«Non è il momento delle polemiche»

«Non è il momento delle polemiche» IL SEGRETARIO DI STATO COLIN POWELL REPLICA A KOFI ANNAN CHE HA DEFINITO ILLEGALE L'INTERVENTO «Non è il momento delle polemiche» «Bisogna essere uniti per portare il Paese a elezioni libere » intervista IL segretario di Stato americano, Colin Powell, ha incontrato i reporter del Washington Times per un confronto sui diversi temi di pohtica intemazionale. Particolare attenzione è stata data alle recenti affermazioni del segretario generale dell'Onu, Kofi Annan, a proposito dell'intervento in Iraq. Signor Segretario, ha molto da fare in questi giorni... «Sì, oggi mi sono occupato soprattutto di Iran, ho parlato con i colleghi europei, con il mio staff e con i miei collaboratori a Vienna per capire se possiamo arrivare a un'intesa tramite l'Alea. E' ora che la comunità intemazionale parli chiaro a proposito del programma nucleare iramano e del loro rifiuto di adeguarsi alla normativa intemazionale. E poi ho dovuto seguire la risoluzione in merito alla situazione nel Sudan. Si sta procedendo bene, credo. Probabilmente non raggiungeremo l'unanimità ma al momento non ci sono nemmeno minacce di veto. E su ogni argomento devo consultarmi quotidianamente con i miei colleghi e con diversi leader mondiali». A proposito, qual è il suo commento alle dichiarazioni di Kofi Annan sull'Iraq in merito all'opportunità dell'intervento? Non credo che abbia mai usato il termine «illegale» prima d'ora. Mi domando se questo sia utile per il nostro sforzo e anche a quello iracheno per portare nel Paese pace e sicurezza. «Non saprei darle conto parola per parola di cosa avesse detto il segretario generale dell'Onu negh anni passati, ma credo che abbia sempre ritenuto fosse meglio non passare all'azione senza ulteriori risoluzioni dell'Onu. Noi riteniamo invece che ciò che è stato fatto sia del tutto legale e conforme alle decisioni del Consiglio di sicurezza. Darò ai mezzi d'informazione una copia dell'articolo pubblicato l'estate scorsa su ima rivista specializzata da Will Taft, il mio consighere legale, che chiarisce come il nostro intervento sia avvenuto nel rispetto della legge intemazionale e delle risoluzioni Onu. Non bisogna dimenticare che nel 1998 anche il presidente Clinton bombardò l'Iraq senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu e non mi ricordo una reazione del genere. E quindi non era illegale. Da quanto ho letto della trascrizione, Annan è stato un po' trascinato per i capelli nel discorso da un giornalista molto in gamba che alla fine è riuscito a fargli usare quella parola "illegale". Ma è un giudizio che non accettiamo. E non mi pare utile. Che ce ne facciamo, a questo punto? Dovremmo cercare di raccogliere consenso attorno alla prospettiva di aiutare il popolo e il governo iracheno invece di avvitarci in queste questioni che, in ogni caso, non sono più attuali». Scusi, capisco che la sua posizione è in pieno accordo con l'operato dell'Onu, eccetera. Ma, in ogni caso, non credo che le decisioni del nostro governo possano essere definite illegali, immagino che possiamo affermare la nostra sovranità nazio¬ nale e a^ire di conseguenza quando e necessario. «Abbiamo il diritto di difenderci, che ci è garantito dall'Onu. E, a prescindere da ciò, il presidente degh Stati Uniti è autorizzato dalla nostra Costituzione, nel nome del popolo americano, alla difesa della nazione. E' il primo, fondamentale obbhgo di un presidente. Quindi, se fosse necessario, questo basterebbe. Ma non è necessario perché a darci ragione sono le leggi intemazionali e 12 anni di risoluzioni Onu. Io stesso ho contribuito alla preparazione della risoluzione numero 1441 e so di che cosa sto parlando. Ora alcuni miei colleghi, i francesi in particolare, hanno preferito, diciamo, dimenticarsi di questo ma stiamo parlando di 12 anni di violazioni accertate e sanzionate. Avevamo dato loro un'ultima chance e non l'hanno colta». Pensa che affronterà l'argomento con Kofi Annan? Ho sentito Kofi due volte prima delle sue dichiarazioni e abbiamo parlato d'altro. Non mi ha affatto detto delle sue intenzioni. Poi quando ho saputo, mi sono detto "Dobbiamo parlarne". Ma non c'è ancora stata l'occasione. Però ci sentiamo spesso, più volte nella settimana e sono certo che se non è oggi sarà domani, avremo un chiarimento. A volte è megho lasciar calmare un po' le acque. E, francamente conosciamo le rispettive posizioni. Ma lui, nell'intervista, dice anche che ritiene difficile, data la situazione della sicurezza in Iraq, garantire elezioni credibili. In sostanza, sostiene, se nel Triangolo sunnita non si potesse votare questo metterebbe a re- pentaglio la validità delle consultazioni a livello nazionale. Ma noi non ci aspettiamo che il 31 dicembre, o il 31 gennaio, quando si andrà a votare, la situazione sia questa. E in effetti, proprio stamattina mi hanno annunciato che le elezioni comunali si stanno svolgendo nel Sud del Paese in libertà e sicurezza. La gente si registra e va alle urne. Quindi non c'è motivo per cui non si possa votare. Quello che ora dobbiamo fare è trovare il modo mighore per affrontare e spegnere questa ribelhone». Che cosa si aspetta che succeda da qui a fine anno a Falluja e nel Triangolo sunnita per permettere elezioni sicure? «Ne parlavo giusto ieri con i nostri rappresentanti a Baghdad, l'ambasciatore Negroponte, il generale Casey, il generale Abizaid. Sappiamo bene, e lo sa bene anche il primo ministro Allawi, che queste aree devono essere riportate completamente e fermamente sotto il controllo del governo. Stiamo tutti lavorando perché questo accada. C'è stata la questione di Moqtada al Sadr, nel Sud, che per un periodo ci ha sottratto tempo e forze, ma ora, grazie alla combinazione di forza militare e diplomazia - e all'intervento dell'ayatollah Sistam - è stata risolta e la milizia è sotto controllo. Adesso noi stiamo cercando di ottenere qualcosa di simile a Samarra e nelle altre città: il nostro obiettivo è convincere la gente che non è nel loro interesse aiutare i ribelli. Bisogna continuare così fino a quando i guerriglieri non avranno più un posto dove trovare rifugio». Copyright The Washington Times ^^ Nel 1998 "^ il presidente Clinton bombardò l'Iraq senza una risoluzione dell'Onu ma non mi ricordo una reazione del genere ^R^f Il segretario di Stato americano, Colin Powell