Eco: neirera del gossip chi paga è il lettore di Marco Neirotti

Eco: neirera del gossip chi paga è il lettore I RAPPORTI FRA MASS MEDIA E UNIVERSITÀ. INCONTRO CON IL SEMIOLOGO-SCRITTORE, CHE HA PARLATO IERI A BOLOGNA Eco: nell'era del gossip chi paga è il lettore Marco Neirotti inviato a Bologna A il titolo pronto, Umber■" to Eco: «I promessi sposi». Non per un romanzo, è ovvio, bensì per il tema che ha trattato ieri all'Università di Bologna: il rapporto fra mass media e atenei. Un augurio ironico ma con la convinzione che lo studio deve preparare al difficile compito di discemere nel mare delle informazioni. Bologna ospita l'incontro dell' Osservatorio della Magna Charta Universitatum, presieduto da Fabio Roversi Monaco: in 16 anni 500 università aderenti, con scopi come la libertà d'insegnamento e ricerca, il ruolo sociale e educativo. Professor Eco, voi parlate di «indipendenza». Ne hanno di più i professori o i giornalisti? «I professori, ma non perché siano migliori. Sta di fatto che se non sei uno che dice che due più due fa cinque - qualora il Rettore venga in aula a correggerti lo butti fuori a calci. Il giornalista è più limitato per il fatto che se ha idee forti di sinistra non è ben accolto dall' editore di destra, né ci andrebbe volentieri, e viceversa. Neil' ateneo c'è di tutto». C'è di tutto politicamente o anche in altri sensi? «In tutti i sensi. Ci sono, come nei giornali, gli Einstem e gh imbecilli. Devo dire, però, che nel caso dei professori non-Einstein, qualche nozione, seppur raccomandati, per essere arrivati fin lì ce l'hanno. Tra di voi... ne sento di belle». E a Bologna ci sono gli imbecilli? «Noooh. Tutti Einstein». L'università, come pluralismo, è paragonabile ai media? «È paragonabile all'edicola, dove trovi tutto e scegli». Anche su Internet si trova tutto. «Si trova tutto quello che ci hanno messo dentro. Ho fatto una ricerca sul Graal: su una settantina di siti, 68 sono fuffa, uno sembra l'enciclopedia, un altro è davvero interessante. Ma io conosco la materia e scelgo. Chi sta incominciando ad appassionarsi distingue? È come una guida del telefono: la leggo tutta, ma non ho un quadro della città. Cerco Rossi e ne trovo tanti, devo già sapere di più su ciò che mi interessa». Il web è un'infilata dì siti, la tv è sempre più spettacolo. Avremo anche il «Grande fratellino della politica» a cura di Bruno Vespa? «Questo è un problema serio. I media soffrono tutti di pettegolezzo e spettacolo. Si cominciò con il faccia a faccia KermedyNixon, uno parlava meglio e l'altro non sapeva farsi la barba. Oggi siamo ben oltre: si è esautorato il Parlamento, i politici, a parthe dal presidente del Consiglio, stanno più in tv che a Montecitorio o a Palazzo Madama. Lo stesso vale per i tribunali, basti pensare al processo di Cogne fatto in tv. Significa cambiare la nozione di democrazia. E il pubblico è abituato così». Come deve reagire secondo lei la carta stampata? «Lasciando perdere quella strada. Se la sera prima la tv dice di una bomba o di una ragazza strangolata, i giornali mandano cinque firme a fare articoli che si somigliano, vanno in cinque a vedere come piange la mamma». Non è sempre cosi. «Non sempre, ma accade». E che fare allora? «Come per i coccodrilli, i pezzi scritti quando una persona è ancora felicemente viva, cosa che mi pare giusta, per essere dignitosamente pronti se colti di sorpresa dalla morte. In questo caso si prevede un trend: sappiamo già che scoppierà un' altra bomba, che un'altra ragazza sarà uccisa. Allora preparia¬ mo articoli sul fenomeno, sulle spiegazioni, sul terrorismo piuttosto che sulla criminalità comune». E la cultura attraverso i media? «Le nostre pagine, queUe fatte bene, sono eccellenti. La Stampa è molto meglio del francese Figaro. Quello che forse oggi manca è una critica militante. Si fa l'intervista e nessuno scrittore dirà mai di aver scritto la più grande schifezza e nessuno domanda: quanto l'hanno pagata per questa porcheria? Alcuni se non concedi l'intervista non ti fanno la recensione, se la concedi dicono che ormai di te si sono occupati e non la fanno lo stesso. Il lettore paga e gh manca un pezzo del suo diritto: sapere se quel libro è orribile». E la censura? «Censura e autocensura. Ho lavorato in Rai tanti anni fa. C'era chi si autocensurava e diceva di essere stato censurato. Quando al vertice c'era Guala, era addirittura una tattica per fregarlo». Una sorta di mobbing al contrario? «Un sistema diffuso». Professore, parliamo tanto di multietnicità e lei fu il primo a parlare, sull'« Espresso», di «migrazione», avvertendo che non si trattava di pura emigrazione. Come inciderà questa sull'informazione? «Inciderà senz'altro. Lei già vede che Al Jazeera trasmette in tutto il mondo immagini e comunicati di una parte m guerra. Che cosa avverrà? Se vince Al Qaeda, cambierà molto. Ma è anche vero che i Longobardi sono arrivati con le bistecche sotto la sella e poi hanno imparato il latino». «I professori sono più liberi dei giornalisti Ma non perché siano migliori. Nell'ateneo ci sono gli Einstein e gli imbecilli» «Giornali e televisioni soffrono di pettegolezzo Però le nostre pagine . della cultura, quelle fatte bene, sono eccellenti» Umberto Eco è intervenuto ieri a Bologna all'incontro dell'Osservatorio della Magna Charta Universitatum presieduto da Fabio Roversi Monaco al DIRETTORE

Luoghi citati: Bologna, Cogne