Camilla a Ferrara nella villa dei misteri
Camilla a Ferrara nella villa dei misteri Camilla a Ferrara nella villa dei misteri Bruno Quaranta RITORNA (attéso ritorno) l'ispettore Camilla Caghostri, creatura emiliana di Giuseppe Pederiali, ostinata, lesta, femminile in e oltre la divisa, un arioso segugio fra noi. Perché indagando apre o riapre ulteriori finestre, fra storia, letteratura, gastronomia, abbighamento, musica (il jazz di Gerry Gennarelli, Rossano Sportiello, Giorgio Roscighone, Gegè Munari)... Da Modena - che ospitò la prima inchiesta, Camilla nella nebbia - a Ferrara, rendendo omaggio (come potrebbe non essere?) all'universo bassaniano: il tennis club Marfisa, la magnolia, l'ombra di Micol. Bisognerà pure evocare (saper evocare) lo stile, così rintuzzando la miserrima prosa quotidiana. E' estate. Ferrara ricorda a Camilla «il suo paese della Bassa (...), con in più il Castello e i palazzi di favola». L'ha invitata Riccardo Merighi, un conoscente, fra i notabili della città, villa liberty nel centro storico, a proteggerla «un alto muro di cinta che sembra nascondere soltanto un orto e una casetta». A turbarlo (pare) è la figlia Fosca, tredicenne, fragile, fragilissima, forse ancora segnata dalla morte tragica di Antonio, il fìdanzatino, di sicuro straziata dal rapporto con la madre, Andrea, «l'allegria e la vitalità esibiti come un dovere mondano, e la leggerezza come una filosofìa di vita che non contempla la maternità tra i compiti coniugali». Merighi chiede a Camilla di spezzare (o, almeno, minare) il sortilegio che stritola Fosca, rappresentando ai suoi occhi «una figura di donna diversa dalla madre, autoritaria e dolce nel medesimo tempo». Ma l'ispettore nulla o quasi potrà fare. Di lì a poco, ancorché non ufficialmente, reindosserà i panni della poliziotta. Un colpo di pistola uccide Andrea, svelando un milieu torbido, osceno. Di là dei «vizi apparenti», ad affiorare è una verità mostruosa. Pederiali ne è l'artificiere egregio (perché «sa» farla brillare, non indulgendo al colpo di teatro tout court, non rinunciando cioè a radiografare le anime perse scovate in questo sottosuolo d'Italia; e perché richia¬ ma alla memoria - barlumi, lampi - l'impavido bisturi narrativo di Giorgio Scerbanenco). Dell'omicidio sarà accusata Fosca. Che cosa le accadrà? E il ladre? Che cosa lo sospinge a juttarsi nella piscina di casa? 0 si è di. fronte a un secondo delitto, magari «perfetto»? «La morale corrente e la tradizione romanzesca esigono che nella finzione l'assassino sia sempre catturato, o comunque punito. 0 almeno che trascorra il resto dei suoi giorni a macerarsi nel rimorso. Nella realtà sono tantissimi i delitti impuniti», riflette Camilla Caghostri, non rinunciando, beninteso, a punirli, o a salutarne la punizione, in qualche modo: «Mi fido di più della giustizia delle donne». Piace, all'ispettore Camilla, «camminare lungo le strade di Ferrara, città che somiglia a una bella contadina in aristocratiche vesti. Come essere al paese: le strade lastricate con i sassi di fiume, i silenzi che sembrano fermare il tempo, il colore dei coppi». I sassi di fiume che idealmente conducono (riconducono) Camilla a Modena, in piazza della Pomposa, quel selciato... Dove la ritroveremo, così fascinosa, così implacabile? Un'altra indagine per l'ispettore di Pederiali: tra delitti e suicidi lo sfacelo di una famiglia, oltre i vizi apparenti una verità mostruosa che a poco a poco affiora, invocando la «giustizia delle donne» Giuseppe Pederiali Giuseppe Pederialì Camilla e viz apparenti Garzanti pp. 246.215 ROMANZO
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