L'affresco dei Medici per 11 settembre di Costantinopoli di Fiorella Minervino

L'affresco dei Medici per 11 settembre di Costantinopoli TIRO ALLE ARTI L'affresco dei Medici per 11 settembre di Costantinopoli Fiorella Minervino SINGOLARE vicenda politica, storica, con risvolti di strapotere e capacità mediatica di costruirsi un'immagine in anticipo sui tempi. E' la storia dei Medici a Firenze, signoria minuscola che riuscì a imporsi nelTEuropa intera. In parte, precisa Antonio Paolucci, direttore del Polo Museale di Firenze, perché seppe investire le proprie risorse, anche in tempi di crisi, nella cultura e opere d'arte, tanto da essere all'origine degli immensi e superbi tesori che la Toscana vanta tuttora. Un esempio è Palazzo Pitti, di recente restaurato, che fu la prima e più importante reggia d'Europa. Il granduca Cosimo I, abbandonato Palazzo Vecchio, acquistò l'edifìcio per le nozze con Eleonora di Toledo. Con accorta politica di matrimoni, la Signoria di Firenze potè fin vantare due regine di Francia, Caterina e Maria. Quando la crisi diveniva più corposi, si profilava il progetto d'un gran matrimonio. Il granduchino Ferdinando, futuro Ferdinando II, venne destinato a sposare nel 1635 Vittora della Rovere, ultima della dinastìa dei Duchi di Urbino, con un incredibile patrimonio artistico che comprendeva tra l'altro la Venere di Tiziano, il dittico di Urbino di Piero della Francesca e parecchi capolavori che abbelliscono gli Uffizi, i Musei fiorentini e toscani. Peccato che la granduchessa avesse 6-7 anni, il granduchino 8, così Vittoria rimase a Firenze fino ai 14 anni, alorchè vennero celebrate le fauste nozze. Per l'occasione l'ormai granduca Ferdinando n volle rifare i saloni di ricevimento e rappresentanza, affrescando pareti e volta; venne chiamato per l'impianto decorativo Giovanni di San Giovanni che lo progettò e dipinse volta e parete di ingresso. Tema prescelto: un ciclo pittorico destinato a celebrare i fasti dei Medici, Firenze come la «nuova Atene», erede della cultura classica greca e romana; alla scomparsa di Giovanni intervennero gli allievi Cecco Bravo, Ottavio Vannini, Francesco Furini per terminare nel 1642. Giovanni da San Giovanni fece la tipica operazione «retro»: illustrò la gloria dì Lorenzo il Magnifico, circa 150 anni prima, a partire dalla presa di Costantinopoli o caduta della città nel 1453, con la vittoria di Maometto H, il quale, secondo le credenze del tempo, con inciviltà e brutalità aveva distrutto la cultura antica. L'affresco è fin didascalico. In alto, sopra una nuvola nera e minacciosa, sta Maometto E con turbante, sciabola, occhi fieri, un che di terrifico, come alfiere ha sotto un'arpia che regge un libro con le scritte ALCO e RAM: il Corano di Maometto I. Ancor più sotto, uomini di cultura, filosofia, arti, fra cui Omero, Sofocle, Saffo con violino, Aristotile, Platone, Dante, tristi o piangenti, cacciati dal Parnaso, se ne fuggono con le 9 Muse dalla Grecia per il predominio ottomano e la conseguente distruzione e riparano da Lorenzo. Una Virtù alata presenta i fuggitivi alla Toscana, affiancata dalla Munificenza, guidati dall' alto da Minerva, mentre Empedocle lamenta la perdita dei suoi libri. Lorenzo, che ebbe vicino artisti come Michelangelo e Raffaello e fece di Firenze la «Nuova Atene», accoglie Virtù, Fama, Apollo, le Muse, porta la pace, cacciando la guerra. Il Magnifico compare nella parete di fronte, splendido mecenate in mezzo agli artisti che protesse, compreso il giovane Michelangelo che gli presenta una scultura all'antica. Un trionfo per i granduchi che videro gli antenati ben celebrati. Un po' meno per Paolucci, o per la direttrice della Galleria degh Argenti ospitata negli «Appartamenti estivi», Marilena Mosca, e per l'intera Soprintendenza che in vicinanza di ciascun 11 settembre, tremano e temono vendette di fondamentahsti per la raffigurazione antica, così come già ci fu un tentativo nel Duomo di Bologna. E' un tesoro semisegreto, occultato sovente da esposizioni. Ma là resta la memoria dell'odio e astio contro i Musulmani, del modo di raffigurali come male, guerra, violenza, nonché oltraggio e fine della cultura. E' davvero così? Che mai dire come scusante? Giovanni da San Giovanni e allievi non ne avevano forse così colpa, i fiorentini d'oggi neppure, tanto meno i dirigenti del Museo degli Argenti, né di Palazzo Pitti. Tuttavia la raffigurazione, riflesso preciso del modo di pensare al tempo, non è giusta né caritatevole, solo vendicativa perché i turchi avevano vinto, e odio e rivalsa contro gli Ottomani erano palpabili ed esagerati. Esistono legami fra tali raffigurazioni remote e ciò che accade ai giorni nostri? 0 nell'offrire negli «affreschi» di oggi; cioè la Tv, ostaggi sgozzati con crudeltà indicibile? Forse sì, nel ricordo perenne d'un passato amaro, in cui i dannati, gli invasori, gli infedeli da demonizzare in assurde crociate erano loro, i Musulmani, che forse non hanno imparato o non sanno dimenticare.