AL CAPO CHE A BAGHDAD GUIDA I MICIDIALI ATTACCHI CÓNTRO GLI AMERICANI «Abu Moussa punta al potere per i sunniti» L'analista americano Ullman: «La guerriglia ha anime e obiettivi diversi» intervista Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK «In Iraq la guerriglia è composta da molte anime, il cui comune denominatore è battersi per obbligare le forze della coalizione ad andarsene, nel caso dei gruppi sunniti c'è anche che un elemento in più, evitare la presa del potere da parte degli sciiti». Così Harlan Ullman, esperto di questioni militari del Centro di Studi Strategici ed Intemazionali di Washington nonché autore della dottrina «Colpisci ed intimorisci», interpreta l'intervista pubblicata ieri su «La Stampa» ad un capo della guerriglia di Baghdad, secondo cui a guidare gli attacchi contro la coalizioni sarebbero gruppi di ex baathisti che nulla hanno a che vedere con i tagliagole ed i sequestratori delle cellule di Al Qaeda. Che cosa pensa di tale tesi? «Credo che in Iraq al momento siano all'opera una grande quantità di gruppi, diversi fra loro sotto più punti di vista ma accomunati dalla volontà di usare le armi per obbligare le forze della coalizione multinazionale a ritirarsi in tempi stretti. Distinguere gli uni dagli altri è molto difficile, non si può escludere che esistano sovrapposizioni ed alleanze, l'identikit della guerriglia non è affatto limpido». Il capo guerrigliero identificatosi come «Abu Moussa» afferma che i piani della guerriglia risalgono al 1998 e vennero affidati da Saddam Hussein all'unità d'elite «Al Tajali». E' possibile che queste cellule sunnite siano quelle che creano maggiori difficoltà agli americani? «Tutto è possibile in Iraq. Il disciolto partito Baath ha lasciato dietro di sé fondi, armi e legami che possono essere certamente utili a chi sta combattendo. Esiste senza dubbio un' identità locale, nazionalista, della guerriglia che è riconducibile al Baath ed a ciò che rimane del deposto regime di Saddam Hussein. Non dimentichiamoci tuttavia che il Baath di Saddam è sunnita proprio come lo sono i miliziani di Al Qaeda». Che cosa intende dire... «Che tutti i gruppi e le fazioni dei sunniti in Iraq hanno un interesse comune: evitare che gli sciiti, maggioranza della popolazione, riescano a prendere il potere. Se è vero che la guerriglia può avere identità ed anime diverse quando poi si muove concretamente sul terreno lo fa sulla base degli interessi che godono di maggiore sostegno». Vede il rischio di un colpo di mano degli sciiti a Baghdad? «La situazione interna è tale che le elezioni politiche che sono state programmate ed annunciate per il gennaio del 2005 dovranno molto probabilmente essere rimandate, se non del tutto cancellate, e ciò po¬ trebbe portare il grande ayatollah sciita Ali Sistani a mettere nuove condizioni, a chiedere maggiore influenza, magari un cambiamento dell'assetto del governo ad interim e dell' assemblea consultiva che lo affianca, insomma più potere ed influenza. I sunniti si stanno preparando perché vogliono arrivare a questo momento pronti allo scontro frontale con gli sciiti, per riuscire a batterli». Un ritiro delle forze della coalizione potrebbe a suo avviso porre fine alla guerriglia? «Probabilmente sì, ma ciò non implica il fatto che tornerebbe la stabilità perché inizierebbe lo scontro armato frontale fra sciiti e sunniti per riempire il vuoto di potere venutosi a creare dopo la caduta del regime di Saddam Hussein». Condivide la tesi dell' amministrazione Bush quando afferma che il ritiro delle forze della coalizione multinazionale non farebbe altro che peggiorare le cose? «Certo. Siamo oramai in quello che appare come un vicolo cielo. Se le forze della coalizione resteranno in Iraq la guerriglia aumenterà di intensità, se andranno via si aprirà la strada alla guerra civile. La situazione nel complesso è davvero molto brutta, essere ottimisti mi pare impossibile. Per trovare una via d'uscita avremo bisogno di molto sangue, risorse, sacrifici e tempo. Non sarà certo una cosa di breve periodo». Come spiega l'intensificarsi degli attacchi della guerriglia nel mese di settembre? «Con la presenza di un'accorta regia politica dietro le azioni delle singole cellule. Il primo ministro iracheno Ivad Allawi è stato a Londra ed è in arrivo a New York dove parlerà alle Nazioni Unite. Ed anche il presidente Bush, in campagna elettorale, martedì si rivolgerà all'Assemblea Generale. Per la guerriglia è il momento migliore per delegittimare entrambi, far capire a colpi di morti e sequestri che in Iraq non c'è stabilità, non c'è sicurezza e non ci sono le condizioni per far svolgere le elezioni nel gennaio 2005». ^4n Anche il ritiro "" delle forze della coalizione non riporterebbe la pace perché si aprirebbe la battaglia con gli sciiti per riempire il vuoto di potere, siamo insomma in AA un vicolo cieco ^^ Fedelissimo di Moqtada al Sadr raggiunge la sua postazione nelle strade di Bassora

Persone citate: Ali Sistani, Allawi, Bush, Harlan Ullman, Saddam Hussein, Sadr, Ullman