Che maniere

Che maniere Che maniere Da Tiziano a Caravaggio nei pittori della Padania Marco Rosei Sgarbi ntova palestra che OPO l'esposizione «Da Tiziano a De CbiriBo." Là ricerca dell' identità», itinerante dalla Sardegna alla Sicilia ad Ascoli Piceno, la nuova «mostra Sgarbi», organizzata dall'Associazione Culturale Grandi Eventi Tekne di Daniele Algranti, affronta con grande impegno e brillantezza un tema cinquecentesco vasto e fascinoso. Il principale curatore, affiancato da Mauro Lueco e Filippo Pedrocco, lo sintetizza nel catalogo Skira nel titolo Le Maniere padane, partendo ancora una volta da Tiziano e approdando, con grandi impacci burocratici, al Caravaggio della Conversione di Saulo Odescalchi, (di dipinto più manieristico di Caravaggio concepito a Roma» (sempre Sgarbi in catalogo). Nei fuochi artifreiah della coruerenza alla vernice, ancora in assenza del quadro, nella quale la denuncia di quegh* impacci é sfociata neUe abituah accuse di cecità e di ignoranza rivolte agh organi di tutela. Sgarbi ha rivendicato, per l'impostazione della mostra, l'eredità del maestro bolognese Francesco Arcangeli e della sua idea di fondo, qui riferita al secolo della Maniera, di una cultura pittorica, «da Venezia, a Padova, a Ferrara, a Parma, a Cremona», della «Padania, definita da Longhi e Arcange¬ li, luogo storico e geografico di grandi testimonianze artistiche e letterarie»; daben distinguere dalla Padania «pohtica» rilanciata dalla Lega di Bossi, -- i - ' Coir quésta ' impostazione, la' mostra sr presenta come un'arena e una palestra di raffinatezze critiche e di ricchi intrecci comparativi fra i grandi maestri, Correggio e Pordenone, Parmigianino e Jacopo Passano, Lotto e Sebastiano del Piombo e Dosso Dossi, i Palma Vecchio e Giovane e Veronese, Tintoretto e El Greco, e una schiera di validissimi maestri veneti, ivi compresa l'attuale Lombardia orientale da Bergamo a Brescia a Mantova, emiliani è romagnoli, o approdati al Nord dal di là dalle Alpi, come il fiammingo Lodewijk Toeput il Pozzoserrato e l'olandese Lambert Sustris, che la storiografia dello scorso secolo ha via via fatto emergere dal limbo dei «minori». Il visitatore non si.aspetti la tradizionale sfilata di capolavori noti e illustrati; gh viene richiesta, e ciò é positivo, una vigile attenzione ai nessi fra opera e opera, di echi e di rimbalzi fra diverse aree culturali, fra maestri maggiori e minori. Verso la fine, è posto di fronte alle deheatezze manieristiche cremonesi di Bernardino Campi, fra devozione e mondanità, con la santa musicista Cecilia in veste di broccato d'oro assisa all'organo, la cui francata lignea così come lo sgabello presentano un omatissimo trionfo di decoro manieristico, e la santa Caterina, con una preziosa cinta di cuoio colorato e perle, che l'ascolta in piedi assorta anzi rapita, nascondendo sotto un drappo giallo la brutalità della ruota del martirio. Subito dopo l'occhio scivola a sinistra nella stanza alle spalle scoprendo l'aura calorosa, bruna e dorata, del Concerto in villa del Toeput di pretta maniera veneziana tintorettesca, con la dama al virginale e il suonatore di manderà che precorre di secoh Watteau. L'ordinamento, nel labirintico percorso che é difetto congenito e insuperabile dello spazio espositivo, alterna su base sommariamente cronologica diverse aree culturali locali fra di loro intrecciate e anche tempi diversi del medesimo artista, come ad esempio Tiziano, o generi, come il ritratto. Alcuni artisti offrono belle (detture» di tempi e modi diversi, come nel caso di Dosso, svariante dal «gior- gionismo» di Ninfa e satiro di Palazzo Pitti alla fantasia nordica della Madonna con il bambino detta la Zingarella della GaUeria di Parma e alla classicità eterodossa e michelangiolesca del Sapiente con libro. Ciò vale anche per il Passano, dalla giovanile serenità popolana della Cena in Emmaus di Cittadella al tumulto manieristico parmigianinesco del Martirio di santa Caterina di Bassano. È febee il recupero di piccoh maestri come Francesco Prata da Caravaggio e Giovanni De Mio, in realtà nodah neUe vicende deUe maniere settentrionah come in quest'ultimo caso, e altrettanto fehee è il confronto fra capolavori coevi come la pala del Pordenone di Vallenoncello e quella di Santo Stefano a Vicenza di Palma il Vecchio. Sono deboli alcune scelte di rappresentanza dei «grandi», come la Maddalena del Correggio, una discussa replica fra tante di un originale perduto, anche se fregiata dall'appartenenza alla National GaUery di Londra, o l'Adorazione dei Magi di Taggia, opera rubata e testé recuperata. È evidente la volontà forse eccessiva di presentare risultati critici aggiornatissimi e fortunate emergenze del mercato artistico, come nel caso deUe due ante del Savoldo oggi riunite e anticamente in San Domenico di Castello a Venezia o del Cristo e l'adultera del Romahino. Curata da Vittorio Sgarbi al Palazzo Te di Mantova l'esposizione è una palestra di raffinatezze critiche e di ricchi intrecci comparativi fra i grandi maestri La Maddalena del Correggio, replica di un'opera andata perduta Le ceneri violette di Giorgione Mantova, Palazzo Te Orario: lun 13-18,30 da mar. a dom 9-18,30. Fino al 9 gennaio